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TESTO Che uno ti ammetta nel suo campo

mons. Antonio Riboldi

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (19/09/1999)

Vangelo: Mt 20,1-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 1Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. 7Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

E' del profeta Isaia questa raccomandazione: "Cercate il Signore mentre si fa trovare: invocatelo, mentre è vicino. L'empio abbandoni la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri: ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona" (Is 55, 6-7). "Cercate Dio... invocateLo".

Ed ogni uomo, tutti, noi compresi, abbiamo "dentro" la storia di questo "cercare" o "non cercare", di questo "invocare" o "non invocare". Anzi in pratica "siamo" ciò che abbiamo cercato o non cercato. Tutti.

In proposito un grande artista, il maestro Carlo Maria Giulini, cui ho chiesto se era buona tale ricerca, così commentava: "Quasi sempre noi sentiamo parlare di Dio dai sacerdoti, dalla Chiesa. Quasi mai sentiamo gli uomini.

Questa è una buona occasione per confrontarci. Sarà anche interessante sapere con quale linguaggio le persone che ha incontrato, e che incontrerà, si esprimono. Sapere che cosa è rimasto dentro, della loro educazione nell'infanzia. Vedere che cosa è andato perduto. Sapere quali sono stati i cammini verso o lontano dalla fede. I dubbi, le paure". E il maestro Giulini è uno che ha cercato Dio e Dio si è fatto trovare. Un altro artista, sommo come regista, ebbe invece questa risposta: "Lei ha una bella faccia tosta. Lei dovrebbe pagare per avere le risposte che mi chiede. Bisognerebbe pagarmi almeno dieci milioni: anzi cinquanta milioni... Mi chiedo come possa affrontare un tema del genere".

Ed invece bisogna interrogarsi. L'incontro con Dio: conoscerLo, amarLo, servirLo e poi gioire per sempre con Lui in Cielo, è il solo senso e la verità di ogni vita umana.

Cosa significa vivere "in compagnia" di Dio, come una parte di Lui, partecipando a tutto quello che Lui è? E' dare alla vita la sola dimensione che le è stata data nella stessa creazione.

E cosa potrebbe significare invece vivere "da soli", senza Dio, come se Lui non esistesse, come se non importasse alla propria vita? Non riesco proprio a immaginarlo. 0 forse riesco a intravederlo, guardando nell'anima di tanti che dicono di vivere bene senza Dio: sono occhi che mancano di luce, di sorriso, di pace. Occhi che mancano di infinito e di divino.

Rimane però sempre un interrogativo. E' facile incontrarsi con Dio? C'è tanta gente che vorrebbe forse conoscere Dio, vivere di Dio, ma con tutta la buona volontà non riesce a trovarlo.

Ricordo l'esclamazione ai limiti del pianto di un grande pensatore italiano che un giorno in cui eravamo insieme, stringendomi forte le braccia, per significare la forza delle parole, così mi disse: "Non invidio nulla a nessuno in questo mondo: invidio solo chi ha la fede, ma una fede vera". E' così difficile "entrare nella vigna del Signore?", ossia vivere di fede?

La parabola di Gesù oggi ci insegna molte cose. Anzitutto ci parla di "un padrone di casa" che esce per cercare operai disposti a lavorare nella sua vigna. Il che vuole dire che l'iniziativa parte da Dio stesso: e non può essere che così. Qui non si tratta di avere "un qualcosa" di buono: ma di entrare nella Sua conoscenza. E tutto questo gratuitamente. Dio "si concede" a tutti, vuole farsi conoscere e amare da tutti. Lo dirà Gesù, fino alla stanchezza, agli Apostoli: "Andate in tutto il mondo e dite a tutti gli uomini la buona novella".

Ma, come è nella legge dell'amore, tale conoscenza e rapporto non può essere fenomeno di massa, ma ha uno stile che diventa dialogo, incontro personale. Vale a dire: Dio costruisce la Sua relazione con noi in modo personale, particolare: tanto da essere la storia della nostra fede, se la contempliamo con serietà e profondità, un fatto irripetibile, dove ciascuno ritrova le tracce del cammino che Dio ha fatto verso di lui e tracce del proprio cammino verso Dio, come capita a due che si sono cercati, incontrati, amati.

E' certo che Dio "sta alla porta e bussa": alla porta di ciascuno. Difficile per noi sapere qual è l'angolo della strada in cui Lui si fa trovare. Ma quando l'incontro avviene è gioia infinita. E' "il colpo della grazia".

Nella parabola del Vangelo, si parla di "disoccupati" che però stavano sulla piazza in attesa che qualcuno li chiamasse al lavoro. E' ben descritta la nostra parte. Chi non è veramente "un disoccupato", "il disoccupato" della vita? Una condizione avvilente. Sai che potresti fare molto e quindi dare senso alla vita, ma occorre che uno ti chiami, ti ammetta nel suo campo. E' la coscienza della povertà dell'anima che si richiede.

Ossia la sensazione che senza Dio in noi, noi siamo nella più grande povertà: dei "disoccupati". Povertà che può diventare disperazione se si ha la certezza di non trovare "lavoro", ossia di non trovare Dio. Ma diventa speranza, se attesa di un incontro.

Ecco che tornano attuali e vere le parole di Isaia: "Cercate il Signore, mentre si fa trovare. InvocateLo mentre è vicino".

Forse guardandoci attorno, in questa società che si è costruita idoli senza anima e cuore, destinati a dare morte e insoddisfazione, si ha come la sensazione che la gente non cerchi più Dio. Credo invece – e l'esperienza di pastore mi dà ragione – che la gente sappia mascherare molto bene il suo bisogno di tenerezza e di sicurezza che viene solo dal Padre sotto un sorriso che è solo di facciata.

 

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