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TESTO E venne ad abitare in mezzo a noi

Suor Giuseppina Pisano o.p.

II Domenica dopo Natale (03/01/2010)

Vangelo: Gv 1,1-18 (forma breve Gv 1,1-5.9-14) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,1-18

1In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

2Egli era, in principio, presso Dio:

3tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

4In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

5la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l’hanno vinta.

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

9Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

10Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

11Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

12A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

13i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

14E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

16Dalla sua pienezza

noi tutti abbiamo ricevuto:

grazia su grazia.

17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

18Dio, nessuno lo ha mai visto:

il Figlio unigenito, che è Dio

ed è nel seno del Padre,

è lui che lo ha rivelato.

E' il messaggio fondamentale del Natale, quello che ci ricorda che il Verbo di Dio "... venne ad abitare in mezzo a noi..."; il Figlio di Dio, uno col Padre da sempre e per sempre, entra nel tempo e scende nel mondo, facendosi uomo tra gli uomini.

"Cristo Gesù - scrive Paolo nella Lettera ai Filippesi - pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo, e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana umiliò se stesso..." (Fil 2,6-9); questo è il più bel canto per il dramma del Dio che si incarna, che entra nella storia dell'uomo, che la condivide, la illumina e la risana.

Della discesa di Dio ci parlano, appunto, le letture di questa domenica, non facili, perché non hanno una veste narrativa, ma si presentano come alta riflessione teologica; e questo, a partire dal brano del libro del Sracide, nel quale l'autore sembra quasi disegnare l'itinerario della Sapienza di Dio, che di sé dice: «Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo e ho ricoperto come nube la terra. Ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi». E' la Sapienza creatrice, la Parola che diede vita, all'inizio dei tempi, a tutte le cose create; essa è una con Dio, coeterna con Lui; ma Dio in essa si rivela come amore che si dona, ed ecco che il testo continua ponendo in bocca alla Sapienza queste parole, che già annunciano il mistero grande dell'Incarnazione: «Il creatore dell'universo mi diede un ordine, il mio creatore mi fece piantare la tenda e mi disse: Fissa la tua tenda in Giacobbe e prendi in eredità Israele... e così mi sono stabilita in Sion. Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore, sua eredità». Nell'antico libro sapienziale è già adombrato l'evento grande della nascita del Figlio di Dio, che nella pienezza dei tempi, scenderà tra gli uomini, prendendo forma umana nel grembo della Vergine Maria; dunque, quella Sapienza che "ha posto le radici in mezzo a un popolo glorioso..." è quella stessa, che noi conosciamo e adoriamo nella persona di Cristo Gesù.

Ed ecco il salmo responsoriale, fa eco anch'esso a questa verità, quando dice che l'Altissimo: "Manda sulla terra la sua parola, il suo messaggio corre veloce" (Sl 147); la presenza operante di Lui, della sua sapienza, della sua bontà è chiara nella rivelazione di sé, che Egli fa ai Patriarchi e ai Profeti del suo popolo; ma, questa rivelazione, non è ancora completa, essa giungerà alla sua pienezza solo con l'incarnazione del Verbo nel grembo di Maria, che lo darà alla luce, lo darà al mondo in quella notte, ormai lontana nel tempo, ma sempre presente al cuore degli uomini, allorché Cristo Gesù venne tra noi uomini, portatore di pace, di luce e di salvezza: "la Sapienza si è costruita una tenda" scriveva il Siracide, e noi sappiamo che quella stessa Sapienza ha un mone: Gesù, il Dio che si è fatto nostro compagno e sempre segue i nostri passi, spostando la sua ideale tenda, per stare vicino a noi.

E' quel che oggi leggiamo nel prologo di Giovanni, un inno di bellezza insuperabile e di alta riflessione teologica, che che racchiude in sé la verità che salva e descrive, anch'esso, l'itinerario di Dio verso l'uomo, la sua discesa nel tempo e nella Storia, la sua spoliazione, nel farsi carne e nell'assumere la fragilità umana, per fare dell'uomo un figlio di Dio.

"In principio era il Verbo - recita il testo - e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini... venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi." E' la sintesi stupenda del dono di Dio nel Figlio, Gesù di Nazareth, figlio di Maria che contempliamo nell'immagine tenera di un bimbo appena nato.

A questo dono ineffabile, il cui valore non è misurabile con metri umani, l'uomo deve rispondere prima di tutto, con l'accoglienza totale e sincera di un cuore fedele, e, di conseguenza, iniziando un cammino verso Dio, sui passi del Cristo redentore; il Natale, infatti, non è solo la grotta col Bambino, ma ha già in sé il dramma della passione e morte del Figlio di Dio, che è venuto nel mondo per salvarci a prezzo della sua stessa vita, con quella obbedienza che lo ha condotto alla morte di croce.

La vera celebrazione del Natale non si esaurisce, dunque, in un solo un giorno di festa, ma deve essere impegno che dà forma a tutta l'esistenza, un'esistenza fatta di conoscenza sempre più profonda del Mistero grande di Dio, che si rivela in Cristo, come auspica Paolo: "il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione, per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità..."

Questa conoscenza, illuminata dalla fede, si trasforma, poi, in opere d'amore verso quel prossimo che Dio mette sul nostro cammino e col quale Gesù si è identificato quando ha detto: "Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero pellegrino e mi avete ospitato, nudo e mi avete coperto, ero infermo e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi; perché, in verità, tutto quello che avete fatto ad uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l'avete fatto a me" (Mt25,35-40).

" Venite, benedetti dal Padre mio..." ( Mt 25,34) è l'invito che viene dal Bambino di Betlemme, un invito che è un progetto di vita; un invito carico di luce, di amore e di speranza; quella speranza che rende la vita degna di esser vissuta, perché destinata alla piena comunione con la vita stessa di Dio, in Cristo Gesù, nostro fratello, nostro compagno, nostro salvatore.

sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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