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TESTO Costruttori di ponti di riconciliazione

mons. Antonio Riboldi

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/09/1999)

Vangelo: Mt 18,21-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 21Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». 22E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.

23Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. 24Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. 25Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. 26Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. 27Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.

28Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. 29Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. 30Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.

31Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. 33Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. 34Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Ricordo una scena di quando ero in Sicilia. Nella quotidiana guerra che la mafia faceva cercando di vendicarsi, gruppo contro gruppo, in una spirale che tendeva a crescere mai a diminuire, un giorno venne gravemente ferito un uomo. Lo andai a visitare in ospedale. Intuendo che per lui era vicino l'incontro con Dio, lo esortavo a prepararsi degnamente, incominciando dal perdono a chi lo aveva colpito. La risposta secca fu: "Se la mia sorte sarà la morte lo perdonerò: se invece sopravviverò, l'ammazzerò". Una risposta agghiacciante che nulla ha a che vedere con la legge dell'amore donataci dal Vangelo e che riflette la fedeltà di Dio al suo amore per l'uomo: una fedeltà che ha pagato con la morte di Suo Figlio, Gesù, nostro Signore. In altre parole, di fronte alle nostre offese, che sono sempre immense perché rivolte al Signore di tutto e di tutti, Dio non pensò minimamente a farci "pagare" come sosteniamo noi in una logica di giustizia umana, ma, nella logica dell'amore che Lo univa all'uomo, pagò Lui un prezzo che a noi sarebbe stato impossibile. E', se vogliamo, la follia del Cuore di Dio: un Cuore talmente innamorato della Sua creatura, che fa della riconciliazione la gemma più preziosa e forse più compresa del Suo amore.

Noi viviamo quotidianamente tanto vicini gli uni agli altri, in famiglia, sul lavoro, ovunque, che è facile urtarsi, offendersi. Impossibile, finché siamo in questa terra di esilio, pieni di debolezze come siamo, non inciampare, non urtarci, non andare incontro a incomprensioni e offese: è come camminare su una strada piena di cocci: ci si ferisce in continuità. Si può tranquillamente affermare che vivere insieme è una continua battaglia in cui a volte si è vincitori e a volte perdenti.

Dovessimo "legarci al dito" tutti i torti che riceviamo, dovremmo in pochi giorni avere le mani impossibilitate a muoversi perché sovraccariche di pesanti corde. Non solo, ma se ogni offesa che riceviamo dovesse essere ricambiata con un distacco da chi ci offende, presto dovremmo rimanere soli, tremendamente soli. In altre parole se chi ci offende è da considerarsi come morto nel nostro cuore o nella nostra mente, presto la nostra vita sarebbe un immenso cimitero.

Gesù ha superato questo pericolo, dando a noi la Sua legge, quella della fedeltà all'amore che risolve i conflitti con la riconciliazione e il perdono. Chi cade viene aiutato ad alzarsi: così i legami non si spezzano mai e la comunità degli uomini continua ad essere un mondo pieno di vita, di speranza e di amore.

Come ha fatto Lui. Come fa Lui in continuità. Quante volte ci perdona? Tutti ne facciamo quotidianamente esperienza. Una immensità di volte. Così per noi. "Quante volte dovrò perdonare a mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?" viene chiesto a Gesù. E lui risponde: "Fino a settanta volte sette".

Un discorso duro? Può darsi: ma meraviglioso se visto nella prospettiva dell'amore. Necessario se si vuole ancora sentire il sapore della gioia di un Padre che apre le braccia per accoglierci, come nella parabola del figliol prodigo, e di fratelli che sanno colmare gli abissi che a volte intensamente scaviamo offendendo o facendo del male.

Oggi prego la Madonna così: "E' facile pensarti, Maria SS., Madre dolorosa, confusa tra la gente che seguiva Gesù sulla via del Calvario. "Quel povero uomo", così era considerato dalle pie donne che non riescono a trattenere la loro naturale tenerezza verso chi soffriva. Oppure "quel maledetto condannato" per gli altri per i quali Lui era solo uno schiavo privo di dignità e tutto ricoperto di colpe, condanna e vergogna.

Nessuna pietà per il condannato: la morte, la vergogna doveva gustarle fino in fondo, fino all'ultima goccia. I prezzi della nostra giustizia qui, nel nostro mondo, vanno pagati fino in fondo. Uno che è condannato, presso di noi, è uno che muore disprezzato, ucciso nei nostri cuori, prima che morto sulla croce...

La nostra giustizia, Maria, qui in terra, è una giustizia cieca all'amore. Gesù invece, il tuo carissimo Figlio e nostro carissimo Fratello, arriva a cambiare tutta questa logica perversa. Lui è un maledetto dagli uomini e si lascia maledire senza ribellarsi. Sulle sue spalle sa di portare tutti i peccati del mondo, tutte le maledizioni del mondo, tutte le aberrazioni del mondo. La sua è una giustizia diversa: e fedeltà a noi che siamo creati dal Padre per amore e che il Padre non rinuncia ad amare, fino a prendersi tutte le nostre colpe sulle sue spalle e pagarle.

E noi, i riscattati, Gli schiacciamo la croce addosso perché pesi di più. Non poteva però Lui lasciarla a metà strada. Cade sotto il suo peso, ma se la riprende, conquistando centimetro per centimetro la salita, come fossero anelli di una corona d'amore preziosa. Solo un amore divino poteva fare questo.

E Lui stringeva la croce come fosse stato il cuore degli uomini da non abbandonare, ma da salvare: "Non sono venuto a giudicare il mondo ma a salvarlo" aveva detto. Ed ancora: "Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva". Non posso allora, Maria SS., che mettermi in ginocchio e dire grazie a Dio per tanto amore (dal libro "Maria, nostra Madre").

 

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