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TESTO Commento su Marco 10,2-16

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XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (04/10/2009)

Vangelo: Mc 10,2-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 10,2-16

2Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. 3Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». 4Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». 5Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. 6Ma dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina; 7per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie 8e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. 9Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». 10A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. 11E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; 12e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

13Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. 14Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. 15In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». 16E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE

Introduzione. Un problema cruciale dell’uomo: la solitudine. Problema:

1. Illuminato dalla profonda unità tra uomo e donna (cfr. 1ª lettura)
2. Motivato dalla morte di Cristo (cfr. 2ª lettura)

3. Sublimato dalla fedeltà al progetto primario di Dio (cfr. 3ª lettura).
Premessa: Cosa s’intende quando si parla di solitudine?

Risposta. Il concetto di solitudine si può intendere in diversi modi; i più comuni sono quelli di una:

1. Solitudine imposta: questo genere di solitudine ha quasi sempre una tonalità negativa, nel senso che, può essere determinata da cause fisiche, (es. handicap vari), psicologiche ( es. ipocondria, depressione o solitudine a salice piangente), socio culturali, o politiche (es. povertà, emarginazioni varie ecc.).

La solitudine imposta, genera per lo più limitazioni nell’esercizio della propria libertà, con conseguente propensione alla depressione e spesso anche al suicidio.

Diceva bene il poeta latino Ovidio:< Tristis eris, si solus eris> .

1. Solitudine liberamente scelta: questa è fondamentalmente positiva, in quanto favorisce:
2. Un più spiccato bisogno di Dio e di valori interiori
3. Un maggior desiderio di conoscere e migliorare se stesso

4. Una necessità di preservare la propria identità e personalità, pur vivendo in una società caotica come la nostra.
Il cristiano a questo punto, possiamo definirlo:.

In tal senso ha ragione il cantante Gino Paolo con la sua canzone “Noi”, quando affida alle note musicali queste significative parole:
Noi: è la solitudine, che, se ne va
Noi: è la tristezza, che, diventa felicità
Noi: è essere insieme, anche quando si è soli>.

1. La solitudine illuminata dalla profonda unità (metafisica) tra uomo e donna.

“ Non è bene, che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto, che gli sia simile ... Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolto all’uomo, una donna e la condusse all’uomo ...” (1ª lettura).

Con l’insegnamento della sua Parola, Gesù ripropone il progetto primario della creazione, secondo il quale il rapporto reciproco tra l’uomo e la donna, va vissuto, come quello che Dio ha realizzato con la stretta alleanza con il popolo eletto.
Perciò Gesù colloca il matrimonio sul piano della:

1. Dignità della persona con il ritorno al progetto iniziale di Dio, fatto di comunione indissolubile

2. Serietà dell’amore, che, nella morte di Cristo trova la sua forza e la sua motivazione

3. Imitazione della fedeltà che Dio ha per l’uomo da Lui creato.

Riflessione. Il matrimonio così concepito, oggi trova purtroppo sulla sua strada, molti nemici:

1. Sul piano del pensiero, tutte le filosofie immanenti, quelle cioè, che ritengono di poter fare a meno di Dio: secolarizzazione, laicismo, agnosticismo, ateismo ecc.

2. Sul piano della vita pratica: tutte le espressioni di una cultura edonistica, erotica, permissiva ecc.

A queste visioni puramente orizzontali dell’esistenza umana, il cristianesimo cattolico, contrappone una visione trascendente, che trova la sua piena motivazione nella morte luminosa della Croce di Cristo:
Infatti:

1. Ecco farsi avanti la solitudine motivata dalla morte vittoriosa di Cristo.

Scrive l’autore della lettera agli Ebrei “fratelli, quel Gesù, di poco inferiore agli Angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché Colui, che santifica e coloro, che sono santificati ... non si vergogna di chiamarli fratelli” (2ª lettura).

In questo della Parola di Dio troviamo due riscontri di capitale importanza per la nostra vita di fede:

1. Cristo Gesù ha provato la solitudine più drammatica in una morte atroce, come quella della Croce: “a vantaggio di tutti”, dice l’autore sacro.

2. Tutti coloro, “che sono santificati dalla sua morte, Cristo Gesù – sono sempre parole dell’autore sacro – non si vergogna di chiamarli fratelli”. (2ª lettura).

