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TESTO Che cosa dobbiamo fare? Una domanda per tutti

don Giovanni Berti

III Domenica di Avvento (Anno C) - Gaudete (13/12/2009)

Vangelo: Lc 3,10-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 3,10-18

In quel tempo, 10le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». 11Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». 12Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». 13Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». 14Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

18Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

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Questo brano del Vangelo è solo una parte di tutto quello che l'evangelista Luca dedica alla predicazione di Giovanni il Battista.

E' bene tenere in mente questa cosa, altrimenti ci si ferma solamente a un aspetto e non si coglie l'unità del messaggio.

"Cosa dobbiamo fare?" è la domanda che per tre volte risuona da tre categorie di persone e che riceve da Giovanni tre diverse risposte. Ma da dove nasce questa domanda? Perché le folle prima, e poi i pubblicani e i soldati, si sentono di chiedere a Giovanni un'indicazione così concreta di vita?

Nel Vangelo di domenica scorsa ci è stato presentato Giovanni che nel deserto annuncia la venuta del Signore. Qualcosa di grande e straordinario sta per succedere nella storia dell'umanità e nella storia personale di ciascuno, e bisogna prepararsi per non perdere l'occasione!

L'annuncio è accompagnato dal gesto simbolico della purificazione nell'acqua. Ma per Giovanni non basta un semplice rito per sistemare le cose e dirsi pronti. Il Battezzatore usa parole forti che in un primo momento potrebbero quasi allontanare invece di avvicinare. A coloro che vengono a farsi battezzare dice che non basta fare un rito e non basta nemmeno far parte del popolo di Israele per nascita per potersi salvare. Non ci si deve illudere o nascondere dietro ritualismi e appartenenze culturali. La conversione è questione di scelte concrete di vita e non di parole.

Ed è a questo punto che allora nasce la domanda "che cosa dobbiamo fare?". Coloro che ascoltano l'annuncio di Giovanni hanno capito che accogliere il Signore nella propria vita non vuol dire perdersi nel guardare al cielo e disinteressarsi di tutto. Per fare spazio a Dio devo andare a toccare quello che sono nella vita concreta, nella mia professione, nelle mie scelte quotidiane in casa, nelle mie relazioni con le persone reali che hanno a che fare con me.

In altre parole potrei dire che se voglio veramente avere a che fare con Dio devo avere a che fare con l'uomo: me stesso, coloro che mi vivono accanto e anche i poveri.

"Che cosa dobbiamo fare" è la domanda che forse ci poniamo tutti come credenti quando pensiamo a come migliorare la nostra fede e la nostra relazione con Dio. Penso che sia anche la domanda che in fondo alberga nel cuore di tutti gli uomini quando si domandano come realizzare la propria vita e come migliorare la vita del mondo.

E' una domanda molto laica e religiosa insieme. Anzi è forse il punto di unione, il terreno comune che può farci incontrare tra di noi credenti e anche tra credenti e non credenti.

Sono molto interessanti le risposte che Giovanni da' a coloro che gli pongono questa domanda. Alle folle risponde con un invito alla condivisione ("Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha..."). Agli esattori delle tasse risponde chiedendo loro l'onestà nel gestire il denaro e i beni. Ai soldati risponde invitandoli a rifiutare la violenza.

Cosa risponderebbe a me se gli ponessi questa domanda? Cosa risponderebbe a noi come comunità cristiana? E cosa risponderebbe a qualsiasi persona, anche non credente, che pone questa domanda concreta?

Per noi che crediamo nel Signore della storia, la risposta alla domanda "che cosa dobbiamo fare" la troviamo proprio nella stessa vita di Gesù. Nel suo modo di stare con gli altri, nel suo stile di carità reale e nella sua capacità di dare la vita, noi troviamo sia la motivazione che il modello per le nostre scelte quotidiane concrete.

Penso che anche chi non crede in Gesù e non lo ha come esplicito punto di riferimento, se vive la sua vita con una stile di solidarietà, di condivisione e non violenza, allora, anche senza saperlo, non è lontano dall'incontro intimo con il Signore.

Che cosa dobbiamo fare?

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