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TESTO La grande opera

Marco Pedron  

II Domenica di Avvento (Anno C) (06/12/2009)

Vangelo: Lc 3,1-6 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 3,1-6

1Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:

Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri!

5Ogni burrone sarà riempito,

ogni monte e ogni colle sarà abbassato;

le vie tortuose diverranno diritte

e quelle impervie, spianate.

6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

Maria e Giovanni Battista sono le due figure che ci accompagnano al Natale. L'8 dicembre Maria e la IV domenica d'Avvento Maria; oggi e domenica prossima il Battista.

Giovanni Battista fu una figura fondamentale per Gesù. Fu il suo iniziatore e probabilmente anche un suo discepolo. Nei primi cristiani il ricordo del Battesimo di Gesù da parte di Giovanni Battista provocava sconcerto: (e proprio per questo fatto possiamo ritenerlo come dato storico): da una parte, infatti, metteva in risalto la superiorità del Battista all'inizio rispetto a Gesù; dall'altra, poiché Giovanni Battista battezzava solo dopo la conversione dai propri peccati, tale gesto induceva ad immaginare una consapevolezza di peccato da parte di Gesù.

Storicamente Gesù considerò il Battista come suo maestro, a lui superiore, e si fece battezzare da lui per il perdono dei propri peccati. Egli si considerava uno dei molti che in Israele volevano convertirsi per sottrarsi all'imminente giudizio di Dio. Successivamente, poi, Gesù prese la sua strada e si distaccò dal Battista (Mt 11,2-15; Lc 7,18-30).

Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare...

Lc, come i grandi scrittori del suo tempo, inquadra la vicenda che sta avvenendo dentro la grande storia. Ci sono i nomi dei sovrani del suo tempo: quelli politici e quelli religiosi.

C'è Tiberio, morto nel 14 d.C. (19 agosto). Siamo tra il 19 agosto del 28 e l'agosto del 29 (cfr. Gv 2,20). C'è Pilato, governatore della Giudea e Samaria tra il 26 e il 36. Gli storici parlano di lui come di un uomo corrotto e crudele. C'è Erode Antipa, figlio di Erode il Grande che regnò sulla Galilea e Perea (Transgiordania) tra il 4 a.C. e il 39 d.C. C'è Filippo che governò le regioni a Nord e ad Est del lago di Genezareth dal 4 a.C. al 34 d.C. C'è anche un tal Litania, personaggio poco conosciuto. L'Abilene, su cui regna, è la regione di Damasco; faceva parte della Palestina. Ci sono anche i sovrani religiosi: c'è Anna sommo sacerdote dal 6 al 15. Anche dopo la sua deposizione la sua influenza continuò. Oltre ad Anna, altri cinque suoi figli furono eletti sommi sacerdoti. C'è Caifa', genero di Anna, sommo sacerdote dal 18 al 36. Insomma, ci sono tutti quelli "importanti" per il mondo. Ma Dio non scende lì.

Oggi diremmo: c'è Bush, c'è Blair, c'è Putin, c'è Prodi e Berlusconi, c'è Papa Benedetto e il patriarca della chiesa orientale, ma Dio scende sul cappellano delle carceri che "vede" davanti a sé ancora delle persone e non dei condannati ad una vita meschina; Dio scende sul palestinese e sull'ebreo che fra le ostilità dei propri compatrioti cercano vie di pace con l'altra sponda; Dio scende sul vescovo libero nel cuore che denuncia l'artificiosità e l'alienazione di una certa chiesa; Dio scende sulla suocera che decide di perdonare lo sgarbo alla nuora.

Quando c'è un cambio di governo al vertice la gente si fa molte aspettative. Questo avviene da sempre e da sempre si rimane delusi. Chissà che s'impari! Dio non è tra i famosi della storia. Dio è, scende, nasce tra quelli che sono disponibili ad accoglierlo.

Una donna trovò un uovo. Pensava tra sé: "Che fortuna che ho avuto. Non lo mangerò, ma lo metterò a covare. Nasceranno altri pulcini e altre galline, che non mangerò e che mi daranno altre uova e altre galline. Mi aprirò un piccolo allevamento di galline e poi uno più grande. E ne aprirò un secondo, un terzo e un quarto. Oggi è proprio la giornata decisiva della mia vita". E finché, felicissima, pensava tutto questo, le scivolò l'uovo dalle mani che si ruppe irrimediabilmente al contatto con il suolo.

