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TESTO Chi perderà la propria vita per me e per il Vangelo, la salverà

don Roberto Rossi   Parrocchia Regina Pacis

XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (13/09/2009)

Vangelo: Mc 8,27-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 8,27-35

27Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». 28Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». 29Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». 30E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.

31E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. 32Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. 33Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

34Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.

Pietro: il suo fervore e i suoi scoraggiamenti, la sua fede e la sua paura,

il suo attaccamento a Cristo e il rinnegamento, la sua decisione di seguire

il Signore e la fatica ad accettare la croce. Nel vangelo di oggi, prima ha

ri­conosciuto che Gesù è il Cristo, l'Atteso, l'Inviato di Dio. E poco do­po

Gesù lo chiama «satana». Ma perché Gesù riserva parole così du­re a colui

che aveva dichiarato esplicitamente la sua fede in lui?

Forse, perché a lui, Gesù, non basta essere identificato come il Mes­sia, il

Figlio di Dio. È ben altro quello che cerca. Cerca persone dispo­ste a

condividere la sua stessa esperienza di morte e di risurrezione, cer­ca

discepoli pronti a prendere la loro croce e a seguirlo per una strada

angusta che passa attraverso il Calvario e giunge alla dome­nica della

risurrezione. E, allora non vi è nulla di più pericoloso che di­chiarare la

propria fede nel Cristo e poi cercare di piegare i suoi progetti alla nostra

volontà.

Come può piacere la croce? Come spiegare una realtà che sem­bra in sé del

tutto contraddittoria: che bisogna morire per risorgere, che bisogna perdere

la vita per salvarla, che bisogna spezzarla per ri­trovarla intatta?

Umanamente non è possibile fornire alcuna prova: è questione di fiducia. E

la difficoltà sta proprio lì: nel mettere la pro­pria vita nelle mani di un

Altro, Dio, rinunciando a fame quello che vogliamo noi. Rinunciando a

spiegarsi tutto. Rinunciando a cercare di difendersi da quella sofferenza a

cui Gesù ci chiede di andare in­contro.

Qualcuno prende la croce come una tegola che cade giù dal cie­lo e.... Ma

la croce di Gesù è frutto di una scelta: una fedeltà vissuta fino in fondo,

a costo di morire, a costo di finir male. E questa fedeltà è troppo esigente

per poggiare solo sulle forze esili di un uomo o di una donna. In effetti

resiste unicamente quan­do poggia su Dio, sulla certezza che lui non

abbandona mai e che un giorno proprio quello che, agli occhi di tutti,

sembrava un fallito, uno che aveva sbagliato tutto, un ingenuo, si rivelerà

invece aver scelto l'unica strada possibile per «salvare» la propria

esistenza e quella de­gli altri.

Queste saranno le sorprese che ci attendono «di là», quando po­tremo

finalmente vedere il diritto di questa storia, che ci siamo arro­vellati ad

interpretare dal rovescio. E allora anche i nodi avranno un senso. Mentre

certi particolari che avevano atti­rato a lungo la nostra ammirazione, ci

sembreranno un nulla in confronto al disegno che potremo contemplare in

tutta la sua bel­lezza.

Il Signore ci ha dato il senso vero della vita e delle scelte che siamo
invitati a fare.

 

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