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TESTO Commento su Giovanni 6,60-69

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (23/08/2009)

Vangelo: Gv 6,60-69 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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60Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». 61Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? 63È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. 64Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».

66Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 67Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». 68Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

Giosuè dopo la morte di Mosè ha ricevuto da Jahve un’eredità non facile: condurre i figli d’Israele verso il paese che Dio ha concesso loro in eredità. Giosuè è un uomo pieno di Spirito e di saggezza, “poiché Mosè aveva posato le mani su di lui” (Dt 34,9), con un forte ascendente sul popolo, e riuscirà ad assolvere il suo compito.

Verso la fine della sua vita, prima che tutti si disperdano per occupare i territori, Giosuè indice una grande assemblea a Sichem, nello stesso luogo in cui Dio era apparso ad Abramo e gli aveva promesso una terra e una lunga discendenza. Al popolo, ai capi ed agli ispettori, egli rivolge un discorso duro. Chi volete servire – chiede loro – Jahve o altri dei? Se scegliete Jahve sappiate che egli è un Dio geloso il quale, dopo avervi beneficato, non perdonerà il vostro tradimento. Egli vuole essere servito con sincerità ed integrità...«Ora, dunque, temete il Signore e servitelo con integrità e fedeltà. Eliminate gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume e in Egitto e servite il Signore. Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore» (Gs 24,14-15)
A Sichem, il popolo stringe un patto di fedeltà al Signore.

Passano lunghi anni. In mezzo, vicende liete e tragiche, tempi di guerre e stagioni di pace. Cambia la scena. Gesù stringe con il suo popolo un altro patto. Non solo più con il popolo d’Israele, ma con tutti i popoli della terra.

Siamo nella Sinagoga di Cafarnao e il Maestro ha appena pronunciato un altro discorso: Nessuno ha veduto il Padre eccetto colui che viene da Dio. Chi crede ha (“ha”, non “avrà”) la vita eterna. E offre se stesso come pane della vita. Molti dei suoi discepoli, dopo averlo ascoltato, dicono: Questo linguaggio è duro. Chi lo può capire?

È vero: si tratta di un discorso duro, proprio come quello di Giosuè. Lo è anche nel nostro rapporto di coppia. Perché?

Anche ai tempi di Giosuè, così come in quelli di Gesù, e come per noi oggi, chi ascolta un discorso è istintivamente portato a cercare conferme alla propria verità. Vogliamo ascoltare ciò che ci piace sentirci dire. Applaudiamo con enfasi coloro che la pensano come noi e che non ci obbligano a modificare i nostri comportamenti. Questo è il nostro impianto ideologico, e le ideologie non sono state per nulla abbattute. Permangono soprattutto le nostre piccole ideologie personali perché ci danno sicurezza, ci consentono di sterilizzare le novità, di stare nel nostro nido caldo e confortevole, non mettono a soqquadro le nostre certezze. Abbiamo la tendenza a dividere gli altri tra “in” e “out”, tra “amici” e “nemici”: con i primi instauriamo rapporti di vicinanza, talvolta di clientela, spesso collusivi; con gli altri ... è guerra, e non solo metaforica. Tutto questo è inevitabile, quando agiamo “secondo la carne”. Lo è nello stesso rapporto di coppia. Spesso al centro non c’è lui o lei, ma il proprio “io”. Mettiamo noi, non l’altro, al primo posto.

Eppure come coppia – anche senza etichette – abbiamo una responsabilità enorme, come ci dice Paolo nella seconda lettura. Lasciamo perdere i dettagli. Paolo era figlio del suo tempo, come noi del resto. Non c’è pericolo più grande che leggere la Parola di Dio in senso letterale, integralistico. Paolo viveva in una società maschilista (ma resta da dimostrare che oggi questo pericolo sia scomparso, come dimostrano recenti episodi di sfruttamento femminile...). È certo che oggi il marito non è il capo della moglie; è certo che oggi la moglie non deve essere sottomessa al marito... È fuori discussione, e non sarà certo Paolo a farci cambiare idea. Ma se ci fermiamo a questo nel messaggio di Paolo rischiamo di perdere l’essenziale. Marito e moglie si amano – si devono amare – come Cristo ama la Chiesa e la rende santa e immacolata. Non solo, ma l’amore di una coppia, di un uomo e di una donna, assurge a simbolo dell’amore di Gesù per la sua comunità. E allora non ha neppure più senso dire chi comanda e chi sta sottomesso, chi è il capo, perché nell’amore c’è solo dono.

Sì, è un discorso duro anche questo... Ma Gesù ci dice: “Soltanto lo Spirito di Dio dà la vita, l’uomo da solo non può far nulla. Le parole che vi ho detto hanno la vita perché vengono dallo Spirito di Dio...” (Gv 6,63-64).

Gesù ascolta lo Spirito; semplificando, la propria coscienza. La coscienza è una componente molto scomoda della nostra esistenza, se potessimo ne faremmo volentieri a meno. Gesù però non scende mai a patti con essa. Adegua il suo comportamento alle esigenze concrete degli altri. Al loro “qui” e “ora”. Si tratta di una grande lezione per la coppia: mettere al centro l’altro e la sua libertà.

Come Gesù, il cristiano non è dunque un “benpensante” che ragiona per ideologie. Che dice quelle cose che presume facciano piacere all’interlocutore. Rispetta la propria coscienza, operando in se stesso uno slittamento da una coscienza divisa ad una coscienza universale. Disposto a scendere in piazza per far valere i diritti dei più deboli, non collabora a modificare le leggi sulla base di interessi corporativi. In coppia, cresce con l’altro aspettandolo quando questi è in ritardo, fa con lui un chilometro di strada, quando gli viene richiesto di fare cento metri. Non rimuove le difficoltà, ma le affronta, senza temere “perdite”. Non ha paura di essere strumentalizzato. Si sente in fase di conversione continua, non pretende che siano prima gli altri a convertirsi. Questo sarebbe un ricatto, anche all’interno della coppia.

Sì, questo discorso è duro. Eppure è il progetto di Dio per noi.
L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
È in lui che gioisce il nostro cuore,
nel suo santo nome noi confidiamo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,

come da te noi speriamo. (Salmo 33, 20-22).

Traccia per la revisione di vita

1) Siamo disposti alla conversione, oppure il nostro cuore è ancora duro?

2) Sappiamo discernere l’impianto ideologico nei nostri pensieri?

3) Sappiamo distinguere la voce dello Spirito che ci parla? Siamo disposti a seguirla? Quale rapporto abbiamo con la nostra coscienza? Affrontiamo in coppia questi temi?

4) Come ci comportiamo nella vita di coppia e di famiglia di fronte a scelte difficili che ci interpellano? Troviamo alibi? Scegliamo la comodità o accettiamo il rischio?

5) Siamo disposti a lavorare nella nostra comunità affinché l’azione sia sempre improntata all’attenzione e alla fedeltà al reale?

 

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