Così siamo noi quando confidiamo troppo nei potenti o nella "manna dal cielo", nell'evento fortunato che ti cambia la vita o "che le cose prima o poi cambieranno": finiamo così, come quell'uovo!

C'è un uomo che si è sposato con sua moglie perché le faceva compassione. Lei aveva una situazione familiare disastrosa e umanamente povera. Lui, principe salvatore, ha deciso di redimere la sua amata dalla sua condizione. Per redimerla dalla sua condizione l'ha sposata. Adesso, ovviamente, si ritrova a dover vivere con una donna che gioca sul suo disagio psichico e che lo gestisce in tutto. Quando lui "sgarra" lei gli dice: "Stai attento perché io mi uccido", e così ha trovato il modo per gestirlo. Il giorno del matrimonio lui, confida agli amici stretti, sentiva di essere al suo funerale. Lui spera sempre che lei si innamori di qualcun altro o che succeda qualcosa d'improvviso, dall'alto, che lo liberi dalla sua condizione. Ma sono già passati vent'anni!

La parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.

Il verbo "scendere" (gignomai) vuol dire anche "nascere, generare". E' un incontro vivo, che trasforma, che fa fiorire e genera il suo frutto. Dopo questa discesa il Battista se ne va per tutta la regione a predicare.

Quando la parola di Dio all'inizio della storia scende sulla creazione nasce il mondo e ogni essere vivente. Quando la parola di Dio attraverso l'angelo scende su Maria, nasce Gesù. La parola che scende su Giovanni lo invia, lo spinge e lo fa profetizzare. Dio quando scende, quando viene, produce una creazione, una nascita, un rin-novamento. Allora: l'incontro con Dio è un incontro che ti crea cioè ti cambia e ti invia cioè produce un movimento.

Ti crea: tu eri qualcosa ma dopo aver ascoltato, nel senso di "mangiato, assimilato, gustato, fatta penetrare" una parola, tu non sei più lo stesso. Quella produce un movimento, un cambiamento, un'apertura dentro di te.

Francesco lasciò risuonare la parola: "Francesco, va' e ripara la mia casa". Non fu più lo stesso. All'inizio non seppe bene cosa volesse dire, ma sapeva che quella parola era la "sua parola".

Un uomo ad un incontro sul vangelo è risuonata dentro la parola: "Esci fuori". Dopo l'incontro non riusciva a spiegarsi il perché di quel timore ma qualche giorno dopo tutto fu chiaro. "Esci fuori", per lui, voleva dire: "Smetti di vivere nella paura e nella difensiva. Non vedi che hai paura di tutto? Non vedi che hai paura di esprimerti, di dire quello che pensi, quello che provi? Non vedi che hai paura degli altri e di scegliere? Non vedi che la paura ti fa vivere barricato e nascosto dentro di te? Esci fuori!". La vibrazione fu così forte che da quella parola quell'uomo non fu più lo stesso.

Un uomo una notte fa un sogno: un uomo vecchio, con la lunga barba bianca gli dice: "Ho scelto te!". Quella parola lo commosse così tanto e così a lungo che non poté più smettere di ascoltarla. Lui era stato scelto; lui era importante; lui aveva qualcosa da dire, da realizzare e da vivere. Quella parola lo fece nascere e quell'uomo non fu mai più lo stesso.

Una donna conduce una vita mediocre e di superficie. Un giorno finché fa meditazione e scende dentro di sé, si ritrova inseguita da una serie terribile di mostri preistorici. Arriva ad un precipizio: oltre non può proseguire e gli animali la stanno raggiungendo. Da sotto Gesù le dice: "Buttati!". Che fare? O fidarsi e buttarsi o finire in pasto agli animali. Così si butta e dopo un volo lunghissimo, prima di schiantarsi, Gesù la prende. Quella parola "buttati" cambiò la sua vita: non poteva più vivacchiare. Doveva entrare dentro la vita. E così fece.

