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mons. Antonio Riboldi

IV Domenica di Pasqua (Anno C) (06/05/2001)

Vangelo: Gv 10,27-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

Questa domenica è detta "del buon Pastore". E tutti sappiamo chi è "il buon Pastore" quando è Gesù che parla. E' Lui stesso. La figura che ha scelto, per dire come segue la nostra vita, sta ad indicare che Lui ha talmente cura di ciascuno di noi, da farsi non solo nostra guida, ma da dare la vita se necessario. E nelle "pecore" indica la docilità che i suoi discepoli devono avere, se vogliono godere della serenità propria di chi sa di camminare al sicuro da ogni pericolo. "Seguimi" è il verbo che Gesù usa quando incontra noi. Un verbo molto bello e molto difficile, perché mette al bando ogni nostro disegno di percorso nella vita, che sia affidato alla nostra fantasia, ai nostri progetti, che il più delle volte sono disegni sulla sabbia, subito cancellati dalle onde o dal vento. E la vita non può essere certamente un disegno scritto sulla sabbia. Quando ero giovane, inesperto, nei primi passi della mia vita cristiana, avevo, per grazia di Dio, come padre spirituale, un famoso poeta del '900, don Clemente Rebora, convertitosi al cristianesimo a 40 anni e quindi con la stoffa del convertito, che non interpreta la vita davanti a Dio come un pericoloso "ni", ma come un felice "sì", che mi ripeteva continuamente: "Ricordati che la vita di ciascuno di noi ha tre "vocazioni": la prima quando Dio ci chiama alla vita e nel Battesimo ci fa essere parte della Sua famiglia: la seconda e quella che Lui ha progettato per noi, come cammino di amore e su cui si tesse giorno per giorno la santità, come un ricamo quotidiano; la terza è quando ci chiama a tornare a casa, nella morte". La prima e la terza vocazione sono nelle Sue mani, ma la seconda altro non è che un dire "sì" alla sua volontà che si esprime nel come appunto interpretare l'amore che parte da Lui. Lui sa perché ci ha creati: Lui sa qual è il progetto e quindi la nostra vocazione. A noi spetta individuare quale sia quel progetto. In altre parole qual è il "senso della nostra vita, alla luce della sua volontà".

Così parlò Gesù agli: apostoli, che Lui aveva scelto, nell'Ultima Cena, come una lezione ed un testamento: "Il mio comandamento è questo: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: morire per i propri amici. "E qui balza chiaro il significato del buon Pastore: "Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono". Poi aggiunge sempre nell'Ultima Cena: "Voi siete miei amici se fate quello che io vi comando, Io non vi chiamo più schiavi perché lo schiavo non sa che cosa fa il suo padrone, Vi ho chiamati amici perché vi ho fatto sapere tutto quello che ho udito dal Padre mio. Non siete voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi, e vi ho destinati a portare molto frutto, un frutto duraturo". E oggi la Chiesa chiama tutti indistintamente a meditare, e seriamente, sul senso della propria vita: sulla propria vocazione: in modo particolare sulle vocazioni speciali al sacerdozio ed alla vita consacrata. E' davvero qualcosa che sfugge alla nostra mente cosa voglia dire essere amati in modo particolare da Dio, al punto che lui fissa la sua attenzione ed esprime il suo particolare amore nel dire a qualcuno di noi "Tu, seguimi". Davanti ad un Dio che si rivolge a te personalmente, per farti partecipe della sua volontà di salvare gli uomini, balza alla mente la scena che abbiamo meditato la scorsa domenica: ossia il dialogo tra Gesù e Pietro. "Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?" E Pietro: "Tu lo sai, Signore che ti voglio bene" "Pasci le mie pecorelle". E' un racconto 'da paradiso questo dialogo tra la potenza di Dio, che si affida non alla 'potenza dell'uomo, ma alla disponibilità dell'uomo pur conoscendo l'abisso della sua povertà.

Ed è quello che avviene ogni volta che Dio sceglie e chiama qualcuno di noi al sacerdozio o alla vita consacrata. E' bello sapere che la propria vita viene come 'rapita' da Dio che la usa, rispettando la nostra libertà in cui risiede la suprema bellezza del nostro 'sì', per farsi presenza di amore tra gli uomini di ogni tempo.

Ripenso alla mia scelta. Dio mi prese da fanciullo e mi ha condotto dove Lui ha voluto: ha fatto di me quello che ha creduto più opportuno, conducendomi per mano, è proprio il caso di dirlo. Mi ha insegnato a essere pastore in situazioni difficili, come essere parroco nel Belice o essere Vescovo ad Acerra. Ma mi sono trovato sempre bene, perché ho sentito la "sua mano potente" che dirigeva i miei passi. Non finirò mai di ringraziarLo per questa sua scelta e questo amore privilegiato.

Oggi però mancano Pastori: e l'uomo ne ha bisogno, come ha bisogno di sentire la voce, la presenza, l'amore di Dio vicino. Sono tante le parrocchie senza più parroci: perché mancano. I seminari hanno troppi posti vuoti: le stesse congregazioni, religiose sono costrette a chiudere case dove esercitavano la loro opera. E la gente sente il vuoto che si crea. Un vuoto di Dio. Ma perché questa mancanza di vocazioni? Forse che Dio non ama più le sue pecore? Ma Lui ha dato la vita perché ci salviamo. Credo che la carenza di vocazioni sia dovuta alla mancanza di conoscenza del significato profondo della vita. Sia dovuta anche ad una educazione alla vita non più come dono di Dio, ma come via al successo, al potere, al piacere. Manca quella sapienza che, attraverso un buon discernimento, faccia udire ancora la dolcezza del "Tu seguimi!" Manca la gioia di interpretare l'amore come un amore che si fa offerta a Dio che la chiede.

Non ci si può fermare alla 'compassione che provo Gesù nel vedere come quelli che erano attorno erano pecore senza pastore": ma è necessario accogliere il suo invito: "Pregate perché il Padre mandi operai nella sua messe. "I nostri giovani devono ritrovare quel supplemento di cuore che fa andare oltre i propri limitati progetti. Per il bene di tutti.

 

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