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TESTO Un pane per la vita

don Romeo Maggioni  

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Vangelo: Gv 6,41-51 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

La vita è un cammino; ha un suo termine. Un termine o una méta? É decisivo saperlo. Il nulla o un aldilà? Dà un senso diverso al vivere.

Una vita che scavalchi la morte, questo è l’unico vero bisogno di noi uomini. Quello che produciamo noi è un pane che nutre fino alla morte. C’è un pane che nutre per l’eternità?

“Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno”. E' questione di vita o di morte, di vita per sempre o di morte per sempre.

Probabilmente Cristo non è un di più per anime pie, ..ma il caso serio per l’uomo che vuol salvare la pelle!

1) LA VITA

Elia, stufo di vivere - perché la vita è grama, anche la nostra - va in cerca di Dio, al monte Oreb, per trovare una risposta e una risorsa. “Alzati, mangia!”. Sembra non credere troppo al dono di Dio. Si rassegna a un destino sempre pensato ineluttabile: “Di nuovo si coricò”. Illusione - narcotico per deboli - è la promessa di Dio. Ma Dio insiste, nonostante l’indifferenza: “Alzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino”. Troppo più in là delle nostre risorse è la promessa di Dio. Incredibile credere alla vita quando tutti muoiono! “Noi ci saremmo accontentati di tre locali più servizi, mentre Dio ci prepara le eterne praterie del cielo”. “Con la forza di quel cibo camminò.. fino al monte di Dio, l’Oreb”. La vita non viene da noi ma da Dio, e a lui mira. Il senso della morte fisica alla fine è questo: farci toccare con mano la nostra insufficienza a raggiungere un traguardo di vita.

Conta allora non rinnegare la speranza, credere alla méta che ci attende, nutrendoci del cibo giusto! L’orgoglio del far da sé porta all’assurdo della vita, alla disperazione se si è lucidi, all’alienazione se non si pensa, alla rinuncia ad essere uomini. “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Bisogna alzare il capo e aspettarsi da un Altro il pane che dà la vita. Non c’è scelta. Resistere a Dio è sciocchezza; ideologismo.. non più di moda per persone libere! “Chi crede ha la vita eterna”. Diceva Paolo: “Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo solo per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti” (1Cor 15,19-20). La nostra speranza si appoggia su un fatto: uno che ha cercato la vita in Dio e l’ha ottenuta. E’, per me come per Paolo, l’unica medicina che risolve il problema della morte.

Da Dio. Oggi Gesù è esplicito: “Io sono il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia”. La vita è in Dio, e viene da lui anche la nostra, per il tramite di Gesù per il quale “tutto è stato fatto” (Gv 1,3). “Come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso” (Gv 5,26). Si tratta solo di attingerla da lui, ora, e nella forma da lui stabilita che è l’Eucaristia: “Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me” (Gv 6,57). Crederlo venuto da Dio è però frutto della fede, cioè è già dono di Dio. “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato. E’ scritto nei profeti: Tutti saranno istruiti da Dio”.

2) IL PANE

Prodigio impensabile è il segno compiuto da Gesù nell’Ultima Cena, che ricorda, contiene e comunica la sua Persona nell’atto di offrirsi come redentore: “Fate questo in memoria di me. Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga” (Epist.). L’Eucaristia è il tesoro più grande della Chiesa, la fonte e il vertice della sua esistenza e della sua azione. Colui che era disceso dal cielo per prendere carne tra noi, un giorno decise di scavalcare anche il tempo per essere contemporaneo ad ogni generazione di credenti; la messa è, ora e qui, il suo sacrificio, la sua parola, il suo nutrimento per noi, e la caparra di un medesimo destino di glorificazione poiché mangiamo di un corpo risorto: “Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.

Questo pane è la forza che fa giungere alla meta, ben più efficace del cibo di Elia e della manna: “I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia”. Anzi: “Io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Ecco: mangiare! Certamente a Cristo ci si congiunge con la fede; ma lui stesso ha voluto quasi in un modo fisico venire a “toccarci”, a penetrare nella nostra vita per affiancare la nostra libertà, guarirla e guidarla. Proprio con lui ci uniamo nella comunione a messa: “Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?” (1Cor 10,16).

Paolo prosegue: “Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane” (1Cor 10,17). L’Eucaristia fa la Chiesa; essa è esattamente l’insieme di quanti si nutrono di Cristo e divengono membra dell’unico suo corpo, il Christus totus, come dice sant’Agostino. Si passa così dal corpo sacramentale al corpo ecclesiale mediante il divenire eucaristico. Dice il Canone III: “A noi, che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio, dona la pienezza dello Spirito Santo perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito”. E dall’Eucaristia, la carità, perché ci si nutre di colui che dà la vita per noi uomini. L’amore di Dio storicamente rivelatosi in croce, si rende presente a noi sacramentalmente nella Messa, perché si espanda esistenzialmente nella vita donata del cristiano. Cristo è sacramento del Padre, la Chiesa è sacramento di Cristo.

“Non mormorate tra voi”. Dicevano questi: “Ma costui non è il figlio di Giuseppe?”: come credere che Dio si faccia vivo in carne ed ossa? Più tardi diranno: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?” (Gv 6,52). Ben più difficile credere al miracolo della sua presenza entro le specie eucaristiche. Ma nessuno avrebbe potuto inventare simili cose - che sfiorano l’inverosimile - se non la fantasia potente di Dio! Il che è prova della verità della cosa.

 

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