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TESTO Se tu conoscessi il dono di Dio!

mons. Antonio Riboldi

III Domenica di Quaresima (Anno A) (07/03/1999)

Vangelo: Gv 4,5-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 5giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.

31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Il racconto dell'incontro di Gesù con la Samaritana, accanto al pozzo di Giacobbe, che Giovanni presenta con particolari quasi da cronista, per non farsi sfuggire neppure una briciola della bellezza che contiene, è una perla del Vangelo e va bene per il nostro cammino quaresimale verso la Pasqua.

Lei, una donna samaritana, appartenente a una razza eretica, e quindi maledetta ai suoi tempi e per di più una donna, notoriamente peccatrice. Ce n'è abbastanza per farci vedere in lei tutti i pezzi di stracci che volano per aria e che sono le storie delle nostre debolezze e peccati. Va ad attingere acqua, e l'unica sorgente era quel pozzo posto nell'aperta campagna. La possiamo tranquillamente immaginare, tutta presa dai suoi pensieri, forse dalle sue preoccupazioni; o forse addirittura a percorrere, nauseata, le vie della sua vita di donna che si doveva vendere al piacere dell'uomo. Una donna che forse avrebbe voluto un'altra vita e si trovava tra le mani quella vita, che aveva il sapore dell'acqua amara delle cisterne screpolate.

Lui, Gesù, stanco del viaggio attraverso la Samarìa, ha sete. Si ferma vicino al pozzo anche lui, la sorgente di acqua viva.

Non bada a differenze sociali, a divisioni etniche o altro: fa finta di non accorgersi di trovarsi di fronte a una donna e per di più samaritana e peccatrice pubblica. Era una donna bisognosa d'acqua e basta. E la provoca, chiedendole da bere. A lui bastava poco per dissetarsi. A quella donna, con molta affabilità, senza alcun pregiudizio, veniva chiesto tanto poco: una coppa d'acqua; un gesto di bontà; un piccolo dono.

Incredibilmente la donna mostra astio, arroganza, quasi dimenticando la sua naturale tenerezza di donna che, di fronte al bisogno dell'uomo, si fa madre. Era l'amarezza che occupava il primo posto.

E Gesù, a questo punto si fa Messia, ossia mano tesa del Padre che non guarda in faccia alle nostre malvagità, ma vuole liberarci da esse. "Non sono venuto per giudicare, ma per salvare" dirà Gesù. "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice "dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva" (Gv 4,1-25).

E la donna, quasi a schermirsi da questa mano che le viene tesa: "Non hai neppure un mezzo per attingere acqua, da dove prendi quest'acqua viva?"

E' facile immaginare, a questo punto, come lo sguardo di Gesù entri profondamente in quello della donna, come un fascio di luce, quella vera, quella che si fa strada tra le pieghe malate dell'anima e sfoglia a una a una le pagine di una storia tutta sbagliata, mettendole sotto gli occhi il profondo male; pagine che cadono a una a una come dannose squame che impediscono la vista. La Samaritana è una donna che si lascia come processare da un cuore che non ha astio, ne voglia di condanne, ma solo il desiderio di salvare. A un certo momento in quella donna deve essere spirata aria di risurrezione, di vita nuova, di gioia infinita, come avviene sempre quando Dio riesce a mettere piede nel cuore dell'uomo che si lascia convertire a lui. Sentì in lei quella sorgente di acqua viva che ti disseta per sempre; nello stesso tempo era una sorgente che zampillava per la vita eterna. Tanto da lasciare la brocca e correre in città per annunziare alla gente, con la freschezza dell'evangelizzatore, quell'incontro, casuale agli occhi degli uomini, non a quelli di Dio che conosce i tempi e i momenti del suo incontro con noi.

Come vorremmo anche noi che oggi fosse il nostro "momento" per incontrare la grazia di Gesù, vicino a un pozzo qualunque; forse accanto ai pozzi di acqua avvelenata su cui ci avventiamo ogni giorno per dissetare la nostra sete di amore, di felicità, di santità o chissà di quale altra sete, forse innominabile. Quante volte ci sentiamo come "la cerva che anela per la sete"! E non ci vengono offerte o, forse, non cerchiamo noi stessi altro che cisterne avvelenate.

Ma oggi vien voglia di fare come Mosè; battere, nel nostro cammino nel deserto, sulla roccia dell'Oreb, quasi a provocare il Signore: "Sei in mezzo a noi si, o no?" E poi anche noi farci fissare negli occhi da Gesù; farci sfogliare la nostra vita, così com'è, senza vergogna; leggerla alla luce del suo sguardo che è solo amore; in altre parole farci amare da lui, fino a divenire, come la Samaritana, creature nuove con dentro di noi "una sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna".

La Quaresima che viviamo è proprio l'occasione di quest'incontro, di questa sosta con Gesù. Egli si fa trovare, se lo vogliamo; basta uscire "dalle nostre abitudini", "sedersi vicino al pozzo della sua parola e della preghiera" e poi... lasciare che lui ci ami. Senza alcuna paura di essere sanati. E' la sola sete che dovremmo avere tutti.

 

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