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TESTO Perchè nessuno sia mai trascurato

mons. Antonio Riboldi

V Domenica di Pasqua (Anno A) (02/05/1999)

Vangelo: Gv 14,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,1-12

1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».

5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.

Siamo ai primi passi della Chiesa che inizia proprio da Gerusalemme, la città che era stata testimone dei grandi avvenimenti dell'amore di Dio tra gli uomini e per gli uomini. Lì era stato crocifisso Gesù, il Messia, il Figlio di Dio. Lì il terzo giorno era risuscitato dai morti. Lì era salito al cielo, dove siede per sempre alla destra del Padre. E lì aveva inviato lo Spirito Santo che continuasse, negli Apostoli prima e nella Chiesa poi, la missione di salvezza di tutto il genere umano, come vuole il Padre, che ama talmente il mondo da non avere alcuna esitazione a mettere in gioco la vita del Figlio: come se la nostra salvezza, la salvezza del mondo fosse più importante della stessa vita del Figlio. E lì a Gerusalemme ha inizio il cammino della Chiesa nel mondo giunto fino a noi. Noi oggi, dobbiamo confessarlo con molta umiltà, abbiamo in parte persa la divina bellezza della Chiesa: questa si è come appannata e non certo per colpa di Dio, che continua a splendere in tutto il suo fulgore. Ma per colpa nostra. Quando le "cose di Dio" sono affidate a mani di uomo, queste inevitabilmente lasciano le loro impronte poco gloriose. E così tanta gente oggi, guardando più alle impronte degli uomini, che dovrebbero suscitare grande compassione, che alla grandezza dell'opera di Dio nella Chiesa, si allontanano, non trovano il perché o la gioia di essere intimamente parte di una "famiglia" che è veramente il Regno di Dio qui in terra.

Ma com'era a Gerusalemme la prima comunità dei credenti? Leggiamo la descrizione nel libro degli Atti per confrontarla poi con le nostre comunità: "Quelli che erano venuti alla fede erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e i prodigi e i segni avvenivano per opera degli Apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano in comune ogni bene: chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane in casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la stima di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che aveva salvati" (At 2, 42-48).

E' un quadro familiare, "un'icona" diremmo, che davvero dà della fede vissuta una visone "da altro mondo", il mondo di Dio. "Stare insieme e ascoltare con avidità la testimonianza degli Apostoli, che altro non facevano che raccontare tutto quello che Gesù aveva fatto e detto, fino alla morte e resurrezione, ripetere quello che Lui aveva insegnato, come lo spezzare il pane, il volersi bene fino ad essere tutti in Lui e con Lui, non poteva che "farti sentire bene", un bene infinito dentro la Chiesa, al punto che niente interessava più ormai: e così vendevano tutto; tutto mettevano in comune, per vivere in comune il bene di Dio e degli uomini. "Un altro mondo": il Regno di Dio. Così bello che il popolo che vedeva tutto questo aveva grande ammirazione. Noi diremmo oggi: quello spirito non si sarebbe dovuto perdere mai: avrebbe dovuto giungere fino a noi e noi essere come loro.

Ma già da allora sorsero discussioni: "Perché venivano trascurate le loro vedove nella distribuzione quotidiana dei beni". Ed era naturale che qualcosa non filasse più. Erano cresciuti di numero e quindi di necessità: crescevano le difficoltà. Per questo gli Apostoli creano i servizi o diaconie: "Non è giusto che noi trascuriamo 1a Parola di Dio per il servizio delle mense. Cercate dunque, fratelli, tra di voi, sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo questo incarico, Noi invece ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola" (At 6, 1-5).

A volte anche noi vescovi, per non dire dei sacerdoti, ci sentiamo a disagio come successori degli Apostoli. Le comunità, anche se diciamo che sono in crisi, sono quasi sempre grandi e piene di "necessità", di tante necessità: dal sistemare materialmente una chiesa, a visitare gli ammalati, a soccorrere i poveri ecc. Ci sentiamo a volte sommersi dai bisogni che si affollano, come se 1e tante mani che si tendono volessero soffocarci. E giustamente sorge il malcontento. Perché non poter essere finalmente "liberi" per il ministero della parola e la preghiera? Perché non sorgono anche tra noi i diaconi, pieni di Spirito e di saggezza che amministrino la carità di Cristo, fino a fare rivivere il Regno dei Cieli tra di noi? Quante volte ci viene quasi voglia di piangere di fronte ai tanti problemi che non ci lasciano respiro, che devono essere risolti, come la cura dei poveri, e non saper come fare o dove trovare il tempo. Come sarebbe bello, evangelico, se "qualcuno" ci prestasse le sue mani, il suo cuore, così da lasciare libere le nostre mani per riempirle di Vangelo e preghiere per il popolo di Dio. Non dovremmo ancora lamentarci se le cose non vanno nelle nostre Chiese e la gente si allontana. In realtà, il vero problema è rifondare comunità dove tutti "diano una mano, ciascuno al suo posto", perché nessuno sia bisognoso. A questo lavoro tutti dobbiamo porre mano, noi pastori insieme con i laici.

 

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