Riflessione. Perciò chiunque possa soffrire di solitudine negativa, stando alle parole dell’autore sacro, nella solitudine luminosa della Croce di Cristo e nel silenzio salvifico della sua Risurrezione, può trovare tutte le risorse e le energie possibili per rendere feconda la sua situazione, anche se fosse la più disperata. In un contesto simile allora, possiamo condividere in pieno, quanto scriveva il romanziere russo Anton Cechov :< La vera felicità, è impossibile senza solitudine>, cioè senza sofferenza.

1. La solitudine sublimata dalla fedeltà al progetto primario di Dio.
Di che progetto si tratta?

Risposta. Di quello semplicemente proclamato da Dio all’inizio della Creazione e ribadito con fermezza da Gesù stesso in quanto Dio; scrive infatti l’Evangelista Marco:< Dall’inizio della creazione Dio li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unità a sua moglie e i due saranno una sola carne ...”

Dunque l’uomo, (qualunque istituzione, regime politico eserciti) non divida quel che Dio ha congiunto (3ª lettura).

In tal modo Dio intende ribadire al genere umano due verità imprescindibili:

1. Egli è il Creatore dell’uomo e della donna: due persone diverse, ma destinate a completarsi totalmente in piena libertà e nel rispetto della reciproca dignità, perciò come scrive S. Paolo ai cristiani di filippica “ in mezzo ad una generazione perversa e degenere, risplendano come astri nel mondo” (Fil. 2,15).

2. Egli è l’autore del matrimonio uno e indissolubile, perché questo rifletta, fino alla fine dei tempi, la sua fedele alleanza con il popolo eletto e con l’intera umanità.

Riflessione. Nella mente di Dio, dunque, il matrimonio, sul piano della persona, oltre ad essere il miglior antidoto contro tutte le forme di solitudine negativa, sul piano sociale si dimostra, se ben vissuto, il rimedio più efficace per assicurarsi un equilibrio psicofisico e una convivenza fruttuosa, pacifica e gioiosa.

La stessa attrice Ava Gardner, intervistata sul tema del matrimonio ebbe a dire:.

Purtroppo il matrimonio cristiano, così come lo intendono la Parola di Dio e la Chiesa, è insidiato in modo più o meno subdolo dalla morale laica. Questa, dal momento, che esclude ogni progetto trascendente voluto da Dio sul matrimonio, si affida unicamente ai capricci della persona e delle pubbliche istituzione; perciò dilagano: divorzio, aborto, eutanasia, libere unioni ecc.

Conseguenza, purtroppo non riconosciuta è che la morale laica è fatale, non solo per il benessere della persona, ma anche per la stessa società.

Infatti da dove scaturiscono oggi violenza, droga, criminalità, depressione, disintegrazione della famiglia e dei rapporti interpersonali e sociali, esasperato erotismo, libertà di coppia ecc?

Gli esperti “azzeccagarbugli” di moda azzardano risposte suadenti, di sapore psicologico, psicanalitico o sociologico. Ma questi tentativi non convincono troppo, per il semplice motivo, che le vere cause stanno più a monte, e nel trascurare queste, perché scomode, si dà fumo agli occhi curando solo gli effetti, in ogni campo.

Conclusione. Dunque solitudine: tarlo pericoloso se proiettato nella famiglia a conduzione laica, dove: (Jorge Louis Borges, da “Poesie” 1929).
Al contrario della famiglia a orientamento cristiano:

SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE

“L’amore è eterno finché dura?”

Qualche anno fa era uscito un film dal titolo “L’amore è eterno finché dura!”. Confesso che mi colpì subito l’effetto del contrasto che si realizza tra “eterno” e “finché dura” nel titolo del film. Ricordo che proposi ad una coppietta di fidanzatini che si stavano preparando per il matrimonio di “dire la loro” su quel titolo e, ancor più, sul contenuto del film. Non svelo alcun segreto se dico che quella coppia era decisamente contraria a ciò che sia il titolo del film, che il suo contenuto voleva in un qualche modo trasmettere. Eppure, bisogna tuttavia riconoscere che – ahimè! – quel film fotografava in un certo senso il contesto storico in cui viviamo..

