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TESTO Non siamo una setta

mons. Roberto Brunelli

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XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

Vangelo: Mc 9,38-43.45.47-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 9,38-43.45.47-48

38Giovanni gli disse: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». 39Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: 40chi non è contro di noi è per noi.

41Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.

42Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. 43Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile.

45E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna.

47E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, 48dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.

“Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva” (cioè non è dei nostri). Il vangelo attribuisce questa frase all’apostolo Giovanni, il quale tuttavia doveva riflettere la mentalità anche dei suoi compagni, e non solo loro: di un simile atteggiamento la Bibbia stessa offre altri esempi (come quello esposto nella prima lettura di oggi, risalente addirittura ai tempi di Mosè), ed altri ancora, numerosi, ne offrono la storia e l’attualità. E’ la mentalità settaria di chi ritiene di detenere il monopolio della verità, della giustizia, del bene, e considera usurpatori quanti in qualche misura lo condividono. Ma per i cristiani non è, non deve essere così. “Non glielo impedite”, comanda Gesù; “chi non è contro di noi è per noi”.

Nei secoli, come tuttora specie da parte dei missionari, l’aderenza al vangelo ha portato i cristiani a creare ospedali, scuole, orfanotrofi, mense per i poveri e una miriade di altre opere di assistenza e di promozione della dignità umana. Se poi, come è avvenuto spesso, di quelle opere i governi si sono appropriati (magari anzi, riconoscendone l’utilità e disponendo di mezzi più cospicui, incrementandone numero e qualità), nessuna recriminazione! Se il bene vien fatto, non importa da chi; la carità cristiana trova sempre nuovi campi di applicazione. Qualche problema semmai sorge con chi pretende di appropriarsi della verità, assumendo un atteggiamento intollerante verso i portatori di altri principi e valori, un atteggiamento che non di rado, anche ai nostri tempi, sfocia in tentativi di prevaricazione quando non - lo sanno bene i cristiani di troppi Paesi di questo mondo - in forme aperte o subdole di persecuzione. In proposito torna utile quanto ha affermato il Concilio Vaticano II (“Nostra aetate”, 2) circa i rapporti con le religioni non cristiane: “La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini. Essa però annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo (...); perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano i valori che si trovano in essi”.

Dunque, il Concilio ribadisce che i cristiani non sono una setta; pur senza tradire le proprie convinzioni, sono felici di riconoscere in quelle di altri le consonanze con le proprie, e sono disposti a collaborare con loro per il bene comune; hanno il diritto-dovere di proporre quello in cui credono, ma non pretendono di imporre nulla a nessuno, e si aspettano dagli altri lo stesso atteggiamento.

Il vangelo di oggi tocca poi un altro argomento. Per comprenderlo, occorre precisare il significato di due parole. La prima: quando Gesù parla dei “piccoli”, non intende tanto i bambini quanto piuttosto le persone fragili, dalla personalità insicura, facilmente impressionabili, facili a imitare i comportamenti altrui. La seconda è la parola “scandalo”, che di per sé indica una pietra che fa inciampare il viandante e lo fa cadere, con conseguenze più o meno gravi; Gesù la usa in senso morale, per designare quelle parole e quei comportamenti che inducono i “piccoli” a cadere in peccato, di qualunque genere sia. Chi ne fosse la causa ne porta tutta la responsabilità, con conseguenze gravissime: il divino Maestro lo proclama con parole tra le sue più severe, che non richiedono commento ma solo un risveglio del senso di responsabilità: “Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare”.

 

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