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TESTO Costui è il re dei Guidei

don Romeo Maggioni  

Domenica di Cristo Re (Anno B) (08/11/2009)

Vangelo: Lc 23,36-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 23,36-43

36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

"Anche i soldati deridevano il Signore Gesù". Storia di allora e di sempre. Lo hanno incoronato di spine e preso in giro come re da burla. Anche oggi deridono la Chiesa e i cristiani. Non hanno potere e prestigio mondano. Che serve essere con Cristo? Ben altri sono i problemi da risolvere e i mezzi necessari per cambiare questo mondo difficile!

"Costui è il re dei Giudei": un titolo da re che però sta in cima alla croce. Ci vien da dire: Come può venirci salvezza da un fallito? Che re è questo che è sconfitto? Forse quella di Gesù è una regalità speciale, una signoria che ha un suo modo di regnare e guidare il mondo. E forse una sua particolare efficacia.

E' sempre lo scandalo della croce che ci interpella; che identifica i cristiani e sfida il mondo. Merita che oggi si mediti bene la Parola di Dio.

1) UN RE CROCIFISSO

Cioè una esaltazione e una vittoria che deriva dalla croce. Perché, naturalmente, quel crocifisso è risorto. E' il cuore del nostro mistero. "Per questo Dio lo esaltò", cioè proprio perché "umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte". Il valore è l'obbedienza al Padre, una obbedienza provata col sacrificio di sé, senza privilegi o pretese. Difatti "pur essendo nella comunione con Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo". E' l'atto di fede più alto, cioè di fiducia in Dio. Di Lui si dice che "dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio" (Eb 12,2). Questa obbedienza ottenne a lui la signoria sulla morte, e a noi la redenzione. E' il primo contenuto della regalità di Cristo.

"Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici" (Gv 15,13). La croce di Gesù è lo spettacolo più provocatorio di un Dio che ci mette la pelle per noi. Paolo ne è incantato: "Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?" (Rm 8,32). Se la causa del male e della morte di noi uomini è il peccato, cioè il rifiuto dell'amore di Dio, Dio vuol stravincere in amore e perdono per conquistare il cuore dell'uomo; vuole una vittoria sul cuore perciò ci soverchia d'amore. Un amore che gli costa sulla pelle, che esprime tutta la concreta fedeltà alla causa dell'uomo divenuta la causa di Dio stesso.

Il nostro è un re crocifisso perché col suo sangue ha riscattato gli uomini alla vita e all'amore di Dio. "Tu, Padre santo - ci fa pregare il prefazio -, hai consacrato sacerdote eterno e re dell'universo il tuo unico Figlio, Gesù Cristo, perché, sacrificando se stesso sull'altare della croce come vittima immacolata di pace, portasse a compimento il mistero della nostra salvezza e presentasse a te, Dio altissimo, un regno di santità, di giustizia, d'amore e di pace".

"Il mio regno non è di questo mondo" (Gv 18,36), disse Gesù a Pilato. Quando, dopo la moltiplicazione dei pani, la folla lo voleva fare re, egli scappò via e si rifiutò. La medesima scelta l'aveva fatta nel deserto quando satana "gli aveva mostrato tutti i regni del mondo con la loro gloria" (Mt 4,9); Lui l'aveva scacciato. Il suo modo di fare il Messia non era di tipo politico, come era stato falsamente inteso fin dai tempi di Davide; ma era un salvatore sullo stampo del Servo Sofferente, cui fa cenno la prima lettura: "Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori, è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti" (Is 53,4-5). Dio non vuol vincere con la potenza, ma con l'amore. Dirà Gesù - nei confronti dei re della terra - "il Figlio dell'uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mt 20,28).

2) OGGI CON ME SARAI NEL PARADISO

Sul calvario ci sono tre croci; attorno a Gesù stanno due malfattori crocifissi come lui, che rappresentano due atteggiamenti dell'uomo di fronte al Dio messo in croce: uno lo maledice, l'altro è pieno di fede. Costui intravede in quell'uomo innocente ("Egli non ha fatto nulla di male"), capace di perdono dei nemici ("Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno", Lc 23,34), e pieno di fiducia in Dio ("Padre, nelle tue mani metto il mio spirito" Lc 23,46), il Messia salvatore venuto così a iniziare il suo regno, al quale quindi affidarsi con abbandono per un destino di riscatto e di vita. "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". E Gesù, con risposta solenne, lo conferma nella sua intenzione di fede: "In verità ti dico, oggi con me sarai nel paradiso". Oggi, è l'ora della croce che salva il mondo.

Rifugiamoci allora sotto questa amorosa regalità di Cristo. In fondo tutto il disegno di Dio mira a questo ricupero dell'uomo al ritorno a Dio: "E' lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati" (Col 1,13-14). Non col sentirci giusti e quindi degni di questo regno di Dio. E' commovente "come il Buon Ladrone rubò il cuore di Cristo e si aprì le porte del cielo. Tra gli uomini, alla confessione segue il castigo; innanzi a Dio invece, alla confessione fa seguito la salvezza. Nessuno perciò deve disperare, bensì coltivare la ferma speranza dell'aiuto divino" (Sant'Ambrogio). San Tommaso con umiltà ci fa pregare: "Peto quod petivit latro penitens", bisognosi di perdono, chiediamo come ha chiesto con coraggio il ladro in croce.

"Oggi con me sarai nel paradiso". Cos'è il paradiso? Vi è una bella immagine del paradiso nel libro dell'Apocalisse: "Mi mostrò un fiume d'acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello. In mezzo alla piazza della città, e da una parte e dall'altra del fiume, si trova un albero di vita che dà frutti dodici volte all'anno, portando frutti ogni mese; le foglie dell'albero servono a guarire le nazioni" (Ap 22,1-2). Quella città definitiva del Regno si estende all'oggi nella Chiesa, autentico fiume che attraversa la storia portando il Dono dello Spirito che guarisce le nazioni. Ecco il luogo della regalità di Cristo cui "ogni ginocchio si pieghi nei cieli, nella terra e sottoterra, e ogni lingua proclami: Gesù Cristo è Signore" (Epist.).

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Lavorare nel Regno a volte scoraggia, perché non sempre si costatano grandi risultati: "Invano ho faticato per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio" (Lett.). Anche per il discepolo si ripercuote lo stile del Regno dei cieli, che è "simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell'orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami" (Mt 13,31-32).

 

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