Quante parole ascoltiamo durante una giornata! Ma la parola di Dio non è così. Quante parole religiose abbiamo detto nella nostra vita! Ma la parola di Dio non è così. Quante volte abbiamo ascoltato il vangelo! Ma la parola di Dio non è così. La parola di Dio è quella parola che ti penetra nelle profondità, ti scuote (quindi è sempre destabilizzante) e ti tocca, ti centra nel tuo intimo. E' quella parola che ti viene sempre in mente, anche se puoi non sapere il perché, che ti risuona, che ti vibra, che senti ti richiama e che ti riguarda. E' quella parola che non ti lascia indifferente. E' quella parola che fa succedere qualcosa.

Alcune parole hanno bloccato la nostra vita, l'hanno distrutta, l'hanno uccisa, chiusa: "Sei un bastardo", ha detto un padre al figlio di sua moglie avuto da un rapporto precedente. "Sei una puttana", ha detto una madre nel vedere come sua figlia si vestiva e si comportava. "Mi fai schifo", ha detto una donna a suo figlio di cinque anni. "Sei stato la rovina della mia vita", ha detto una madre a suo figlio incolpandolo del suo matrimonio. "Ti volevo maschio" (il padre a sua figlia); "Maledetto il giorno che sei nato" (la madre a suo figlio). "Se muoio è colpa tua" (la moglie al marito); "Sei il solito incapace; lo sapevo!; fossi come tua sorella!...". Ma alcune parole (le parole di Dio) se le lasciamo penetrare fino nel nostro profondo ci possono salvare: "Esci fuori; alzati; ti amo; va bene così; adesso basta; perdonati; lascia andare; non avere paura; slegati...".

Il Battista predica nel deserto.

Deserto (in ebraico midebar) vuol dire "ciò che viene dal Verbo". Geograficamente il deserto palestinese è una regione montuosa, con scarsa vegetazione, poco abitata, sede di pastori, predoni ed eremiti (eremos in greco vuol dire proprio deserto).

Ma nella Bibbia il deserto è un luogo per cui si deve passare. Non si può giungere da nessuna parte, in nessuna terra promessa se non si ha il coraggio e la forza di affrontare il proprio deserto.

E' stato un passaggio necessario dopo la liberazione dall'Egitto (Es 5,1; 13, 17-21), per quella babilonese (Is 40,3); è stato un luogo necessario per Mosé (Es 3), per Elia (1 Re 19), per Paolo (Gal 1,17), per Gesù (Lc 4,1-13).

Il deserto più che un luogo fisico è una dimensione della vita. Viene, cioè, un momento in cui bisogna smettere di sfuggire a se stessi, smettere di cercare risposte fuori di noi, smettere di riempirci e di imbottirci di idee, filosofie e pensieri vari, e guardarci per davvero in faccia senza mentirci. Nel deserto non c'è nessuno: ci sei solo tu.

Molte persone hanno il terrore di stare con sé. C'è chi non può stare senza fare qualcosa: non è che faccia tante cose, è che non riesce a stare con sé. C'è chi deve parlare sempre e riempire tutti gli spazi vuoti; non può fermarsi e ascoltarsi. C'è chi non riesce a stare da solo e deve sempre stare in compagnia di qualcuno perché ha paura di sé. C'è chi non riesce neppure ad ascoltare quello che prova, che neppure può sentirlo perché lo teme troppo. Molte persone cercano il "tempo per sé": si riposano, leggono un libro, fanno qualche sport, escono con gli amici; fanno, insomma, quello che di solito non fanno mai. Bene! Ma "stare con sé" è un'altra cosa.

Un grande esercizio è quello di stare un giorno intero senza nessuno e niente. Niente libri, niente telefono, niente cose da fare, niente da scrivere, poco da mangiare. All'inizio incontrerete il vuoto, il disorientamento e cercherete il modo per scappare. Ma se avrete forza di rimanere farete una grande sorpresa: ... (provate e capirete!).

Nel deserto il Battista predica un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.

Predicare: kerysso, vuol dire urlare, dire ad alta voce. La radice ker indica il cuore. Giovanni non fa catechesi, lunghi discorsi o omelie; messaggi semplici che portano al cuore e che arrivano al cuore, messaggi brevi, appassionati, diretti e incisivi. Anche Gesù parlava così. Il messaggio non ci deve con-vincere (vincere è umiliare l'altro); dobbiamo aderirci perché ci tocca l'anima.

Il battesimo è di conversione per il perdono dei peccati.

Conversione è meta-noeo (shub in ebraico vuol dire "tornare indietro") e indica il cambiamento di pensiero.

