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TESTO Testimoni della luce, testimoni della carità

mons. Antonio Riboldi

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III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (12/12/1999)

Vangelo: Gv 1,6-8.19-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,6-8.19-28

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose:

«Io sono voce di uno che grida nel deserto:

Rendete diritta la via del Signore,

come disse il profeta Isaia».

24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Così inizia il Vangelo di oggi: "Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce" (Gv 1, 6-7).

Leggendo queste parole mi viene in mente subito uno dei più intensi momenti di commozione di tutta la Chiesa e di tutto il mondo, credo. Era la vigilia della morte di Papa Giovanni XXIII. "Il Papa buono" tutti lo definivano, senza distinzione di classi o di religione. Il suo sorriso, la sua semplicità, la sua bontà che sembrava non conoscesse limiti o barriere, erano riusciti a penetrare ovunque, come la luce del sole che non si fa fermare da stupidi ostacoli. Tutti eravamo abituati a sentircelo così vicino, come fosse uno di famiglia; uno che capiva; uno che aveva negli occhi, e nelle parole, i grandi orizzonti della vera carità che superano le grettezze di cuore che sono sempre strade molto piccole e senza vista. La sera dell'11 ottobre, all'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, quando, parlando dal balcone che dava su Piazza S. Pietro, mandò una carezza ai bimbi e ai malati, fu come se tutto il mondo fosse stato accarezzato da Dio stesso. Ricordo che quella sera piansi di gioia, un irrefrenabile pianto che stava bene anche in Paradiso. E mi dissi: "Se un uomo è capace di tanto amore, cosa sarà mai il volto, il sorriso, la carezza di Dio?". E il Paradiso non mi sembrò più tanto lontano.

Giovanni XXIII aveva il merito, tramite la sua bontà, di farci vicino e possibile il Paradiso. "Ma chi era costui?" Verrebbe voglia oggi di chiederci come chiesero i Giudei a Giovanni il Battista. La risposta ce la demmo con dolore le sere in cui tutta la Chiesa, e non solo la Chiesa, pregava in Piazza S. Pietro e in tutto il mondo perché il Signore ce lo conservasse. Ne avevamo tanto bisogno. Potevamo fare a meno di tante altre persone che si credevano potenti e con la loro boria pericolosa costituivano solo timore per il mondo.

Davanti a Giovanni XXIII, di colpo tutto perdeva importanza, dalla ricchezza allo stupido orgoglio. Prepotentemente lui ci comunicava che la ricchezza più bella e insostituibile era l'amore, quello donatoci da Dio, Dio stesso. Volendolo vicino, come non dovesse mai morire, ma sentendo che Dio Lo voleva vicino a Sé, come il buon servo fedele che aveva "testimoniato la luce" in coro ci siamo detti: "Venne un uomo mandato da Dio, e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce".

Per lui era vero quanto dice Isaia: "Lo Spirito del Signore è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati; a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore" (Is 61, 1-2).

E' una domanda che si fanno in tanti oggi, da ogni parte: perché la gente non sente più la "nostalgia" del sorriso di Dio? Ha proprio il cuore chiuso al Padre? Può veramente vivere senza sentirsi amata da Dio?

Viene Natale e si ha quasi paura di risvegliare la gioia che Lui presto sarà tra di noi, come Uno di noi. Uno che sarà tanto di "casa" da suscitare speranza, come faceva il sorriso di Giovanni XXIII.

Come seguendo un rituale di altri tempi, senza significato, facciamo lunghe file davanti ai negozi per comprare cose che abbiamo già comprato altre volte e non ci hanno dato gioia, rincorrendo la fantasia di chi vuole venderci qualcosa a tutti i costi "perché è Natale".

Non ci passa neppure per la testa che oggi c'è tanta, ma tanta gente che letteralmente muore di fame ed è un dito puntato contro questa arrogante corsa al regalo ed al pranzo natalizio. E' come se di colpo avessimo spento le stelle del cielo che sono come una finestra sul Paradiso di Dio, per farci un cielo di finte stelle che incorniciano le vie, ma hanno un cielo basso, tanto basso, senza alcuna dimensione di vera felicità. Ma è proprio vero che la gente sia chiusa a Dio ed aperta alle cose?

Tutti hanno bisogno di vedere vicino a sé dei nuovi Giovanni Battista o, se volete, dei nuovi Giovanni XXIII: testimoni della luce; gente che con illuminata carità quasi ti dica: "Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali".

Vivo da tanti anni tra gente che a volte rasenta la povertà più incredibile, fino a morire quasi di fame. Ho incontrato la gente più buona ed anche la gente più disperata, dai carcerati ai drogati. Difficile per non dire impossibile parlare a questi di un Dio che viene tra di noi. Ma una cosa capiscono bene: quella di essere amati. Si lasciano affascinare tanto dall'amore da essere capaci di rivivere. Riescono anche a capire e credere in Dio.

Bisognerebbe allora che tutti in qualche modo, all'accostarsi di questo Natale diventassimo testimoni della luce, testimoni della carità, coltivando bontà, diventando generosi nella carità in modo da diventare credibile annuncio del Natale.

Lo possiamo fare, dobbiamo, perché mai come oggi il mondo aspetta il Natale, anche se non lo confessa.

 

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