TESTO E' Paradiso aprendo il cuore all'amore
Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (06/06/1999)
Vangelo: Gv 6,51-58

«51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
"Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo" (Gv 6, 51).
Nella affermazione solenne di Gesù c'è una verità che non ammette discussioni. Lui "è il pane vivo disceso dal cielo": mangiarne è vivere per sempre, la sua carne è la sola vita del mondo. Abbiamo ascoltato tutti una infinità di discorsi in questi giorni sulle proposte che ci vengono offerte per una migliore vita qui.
Proposte che si concludevano sempre in progetti di migliorare la vita di tutti. E' già difficile sapere o definire cosa voglia veramente dire "migliorare" la vita per una persona. Ancora più difficile affermare "per tutti".
Se per vita intendiamo pane, lavoro, ricchezza, potremmo rispondere che quasi tutti oggi in Italia hanno un pezzo di pane, un lavoro, una casa e tante altre cose che hanno fatto gridare allo stupore di essere "ricchi".
Tanto che un giornalista ha scritto che noi italiani facciamo fatica a "vivere da ricchi".
Forse ricchi sì, ma siamo migliori? E se migliori, siamo più felici? O ci troviamo con troppe infelicità addosso che fanno discutere su questa "proclamata" ricchezza? E' "vera ricchezza dell'uomo" quella che possediamo?
Ed in secondo luogo: c'è veramente un "migliorare" per tutti? Quanta gente ho attorno a me che vive una povertà che non appare più sui giornali perché non si vuole si conosca. Ogni volta che nelle nostre città nasce una via che esprime ricchezza, la prima cosa di cui ci si preoccupa è che quella via non sia luogo di sosta per chi ricco non è.
Gesù era sempre circondato dalla povera gente, da chi aveva veramente sete di Uno che dicesse parole di speranza, che desse un volto alla vita, che fosse verità e felicità: Lui percepiva perfettamente la voce dell'uomo che si faceva preghiera d'amore, di felicità., di libertà, di pace. La voce degli uomini il più delle volte è confusa: non sa cosa dire; come esprimere la profondità dei suoi desideri. E Gesù li prende per mano; partendo dalle cose semplici, quelle che si capiscono di più. Anzi incominciando a raccontare il suo amore dalle realtà più vicine, quelle che più si sentono: come il bisogno del pane.
Così era partito dalla fame di una folla che Lo stava ascoltando, moltiplicando i pani. Quella moltiplicazione voleva essere solo un punto di partenza per un discorso pieno all'uomo e per l'uomo. Gli uomini prima fecero fatica a capirlo, poi di fronte alla durezza del discorso, molti di quelli che Lo seguivano se ne andarono e non tornarono da Lui.
Non poteva Dio fermarsi al "pane che nutre il corpo" nell'amare l'uomo? Sarebbe stato un tradire la grandezza di chi aveva creato a sua immagine e somiglianza, fatto per condividere amore e felicità eterna. E sarebbe stato mostrare un amore ben misero anche da parte Sua. Dio ama l'uomo alla grande, alla Sua maniera. Gli offre una vita "in grande", la vita eterna; gli prospetta una felicità senza confini: come la Sua. Ma tutto questo non può essere racchiuso nella povertà del pane, della casa, dello stesso denaro. Ed ecco la proposta sconvolgente, degna di Lui, che Dio fa e dell'uomo che è chiamato a riceverla. "Prendete e mangiate – dirà Gesù spezzando il pane ed offrendolo agli Apostoli –, questo è il mio Corpo dato per voi".
Da quel momento quel "pane spezzato" è come una pioggia ininterrotta sul mondo. Impossibile contare le S. Messe che vengono celebrate ogni minuto. Ancora più impossibile contare le persone che si accostano a quella Mensa celeste, vivendo la beatitudine del "vivere della vita di Dio". "Beati gli invitati alla mensa del Signore". Una moltitudine impressionante. E la vita di Dio che si offre agli uomini appare un fiume che dà vita al mondo. E' proprio bello pensare per un momento a questa scena davvero celeste, come fosse il Regno di Dio su questa terra: ossia la continua, incalcolabile tavola a cui si siedono milioni di uomini per cibarsi di Dio.
Non solo fa sentire che l'umanità si fa sempre più famiglia, ma è una umanità nutrita da Dio, con una immensa speranza. Una incessante offerta per tutti ad uscire dalla meschina ed infelice visione di cose che immiseriscono l'uomo per entrare nella gioia del banchetto del Cielo.
Ancora una volta oggi Gesù passerà per le vie dei nostri paesi, sicuramente guardando a tutto ciò che è "nostro"; forse con la stessa compassione che provava di fronte alle folle del suo tempo. Noi vorremmo dirGli con la preghiera, con il nostro grazie, di illuminare la vita di tutti. Vorremmo pregarLo di fare capire a ciascuno che il "suo discorso" è forse duro per la nostra stoltezza che continua a credere in cio che non deve credere; ma è un discorso che si fa paradiso quando si apre il cuore all'amore.
E' già grande gioia dire ad un amico, ad una persona che si ama: "tu sei la mia vita": ma diventa felicità senza fine avere la grazia di poter gridare e cantare: "Tu, Gesù, sei la mia vita, altro io non ho". Ne sentiamo veramente bisogno tutti per uscire dalla tristezza che serpeggia ovunque. Più che mai sentiamo il bisogno che le nostre case, le nostre anime, i nostri paesi, il mondo intero vengano accarezzati da una luce che non conosce limite e tramonto. Come quella che Gesù ci offre dandoci Se stesso come cibo.