Perdono (afiemi) indica il lasciar andare, il liberare, il mandare via, il rimettere.

Peccato in ebraico indica una freccia che non giunge al bersaglio.

Un giorno dovevo andare a Ferrara. Prendo l'autostrada a Monselice e invece di prendere per Bologna, sopra pensiero, prendo per Padova. Dopo due-tre chilometri mi rendo conto della cosa. Che si fa? Beh, è semplice, si esce al primo casello e si torna indietro. Quando ti accorgi che la strada sulla quale viaggi non è quella giusta, è logico cambiare, non ti pare? Quando ti accorgi che il pensiero o l'azione che fai, ti fa solo male, è logico cambiare, non ti pare?

Sei arrabbiato con tuo marito e gli fai il muso. Ma questo non cambia la situazione perché lui, anche se ti vede arrabbiato (glielo fai vedere con il muso!), non ti viene incontro (d'altronde sei tu che sei arrabbiato!). Allora cambia comportamento, questo non porta da nessuna parte. Lascia stare, lascia andare chi ha ragione o chi ha torto (perdonare, lasciar andare), vai tu incontro a lui e spiegatevi.

Sei arrabbiato con tua moglie e ti chiudi nel tuo silenzio. A che ti serve? Poi ti viene il mal di testa e male allo stomaco, non mangi più e diventi nervoso: ne vale la pena? Cambia la malefica idea (perché ti fa-male, male-fica) che hai in testa (metanoeo): dille cosa ti ha ferito, cosa ti ha provocato così tanto dolore e parlale.

"Di certe cose a casa mia non se ne parla!", dici tu. Così tuo figlio adolescente di sessualità e di alcuni problemi non te ne parla mai. Convertiti!

Quando ti accorgi di "aver fatto una cappella", di aver detto qualcosa che non volevi dire, di aver esagerato o di aver ferito, torna indietro (shub). Vai dalla persona e gli dici: "Guarda, ho esagerato; guarda, ti chiedo scusa perché mi sono lasciato prendere la mano; guarda, mi rendo conto di non averti ascoltato o di aver tentato di manipolarti; volevo aver ragione a tutti i costi". A che ti serve il tuo orgoglio se non a nasconderti che hai sbagliato? Non è amore poter agire così! Non è da forti poter ammettere questo!

"Quello che ho detto, ho detto e non torno indietro": convertiti, torna sulle tue posizioni. Se ti tieni quest'idea e fisso nel tuo orgoglio non cedi, non ti dai il permesso di sbagliare mai. A che ti serve fare così? Cambia idea (meta-noeo): nella vita si può anche sbagliare o cambiare idea.

Tuo figlio, seconda media, ci mette ore e ore a fare i compiti. E se non ci sei tu non li fa. Allora urli, sbraiti e vai sempre su tutte le furie perché senza la mamma che gli sta con il fiato sul collo lui non fa niente. Ma non funziona. Cambia strada, convertiti (shub, meta-noeo): forse fa i compiti solo con te perché, adesso che cresce e che non vuole più coccole da te, è l'unico modo con cui si può permettere di ricevere affetto e attenzioni da te.

Hai quarant'anni e dentro una confusione terribile. Il rapporto con il marito s'è rotto; ti senti vuota, dispersa e ti senti prosciugata dai figli. Ce l'hai messa tutta, ti pare di aver fatto tutto ciò che potevi fare, ma non è servito a niente. Convertiti, cambia mentalità. Se finora hai fatto tutto tu e ti sei arrangiata da sola, adesso fatti aiutare. Perché vuoi affondare per non tendere la mano?

C'è un uomo che non riesce ad avere rapporti profondi con le donne. E' un bel ragazzo, simpatico e si sta bene con lui. Ma quando il rapporto con una donna si approfondisce o diventa intimo, lui deve scappare o staccare la spina. Dice: "Non avrò mai nessuno!". Ma no! Perdona, lascia andare (afiemi) tua madre, chiudi i conti con lei, accetta di deluderla perché ti "prendi un'altra donna" e vai per la tua strada, perché vivere l'amore merita.

Se quella porta è chiusa perché spaccarsi la testa; cambia porta, cambia passaggio, convertiti.

