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TESTO Commento su Giovanni 18,33b-37

don Roberto Rossi  

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) - Cristo Re (22/11/2009)

Vangelo: Gv 18,33b-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 18,33-37

33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

La Chiesa conclude l'anno liturgico con una grande festa a Gesù, chiamandolo con il titolo di Re. Ogni Domenica, partecipando a Messa festeggiamo Gesù come vincitore della morte. È il re vincitore con le armi del Bene e dell'Amore. Il regno di Gesù è il regno della croce o, meglio ancora, il regno dell'Amore. La Croce che è il grande segno di tutti i cristiani sparsi nel mondo, è una cosa semplice, ma ricca di significato perché è il segno della vittoria dell'amore, è il segno di Cristo Re dell'universo.

La solennità odierna fu istituita mentre si formavano in Europa le grandi dittature; questa celebrazione ebbe il compito di affermare l'unicità e la singolarità della regalità di Cristo, il "solo" Re giusto. La liturgia ci fa comprendere che il Signore e Re glorificato non è solo il punto cui mira tutto l'Anno liturgico, ma la meta del nostro pellegrinaggio terreno: Cristo «lo stesso ieri e oggi e sempre» (Eb 13,8), «l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine»(Ap 22,13).

Per festeggiare Cristo, re dell'universo, la Chiesa non ci propone il racconto di una manifestazione splendente. Ma, al contrario, questa ci mette davanti la scena straziante della passione secondo san Giovanni, in cui Gesù umiliato e in catene compare davanti a Pilato, rappresentante di un grande impero. Scena straziante in cui l'accusato senza avvocato è a due giorni dal risuscitare nella gloria, e in cui il potente del momento è a due passi dallo sprofondare nella dimenticanza. Chi dei due è re? Quale dei due può rivendicare un potere reale? C'è il dialogo di questi due uomini. Pilato non capisce niente, né dei Giudei, né di Gesù, né del senso profondo del dibattito. Quanto a Gesù, una sola cosa conta, ed è la verità. Durante tutta la sua vita ha servito la verità, ha reso testimonianza alla verità. La verità sul Padre, la verità sulla vita eterna, la verità sulla lotta che l'uomo deve condurre in questo mondo, la verità sulla vita e sulla morte. Tutti campi essenziali, in cui la menzogna e l'errore sono mortali. Ecco cos'è essere re dell'universo: entrare nella verità e renderle testimonianza. Tutti i discepoli di Gesù sono chiamati a condividere la sua regalità, se "ascoltano la sua voce". È veramente re colui che la verità ha reso libero.

Colui che appariva debole, schiacciato, si è rivelato come il Vincitore. Il suo amore ha cambiato la faccia della storia. Solo l'amore salva il mondo, solo l'amore edifica qualcosa di solido, solo l'amore riesce a vincere l'odio e la cattiveria.

"Il mio regno non è di questo mondo" afferma Gesù.

Noi pratichiamo e testimoniamo il suo modo di essere alternativo di essere re? Sappiamo benissimo che essere in questo regno alla maniera di Gesù è l'unico modo per rendere il mondo più giusto, più bello, più in pace, più abitabile per tutti, perché tutti i problemi del mondo, delle famiglie, dei posti di lavoro, della Chiesa stessa nascono dal volere essere alla maniera del mondo. La difficoltà di essere discepoli di Gesù sta proprio nell'accettare di vivere in questo regno (in questo modo) ma non alla maniera di questo mondo, nell'essere disponibili a servire, nel presentarsi disarmati, nel vivere un amore sincero.

Non ne siamo capaci, ma dobbiamo provarci. Ogni giorno, dovunque, perché questa è la strada, questa ci dà il senso della vita e ci salva su questa terra e per l'eternità.

 

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