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TESTO Un Dio "troppo" buono

don Romeo Maggioni  

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Vangelo: Mt 20,1-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Dio è diverso. O meglio, Dio è più vero! Se una mamma volesse bene al figlio per aspettarsi da lui la ricompensa, .. che amore è? O un marito amasse la moglie per averne un tornaconto, .. che amore è? La logica contrattuale non regge nei rapporti umani più veri. Tanto più questa non è la logica di Dio, "che è amore" (1Gv (4,8). Entro un mondo dove tutto si paga, completamente diverso - per fortuna - è il rapporto con Dio. Il suo è amore gratuito, universale, e perfino.. misericordioso. Il suo non è mai una ricompensa al nostro merito, ma tutto in lui è "grazia e misericordia".

Siamo così provocati a cambiare completamente l'idea di Dio e il nostro rapporto con lui, forse ancora visto come il padrone che paga (o castiga). Quella di Dio è una logica di un amore "illogico", quale quello di bravi genitori che si fanno in quattro per vedere felici i propri figli.

1) GRATUITA' DELLA SALVEZZA

"Tu sei invidioso perché io sono buono?". L'amore di Dio ci precede, è appunto gratuito: "In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi; egli ci ha amati per primo" (1Gv 4,10.19). Il perdono è il super-dono proprio per chi non lo merita: "Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" (Rm 5,8). E proprio perché gratuito è universale, offerto a tutti. Con predilezione per chi sembra più lontano: la supermaritata Samaritana, lo strozzino Zaccheo, il pubblicano Matteo, la povera Maddalena da cui uscirono sette demoni.., fino al buon ladrone in croce. La salvezza è offerta a tutti. Alla sua vigna chiama tutti a lavorare, ad appartenere al regno di Dio. Tutto in noi è dono di Dio. Diceva sant'Agostino: "Quando Dio premierà i nostri meriti non farà che coronare i suoi doni".

Paolo oggi è esplicito: "Per grazia siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene" (Epist.). Anche l'atto di fede, cioè l'aprirci ad accogliere il dono, è già frutto della grazia, che precede e innerva la nostra libertà, altrimenti incapace di compiere il bene: "Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo" (Epist.). Le opere buone sono il risultato della salvezza, non la causa. "Che cosa possiedi che tu non l'abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l'avessi ricevuto?" (1Cor 4,7). Invece ce ne vantiamo, come pretesa davanti a Dio e come giudizio (o invidia) nei confronti degli altri.

Da qui il mormorare per la paga uguale per tutti e la pretesa di qualche vantaggio nei confronti degli altri. "Noi abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo". Questa delle pretese nei confronti di Dio è tutta la polemica di Gesù coi farisei, è l'atteggiamento, condannato, del figlio maggiore nella parabola del Figlio Prodigo: un Dio troppo buono è di scandalo per i nostri gusti di gente per bene! S'è sempre pensato come ovvio che Dio stesse dalla parte dei buoni e li pagasse bene! Ma Dio è al di sopra dei nostri calcoli e dei nostri giudizi. La sua è una giustizia che nasce dal dono e finisce nel perdono. Scadenza la sua giustizia al ritmo della misericordia, per dare a tutti la possibilità di una conversione e di una salvezza.

2) LA SPROPORZIONE DELLA SALVEZZA

Qui è il punto vero: troppo sproporzionato è il dono di salvezza rispetto ad ogni nostro sforzo o merito. E' roba divina, è vita divina, che nessun mezzo umano può conquistare. Ed è sempre puro regalo di Dio. Ecco il senso dell'unico denaro "regalato" a tutti, anche a quelli dell'ultima ora, che hanno lavorato poco. E' regalo, non merito, perché appunto non è in continuità di nostre imprese. Noi purtroppo ci sentiamo troppo padroni e costruttori della nostra vita. Ma né la vita ce la siamo data noi, né tanto meno la sua piena riuscita, cioè la felicità, può essere frutto di nostri sforzi. Siamo fatti per diventare niente di meno che come Dio, e questo è ben al di là dei nostri mezzi. Addirittura anche al di là di nostri sogni: "Noi ci saremmo accontentati di tre locali più servizi, mentre Dio ci prepara le eterne praterie del cielo". Un superdestino ci spetta; e questo è, oggi, l'unico, perché così ci ha predestinati Dio Creatore, cioè "strutturati".

Meno male! ci verrebbe da dire. Chi ha il coraggio di andare davanti a Dio - come questi primi della parabola - per pretendere più degli altri? Meno male che Dio paga non guardando a quello che abbiamo guadagnato noi, ma regala per pura generosità la vita eterna a tutti quelli che gli rispondono di sì! Chi può pretendere di guadagnare il paradiso? Dio è più grande di noi. L'unica condizione è la sincera apertura a Lui. In fondo Dio non ha bisogno delle nostre opere; ha bisogno del nostro abbandonarci a Lui. Nella vita di un uomo - lunga o breve - Dio cerca solo di scoprirgli nel cuore un atto di sincera fiducia in Lui. Gli basta; il resto lo fa Lui! Questo non ci esenta dal compiere opere buone: ma sono segni della nostra coerenza e della nostra obbedienza manifestata coi fatti. Anima di queste opere non è l'efficienza, ma l'amore.

Né aver gloria davanti agli uomini! Davanti a Dio non conta essere Papa o l'ultimo cristiano, praticare atti eroici dei grandi missionari o piccole fedeltà di moglie e di mamma di casa. Non sono le opere, ma l'amore. L'amore posto alla radice di ogni atto - piccolo o grande - riscatta e dà valore davanti a Dio. Questa è l'idea di santità che aveva santa Teresa di Lisieux, maestra delle piccole cose fatte con cuore grande. La santità è obbedienza a Dio, non la propria efficienza. San Vincenzo de Paoli scrive: "Le cose di Dio si fanno da sé; spesso le opere si guastano perché si agisce secondo le proprie inclinazioni, di nostra iniziativa. Le opere di Dio non si fanno quando desideriamo noi, bensì quando piace a lui. Se desidera qualcosa di più, sarà lui a provvedere e non noi. Se Dio vuole che la cosa si faccia, il ritardo non guasterà nulla; e meno ci sarà del nostro, più ci sarà del suo". E' il primato di Dio, soprattutto nell'apostolato.

"Andate anche voi nella vigna". L'invito è ad essere discepoli, servi generosi del Regno di Dio e del Vangelo. Purché si sia disponibili, ad ogni ora. Non è mai troppo tardi per una conversione seria o una svolta a sorpresa per operare nel Regno di Dio. A noi è stato detto: "Pregate il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38). Che mandi anche noi, quando, dove e come vorrà!

 

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