Quando una persona si era accorta del proprio errore, della propria strada sbagliata, si faceva battezzare. Quando il cambio era radicale, perché era tutta la propria vita un peccato, cioè una strada non buona, una strada che non ci portava da nessuna parte, allora andava da Giovanni Battista e si faceva battezzare.

Battesimo (baptizein, immergersi in greco) in ebraico tabel indica l'immersione nelle acque.

La creazione dice la Bibbia è immersa nelle acque del mondo, dove c'è tov e rà. All'inizio della storia (Genesi) tutto il creato era ricoperto dalle acque (samaym: che vuol dire "le acque che contengono il Nome", ciò che tu sei veramente) e quando Dio disse: "Sia la luce" (Gn 1,3) creò la luce e le tenebre (tov e rà). Ma tov e rà indicano non tanto la luce, il bene e il buio, il male; ma la luce e la non-ancora-luce.

E' la legge della vita: per conoscere Dio, la Vita, bisogna immergersi nelle acque che contengono la luce e la non luce. Bisogna confrontarsi con tutti i mostri interiori, che noi chiamiamo male, che tendiamo ad isolare, ad eliminare, a mettere in disparte e a non confrontarci.

Tutta la storia della salvezza è il tentativo di entrare dentro queste acque buie, di non-luce, tenebrose, di peccato, per confrontarsi con esse e uscirne, con l'aiuto di Dio, vittoriosi.

Il mondo non è un Eden meraviglioso ma è un territorio dove tu devi accettare la tua luce e la tua non-luce, i tuoi lati di splendore e i tuoi lati oscuri, quelli di gloria e quelli di tenebra.

Anche gli Ebrei dovettero immergersi nelle acque del Mar Rosso (yam sof vuol dire "mare dei giunchi o del limite") e fare un lungo cammino di quarant'anni dove si confrontarono con tutta una serie di nemici (più che esterni sono i nostri demoni interiori) per uscirne, con la presenza di Dio, vittoriosi.

Il cammino degli ebrei fu un cammino con grandi fedeltà, grandi luci, ma anche con grandi infedeltà e idolatrie, un cammino d'ombra. E dovettero percorrerlo fino in fondo, tutto, per arrivare alla Terra Promessa.

Anche Gesù si immerge nel Giordano (Yared, Giordano, vuol dire discendere). Anche Gesù è dovuto discendere in questo mondo di luce e di buio, di già e di non-ancora. Anche lui ha dovuto confrontarsi con il buio personale (4,1 le tentazioni), le tenebre del mondo e del male che lo ostacolavano, e che alla fine lo uccisero.

Anche noi il giorno della nostra nascita usciamo dalle acque uterine: come gli ebrei, come la creazione, come Gesù quando fu battezzato dal Battista (3,21). Con l'uscita dalle acque (materne) inizia il nostro cammino di confronto con la luce e il buio che vive dentro ciascuno di noi (battesimo d'acqua).

Solo con la nostra opera (battesimo di sangue) si potrà manifestare nella nostra vita la salvezza di Dio. Solo con quest'opera potremmo far emergere il Figlio dell'uomo che emerge in ciascuno di noi. Siamo già figli di Dio, ma solo immergendoci, incontrando il non-ancora che ci fa paura, che respingiamo, che a volte demonizziamo, ma che ci appartiene potremmo diventarlo.

Siamo un seme (di figlio dell'uomo) che può diventare pianta (il Figlio dell'Uomo). L'opera è semplice e complessa.

Raddrizzare i sentieri.

Non è vero che facciamo pensieri osceni, aggressivi o crudeli? Non è vero che guardiamo la donna (o l'uomo) con l'occhio assatanato di chi la vorrebbe possedere? Non è vero che cova in noi tanta di quella rabbia che faremo a pezzi qualcuno, che elimineremo fisicamente qualcuno di quelli vicini, che faremo soffrire con divertimento qualche persona? Non è vero che facciamo in certi notti sogni dove con un coltello facciamo morire dissanguati qualcuno? Non è vero che abbiamo dei comportamenti perversi (per-versi: nella direzione sbagliata) e indecenti? Non è vero che dietro al nostro bel volto sorridente dietro a tanto "Dio", a volte c'è tutto questo?

E tutto questo "storto", questo irrisolto, dove andrà a finire? Come agirà libero dentro di noi?

Burroni riempiti.

