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TESTO Custodia fedele

don Marco Pratesi  

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XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (30/08/2009)

Brano biblico: Dt 4,1-2.6-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 7,1-8.14-15.21-23

1Si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. 2Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate 3– i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi 4e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, 5quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».

6Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:

Questo popolo mi onora con le labbra,

ma il suo cuore è lontano da me.

7Invano mi rendono culto,

insegnando dottrine che sono precetti di uomini.

8Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».

14Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! 15Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro».

21Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, 22adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. 23Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

Il primo dei tre discorsi di Mosè in cui è strutturato il Deuteronomio (1,6-4,40) si articola in due parti: la prima (cc. 1-3) è una rievocazione storica di alcuni fatti dell'Esodo, dalla teofania del Sinai all'arrivo sul monte Pisga, alle porte della terra promessa, dove Mosè morirà; la seconda (c. 4) ne trae alcune conclusioni ed esorta alla fedeltà.

L'invito fondamentale del brano proposto è: ascolta e metti in pratica la legge di Dio, quale essa ti è consegnata nella tradizione di Israele. Nei confronti della legge devi mantenere un atteggiamento di cura scrupolosa, sia nel senso di osservarla, sia nel senso di lasciarla inalterata così come essa è stata tramandata, per tramandarla a tua volta alle generazioni successive (cf. 4,9-10). La cura della tradizione è così fondamentale in quanto essa è espressione della vicinanza unica che Dio ha voluto avere nei confronti di Israele. In essa risuona ancora la parola di Dio rivolta al popolo sull'Oreb (4,10.12.33.36). La custodia fedele è dunque la condizione per un possesso stabile della terra, ed è anche la condizione indispensabile perché il popolo possa salvarsi in periodi difficili, come quello dell'esilio (4,30-31).

Il brano ha tono sapienziale. C'è un insegnamento da apprendere e trasmettere (4,1.5.10.14), Mosè appare come maestro di sapienza, i capi del popolo sono guide sagge (1,13.15; 34,9) alle quali dare ascolto.

E' probabilmente il messaggio fondamentale del Deuteronomio, che troverà la sua più importante espressione nel celebre "Ascolta, Israele" (6,4-9). Il rapporto con Dio è totalizzante e comporta l'essere permanentemente protesi verso il Signore nell'ascolto obbediente e nella attenta custodia della sua Parola, concretizzata nelle sue "leggi e norme" (4,5). Il Giudaismo accentuerà questo aspetto, ritenendo assolutamente inseparabili i valori ispiratori della Torah dalle sue prescrizioni particolari. L'accentuazione posta sui comportamenti esteriori e la loro regolamentazione comporta innegabilmente il rischio del formalismo, denunziato già dai profeti. Il Cristianesimo prenderà la strada opposta, cogliere il centro, l'essenziale della volontà di Dio, così come è stata colta nell'esperienza di Gesù dalla prima chiesa che, non dimentichiamolo, era interamente formata da ebrei: l'amore per Dio e il prossimo (cf. Mt 22,38-39; Mc 12,30-31; Lc 10,27; Rm 13,9-10). Attorno a questo nucleo è nata una nuova Scrittura e una nuova tradizione, che si vuole non abolizione ma completezza dell'antica (cf. Mt 5,17), che richiede da parte nostra custodia attenta e costituisce la nostra identità davanti agli altri. Divenire cristiano significa entrare in questo grande movimento di tradizione che supera le generazioni e che realizza la stessa e unica fede nelle varie generazioni, richiedendo a un tempo fedeltà e creatività: fedeltà, perché la fede è una; creatività, perché essa domanda di essere incarnata nel mutare dei tempi e delle situazioni. Ortodossia e ortoprassi non sono mai da separare, tanto meno da contrapporre: si richiamano e si richiedono reciprocamente.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.

 

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