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TESTO Chi è il più grande

mons. Roberto Brunelli

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (20/09/2009)

Vangelo: Mc 9,30-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 9,30-37

30Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». 32Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

33Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». 34Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37«Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Ancora, come nel passo letto domenica scorsa, troviamo oggi Gesù intento a istruire gli apostoli, in particolare preparandoli agli eventi prossimi, così diversi da quelli che essi si attendevano dal Messia. Eccolo allora ribadire che lui, “il Figlio dell’uomo, viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà”. Tuttavia, la greve umanità di coloro che pure lui stesso ha scelto come primi collaboratori insiste nell’aggrapparsi all’opinione corrente di un Messia politico, il quale, cacciati i Romani occupanti, restaurerà l’antico regno d’Israele, indipendente e glorioso come quello di Davide e Salomone. Sono così radicati in questa prospettiva, che invece di badare alle parole del Messia discutono tra loro su chi sia il più grande, e dunque a chi di loro, nel futuro regno, toccherà il posto più importante.

Pazientemente Gesù torna a spiegare e, come usavano fare gli antichi profeti, accompagna le sue parole con un gesto esemplificativo. . I bambini allora erano privi di rilevanza giuridica e sociale; perciò un bambino si prestava ad essere il simbolo degli emarginati, dei tanti che “non contano”. In quel bambino, Gesù li abbraccia tutti, e invita a fare altrettanto. Quale cambio di prospettiva! Il più grande è chi serve, chi accoglie nella propria mente e nel proprio cuore anzitutto quanti non godono di privilegi, quanti nella società stanno un passo (o due, o tre, e spesso di più) dietro agli altri. Nel mondo nuovo che Gesù instaura, l’importanza di una persona non si misura dal suo potere, dal suo danaro, dal suo successo, ma dalla disponibilità, dall’impegno a fare giustizia, ad alleviare le condizioni dei meno fortunati.

Così ha fatto lui, e dopo di lui una schiera di uomini e donne che hanno cercato di imitarlo. In virtù del loro impegno, questo rivoluzionario principio in duemila anni ha cambiato il mondo; oggi formalmente tutti, e non solo i cristiani, condannano certi atteggiamenti e criteri di vita che un tempo erano ritenuti normali (la discriminazione delle donne, la pedofilia, la schiavitù, il dispotismo eccetera); almeno a parole, oggi tutti riconoscono che la fame nel mondo è frutto di un’ingiustizia da sanare, ed è pacifico che chi è investito di autorità non dovrebbe operare per l’utile proprio ma per il bene comune. Insomma, sull’antico criterio dello sfruttare gli altri a proprio vantaggio (o, quando andava bene, dell’indifferenza per le condizioni altrui) oggi trionfa il criterio prettamente cristiano del servire. Trionfa negli enunciati delle leggi e nelle dichiarazioni pubbliche; se però si guarda ai fatti, si rischia di deprimersi costatando la loro difformità rispetto ai principi.

Ne deriva l’impegno, per ogni uomo che si riconosca tale, ad adeguare il proprio comportamento ai principi che un’onesta intelligenza riconosce giusti. E ciò vale in prima linea per la Chiesa, che da sempre proclama l’autorità come servizio (la sua massima autorità, il papa, porta ufficialmente il titolo di “servo dei servi di Dio”) e prevede figure a ciò specificamente deputate (in proposito, ieri nella basilica di Sant’Andrea il vescovo ha ordinato i primi diaconi permanenti: e compito proprio del diacono è proprio il servire). L’impegno vale però anche per i singoli cristiani, se vogliono ritenersi seguaci del Figlio di Dio, il quale è venuto tra noi, come ha dichiarato lui stesso (Vangelo secondo Marco 10,45), non per essere servito ma per servire. Sino a dare la vita.

 

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