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TESTO Sperare: scegliere la piccolezza

don Maurizio Prandi

IV Domenica di Avvento (Anno C) (20/12/2009)

Vangelo: Lc 1,39-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,39-45

39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Arriviamo alle soglie del Natale avvolti dalla gioia che è stata un po' il tema degli ultimi ascolti domenicali. Una gioia che mi pare abbia un effetto: ci mette in movimento, ci sospinge come ha sospinto Maria.

La gioia ha un effetto ma ha anche una sorgente, una fonte. Se sono capace di gioire è perché Dio fa delle scelte, a mio parere, straordinarie. Ad esempio, mi pare evidente che Dio scelga la piccolezza, e la scelta della piccolezza è per me motivo di gioia! Perché ha guardato alla piccolezza della sua schiava... D. Bonoheffer ha scritto: Dio nella piccolezza... nella piccolezza di Betlemme (prima lettura) nonostante che sia stata la città che ha dato origine alla monarchia davidica, Betlemme è sempre rimasta piccola... un segno importante questo, perché custodisce un messaggio, una umile origine quella di Davide, una umile origine quella di Gesù, una umile origine la nostra, figli nel Figlio che nasciamo da un po' di acqua versata sul nostro capo; non ha senso il farsi grandi, non ha senso il credersi grandi, proprio perché veniamo da questa storia di piccolezza ed umiltà alla quale Gesù ha sempre obbedito ed è rimasto fedele. Grandi si possono sentire (ma non lo faranno mai), le nostre suore Giannelline che a Betlemme, con il loro servizio, continuano ad essere segno di una piccolezza benedetta da Dio.

Dio nella piccolezza di un corpo (seconda lettura), corpo che significa dono della vita, condivisione di una condizione, abbassamento, vicinanza, apertura, ascolto. Bello il testo ebraico del salmo citato nella lettera agli Ebrei: non un corpo mi hai preparato ma: mi hai forato le orecchie... mi viene da dire che ci costruiamo come persone se la parola di Dio (scritta nel Libro e incontrata nel quotidiano) entra in noi e trasforma la nostra vita.

Dio nella piccolezza di una mamma adolescente (vangelo). Mi ha molto colpito una riflessione fatta dalla comunità di don G. Dossetti, che nella sua semplicità illumina: Maria entra in casa e saluta... è una ragazza educata mi viene da dire... il saluto, il semplice saluto fa sussultare di gioia una creatura e la madre che la porta in grembo. E' proprio vero che non sono necessarie cose lunari per portare gioia... basta un saluto! Quante persone che "tolgono il saluto" dopo un diverbio, quante persone che tagliano la possibilità di essere nella gioia loro stesse per prime e i fratelli e le sorelle poi... Alle volte cerco chissà cosa e non mi rendo conto che per far fiorire lo Spirito è sufficiente vivere la nostra realtà più umana nei gesti e nelle parole di tutti i giorni. (Provo ad imparare qui a Cuba, dove il saluto è qualcosa di molto importante, accompagnato da gesti ampi, quasi "danzati" e parole di affetto che non sempre sono di circostanza: mi vida, mi cielo, mi amor). Ma anche nella piccolezza di una coppia di sconosciuti, costretti a viaggiare per registrarsi in un luogo distantissimo da quello dove vivevano, di un bambino, nella piccolezza di uno spazio rifiutato da parte degli uomini, nella piccolezza di una stalla-grotta, nella piccolezza del pane, nella piccolezza di Carlito che l'altro giorno è stato tutto il tempo della messa alla finestra della chiesa e al mio ripetuto invito ad entrare, (ad un certo punto ero anche un po' scocciato lo ammetto), mi ha fatto vedere i suoi piedi scalzi e quelli degli altri bambini che almeno un paio di ciabatte le avevano... si vergognava ad entrare in chiesa senza scarpe...

Torno allora alle parole di Bonoheffer, che mi paiono importanti e mi fa piacere condividerle: Dio non si vergogna della piccolezza dell'uomo, vi si coinvolge totalmente: sceglie un essere umano, lo fa suo strumento, e compie il suo miracolo là dove meno lo si attende. Dio è vicino a ciò che è piccolo, ama ciò che è perduto, ciò che è insignificante, reietto, ciò che è debole, spezzato. Quando gli uomini dicono: "perduto", egli dice: "trovato"; quando dicono: "condannato", egli dice "salvato"; quando gli uomini dicono: "no!", egli dice "sì!". Quando gli uomini distolgono il loro sguardo con indifferenza o con alterigia, ecco il suo sguardo ardente di amore come non mai... Quando giungiamo, nella nostra vita, al punto di vergognarci dinanzi a noi stessi e dinanzi a Dio, quando arriviamo a pensare che è Dio stesso a vergognarsi di noi, quando sentiamo Dio lontano come non mai nella nostra vita, ebbene, proprio allora Dio ci è vicino come non mai; allora vuole irrompere nella nostra vita, allora ci fa percepire in modo tangibile il suo farsi vicino, così che possiamo comprendere il miracolo del suo amore, della sua prossimità, della sua grazia.

Un giorno, ascoltando G. Bruni ho scritto questa frase che mi ha molto colpito: solo i visitati possono intraprendere il cammino della visitazione... e mi ha fatto molto pensare perché ricordo quanto importante sia stato per me essere stato ordinato sacerdote il giorno di Pentecoste, ma era anche un 31 maggio, ovvero il giorno in cui la chiesa festeggia la visitazione di Maria ad Elisabetta. Che responsabilità allora, quella di accogliere la visita di Dio ed essere, nella vita di tutti i giorni "visitatore", portando, come Maria, Gesù ai fratelli e alle sorelle. Partendo però da una certezza, che come Maria portiamo quel Gesù che è ancora nel grembo, che ancora deve nascere nella nostra vita e nella vita degli altri e che soltanto nell'incontro personale poco a poco assume una fisionomia, una vita, un volto, il mio volto ma anche il volto dei fratelli e delle sorelle che incontro.

Grande rispetto allora per il cammino dei fratelli, senza imporre mie verità ma lasciando che sia lo stesso Signore Risorto ad illuminare la vita di ognuno, senza sbandierare appartenenze perché Maria ha portato qualcosa di nascosto sperimentando lei per prima ciò che suo figlio poi dirà nella parabola del seme che poi crescerà e diventerà un albero all'ombra del quale gli spossati, gli affaticati, i piegati potranno trovare accoglienza e ristoro.

In questo Dio che guarda la piccolezza e che sceglie la piccolezza desideriamo specchiarci, ed essere riflesso della Sua luce per poter salutare i piccoli che incontriamo e farli sobbalzare di gioia.

maurizioprandi@obistclara.co.cu

 

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