Non è vero che dentro di noi ci sono buchi affettivi enormi? Non è vero che ci sono mani che chiedono disperatamente amore e corpi che bramano tenerezza? Non è vero che a volte siamo stati abbandonati e che non c'era nessuno che ci ascoltava, che ci difendeva, che si prendeva cura di noi? Non è vero che ci sentiamo cadere nel nulla, nel vuoto più assoluto e che ci sentiamo inghiottire dal buio? Non è vero che siamo stati derisi, umiliati, che si divertivano a prenderci in giro e tutti ci davano addosso? Non è vero che siamo come un iceberg perché non c'era calore attorno? E che adesso temiamo come il peggior demonio il sole dell'amore?

E come si può vivere con tutto questo vuoto dentro, questa mancanza che tentiamo in tutte le maniere di riempire (soldi, sesso, droga, ammirazione, ecc) ma che non si riempie mai, come un pozzo senza fondo?

Monti abbassati.

Non è vero che siamo orgogliosi? Non è vero che siamo competitivi, che ci dà fastidio che il nostro amico abbia trovato un lavoro migliore del nostro o la fidanzata più bella della nostra? Non è vero che ci crediamo o che vorremmo essere migliori (più bravi, più onesti, più perspicaci, più intelligenti, più simpatici) del nostro collega o di chi c'è vicino? Non è vero che ci sentiamo superiori agli altri? Non è vero che giudichiamo gli altri perché ci sentiamo inferiori? Non è vero che quello che fanno gli altri è sempre "fatto male" perché solo noi facciamo bene le cose? Non è vero che c'è del marcio dentro di noi e che abbiamo anche noi la nostra parte di "schifo"? Non è vero che tutto questo non ci riguarda? Non è vero che crediamo che tutto questo riguarda solo gli altri ma non di certo noi?

E come si può incontrare la propria fragilità, la propria vulnerabilità con tutta questa supponenza? Come si può incontrare gli altri, o semplicemente amare qualcuno, con tutta questa altezzosità, nelle vene?

Passi tortuosi.

Non è vero che ci sarebbero delle scelte difficili, tortuose, tormentate da operare? Non è vero che sappiamo che dovremmo fare quella cosa ma che non ci va di farla? Non è vero che lasciamo lì quello che dovremmo fare noi e solo noi per non crearci troppi "casini"? Non è vero che cambiare è impegnativo e coinvolgente, e perché farlo? Non è vero che ce la raccontiamo pur di non iniziare certe strade ardue e tortuose?

Come si può essere protagonisti della propria vita con tutte queste scelte non operate?

Luoghi impervi.

Non è vero che ci sono dei fatti duri da digerire e dei ricordi nascosti? Non è vero che abbiamo degli scheletri nei nostri armadi? Che dei mostri che c'inseguono di notte e di giorno? Non è vero che delle porte del nostro cuore sono chiuse a doppia mandata e guai a chi prova entrarci? Non è vero che ci sono dei traumi, che sappiamo che ci sono ma che tentiamo con tutto noi stessi di dimenticare? Non è vero che ci sono delle ferite che non vogliamo che riemergano perché ci farebbero così tanto soffrire?

E tutte queste zone, questi luoghi inaccessibili, dove nessuno vi può entrare, non è spazio, vitalità non utilizzata? Come si può essere figli della luce con tutto questo nascosto e questo buio dentro?

Il miracolo è che se tu fai questo vedrai la salvezza.

Se tu fai questo emergerà il Figlio dell'uomo, cioè chi sei tu, nella tua bellezza originaria, pura, naturale. Quello che sei non ci assomiglia neanche lontanamente. Compi la tua opera e vedrai chi sei!

Se tu fai questo emergerà il Figlio di Dio, e lo vedrai faccia a faccia. Tutto ti sarà chiaro: non ci saranno più dubbi o domande. Quando si vede si sa che è così!

Se tu fai questo scoprirai che non c'è nulla da temere, nulla di cui aver paura perché potrai vedere distintamente tutto com'è: siamo tutti (uomini, mondo, universo, bene e male) sopra la Sua Mano, avvolti dal suo dolce sguardo; e mentre noi siamo affaccendati a conquistare chissà chi e chissà cosa, Lui sorride e ci protegge.

Pensiero della Settimana

Mi inchino di fronte a ciò che ho dentro
e con umiltà me ne prendo cura.

 

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