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TESTO Religio vera: Ecclesia ab intra

don Daniele Muraro  

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (20/09/2009)

Vangelo: Mc 9,30-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 9,30-37

30Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». 32Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

33Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». 34Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37«Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Nel Vangelo di Domenica scorsa Gesù aveva invitato i suoi discepoli a prendere ciascuno la propria croce. Avevamo interpretato le sue parole come un avvertimento a non lasciare fuori dalla fede la vita. La vita quotidiana è difficile per conto suo e chi dall'adesione al Vangelo e dalla preghiera cerca solo consolazioni presto sarà deluso.

Il Vangelo ci insegna a vivere bene, non nel senso che ci libera da ogni fastidio, piuttosto perché ci aiuta a dare valore ad ogni circostanza dell'esistenza e ad affrontare in spirito di condivisione e solidarietà i problemi.

Dicevo della tentazione di evitare le croci, isolandosi in un mondo privato spirituale. Esiste una strategia più raffinata per liberarsi dal peso delle proprie tribolazioni (croci o crucci), e consiste nello scaricarle sugli altri.

Tante volte quelli non esitano a proclamarsi il più grande altro non chiedono alla folla che l'autorizzazione a riversare su di essa il carico dei fastidi ordinari con la scusa di potersi dedicare meglio all'interesse generale.

"I re delle nazioni le governano, dice altrove Gesù e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati (o si fanno chiamare) benefattori..."

A questi pericoli non sfuggono nemmeno gli Apostoli del Signore. Gesù aveva già fatto capire a san Pietro che era impossibile per lui e per gli altri due apostoli di rimanere a lungo sul monte della Trasfigurazione. Finito quel momento di grazia sarebbero dovuti scendere a valle tornando a mescolarsi con le vicende della gente qualunque.

Resta però in campo per l'intero gruppo la lusinga del rango superiore e la gara ad occupare il primo posto.

I discorsi di Gesù andavano in tutt'altra direzione: cattura, processo, condanna e morte in croce. Ma gli Apostoli non comprendevano il linguaggio del Signore e si guardavano dal porre domande a proposito. Avevano la mente occupata da pensieri di gloria.

Gesù li aveva condotti avanti di un bel tratto: erano gente di estrazione comune e ora in molti li cercavano e li facevano sentire importanti.

Arrivanti a quel punto gli Apostoli confusamente pensano di potersi arrangiare da soli. Forse temono, dal tenore dei discorsi del Maestro, di doversi preparare a quando Lui non ci sarebbe più stato. Sorge allora la questione su chi è più grande degli altri.

È una discussione tenuta rigorosamente riservata all'interno del gruppo. Gesù non avrebbe dovuto ascoltare.

Tuttavia i Dodici sentivano come necessario questo dibattito; ognuno voleva uscire dallo sfondo in cui si sentiva relegato. Alla fine sarebbe risultato il valore di ciascuno e sarebbe stata stilata la graduatoria di merito, pensavano.

Per Gesù le cose stanno diversamente. Egli lascia che l'esaltazione sbollisca e affronta la questione non per strada di fronte a tutti, ma in casa.

Dentro le mura domestiche mutismo e sorda ostilità reciproca Lo confermano che i malumori circolanti nel gruppo derivano dall'invidia e dal desiderio di prevalere l'uno sull'altro.

Dopo aver chiesto ragione della cosa, Gesù invita tutti intorno a Lui. "Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: 'Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti'"

Queste parole meritano un commento adeguato. Gesù non dice: "Lasciate stare questi discorsi, cercate di andare d'accordo...", né tantomeno: "Tornate ad occuparvi delle cose che vi riguardano e lasciate a me ogni decisione in merito ai titoli di onore, alle medaglie da distribuire...".

Invece mette una premessa: 'Se uno vuole essere il primo...". Gesù conosce l'animo umano con il suo desiderio di grandezza e di eccellenza. È tutta energia, ma che dev'essere incanalata in modo costruttivo e solidale, perciò aggiunge: "...sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti!".

Ci vuole un bel coraggio a stare in fondo e a trasformarsi nel servo di tutti e chi si accolla un compito tanto gravoso deve essere sostenuto da grandi aspettative e animato da forti motivazioni.

In questa proposta consiste l'originalità della Chiesa. Non ce ne sono altre di comunità fatte così.

Tale parola del Signore è la forza generativa della comunità cristiana, quella che assicura alla Chiesa un continuo rinnovamento e una perenne giovinezza. Nella sua storia ne ritroviamo continui esempi. È da persone di questo genere che prima di tutto è costituita la Chiesa.

Se qualche volta ci sembra che anche i suoi rappresentanti facciano fatica ad adeguarsi a consideriamo che mettere in pratica quello che chiede Gesù non è facile.

Gli imperi cadono sotto il peso della loro estensione divenuta incontrollabile, le grandi religioni svuotate interiormente rischiano di dissolversi, solo la Chiesa Cattolica resterà in piedi, rincalzata dalla testimonianza di servizio e amore concreto da parte di tanti suoi componenti.

Sono queste le persone che Gesù loda e che indica come esempio per tutti. Sono loro che la mantengono in salute e in forze. Come tutti essi aspirano a grandi cose, ma come il loro Signore essi sono capaci di piegarsi alle cose umili e semplici.

 

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