L’amore... è eterno, o è “finché dura”? Alla luce della parola di Dio di questa domenica, mi piace riportare qui – e credo che tanti saranno d’accordo con me – ciò che rispondono coloro che si stanno preparando al matrimonio. Chiedo a tutti se credono che il loro amore che in quel periodo stanno vivendo può venir meno e rovinare il bel rapporto familiare che loro stanno costruendo proprio in quel momento.. (qui sarebbe da precisare una cosa: l’amore vero si vive, non si fa!). E vi assicuro che nessuno né dice, né vuole nemmeno pensare ad una fine del loro amore! Anzi, molti, tra coloro che sono più “svegli” e coraggiosi, dicono: “ma padre, cosa intende dire? Non si fida di ciò che le stiamo dicendo? Noi ci sposiamo una volta per sempre!”. E io gli credo davvero. Chi ha il coraggio – davanti alla propria coscienza – di negare la loro sincerità o dire che sono ingenui? Solo che, ahimè, quante parole a volte non trovano conferma nell’ulteriore esperienza di famiglia!

Appunto, famiglia, l’essere insieme: è una cosa talmente connaturale all’essere persona umana da permetterci di dire che il legame che si crea è indistruttibile: come si fa a rompere un legame di sangue? “Ecco, osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne”, come dice Adamo nel libro della Genesi. Oppure, come si può rompere una decisione presa in un momento di così tanta serenità e profondità di amore come è quello che si sta vivendo nel periodo che precede il matrimonio? Come si fa... come si fa a dire e soprattutto a pensare che “l’amore è finché dura?”.

Eppure, Gesù nel vangelo ci dice che l’uomo può arrivare a negare tutto, persino la realtà più bella che l’uomo possa vivere: l’amore. Ed è a causa della durezza del cuore. La Bibbia ci insegna che si arriva a questa “pietrificazione” del cuore intanto se si perde il senso dell’autenticamente bello, se ci si abitua a relativizzare tutto, a definire il bene in funzione di ciò che oggi sento e magari domani sento il contrario! Oppure, in parole più ‘nostre’, si arriva alla durezza del cuore se ci si abitua con il peccato, con il trasgredire ciò che normalmente è “connaturale” all’uomo preferendosi talvolta le “esperienze estranee”, scappatine che, dicesi, fa bene! Ma cosa innalza l’uomo: ciò che è conforme, si adatta a lui, oppure ciò che non ha niente a che fare con la natura umana? La prima lettura ci dà la risposta: l’uomo non è mai contento finché non trova – dice il testo – un aiuto simile a lui.

Perché ‘aiuto’? Perché l’uomo, per cui “non è bene/bello che sia solo”, per raggiungere la pienezza della sua umanità, ha bisogno di aiuto. In parole povere, non ce la fa ad essere ciò che è da solo! Allora, il matrimonio Dio lo ha voluto in questo senso: sia un aiuto reciproco a raggiungere la pienezza dell’umanità, pienezza che si raggiunge quando si riesce a “vivere l’amore”, ovverossia, quando si arriva a “vivere Dio” nella propria carne. Allora, solo nella sponsalità l’uomo raggiunge la propria umanità.

Ora, se questo “aiuto simile” lo trovi in una persona umana (e non in qualche altra realtà), e una volta trovata, dunque, una volta iniziato questo processo di raggiungimento della propria perfezione che si realizza nell’amore, possiamo capire quanto sia paradossale abbandonare o negare ad un certo punto quell’amore che si vive sponsalmente! L’amore sponsale non può che essere eterno (ovviamente, se è autentico sin dal suo inizio). Se diventa “finché dura”, è segno di abbandono, di negazione dei propri desideri autentici, della propria felicità.

Non preoccupatevi, neanche i discepoli hanno capito subito ciò che Gesù voleva sottolineare anche citando la scrittura. Ed è per questo che il Maestro ritiene opportuno specificare che “chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio con lei; se la donna ripudia il marito, e ne sposa un altro, commette adulterio”. E cosa è l’adulterio se non, anzitutto, il tradimento della propria personalità, delle proprie capacità e del proprio amore?

Signore, donaci la grazia della fedeltà. Aiutaci a trovare sempre in Te la forza di credere che solo vivendo l’amore, solo avendoti presente nella nostra vita, possiamo ritrovare freschezza nell’amare, così come i bambini ci insegnano ogni volta che incrociamo i loro occhi o quando li abbracciamo. Preghino per noi e soprattutto per le nostre famiglie s. Teresa del Bambino Gesù che festeggiamo il 1° di ottobre e s.Francesco che oggi ricordiamo.

a cura di Mons. Remo Bonola – Eduard Patrascu

 

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