TESTO Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno
Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (02/06/2002)
Vangelo: Gv 6,51-58

«51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Festa del "Corpus Domini", festa del "Corpo e Sangue di Cristo", cioè della Persona di Gesù che nell'Eucaristia si rende presente e si comunica all'uomo credente.
Dio ha voluto come scavalcare lo spazio tra cielo e terra per rendersi presente visibilmente tra noi nell'uomo Gesù di Nazaret; ma poi ha voluto scavalcare anche il tempo per rendersi contemporaneo ad ogni uomo, vestendosi dei segni del pane e del vino. Noi cristiani crediamo che nell'Eucaristia è realmente e personalmente presente Gesù Cristo, con tutta la pienezza della sua opera messianica, e con la volontà di comunicarsi a noi come alimento e principio di comunione.
Che cosa ci comunica? Qual è il contenuto di questo dono? Studiamo bene oggi la parola del vangelo.
1) LA VITA ETERNA
Oggi Gesù è esplicito e categorico: "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno". Anzi: "In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia di questo pane vivrà in eterno".
La vita: questo è il problema! La vita che scavalchi la morte, questo è l'unico vero bisogno di noi uomini. Quello che produciamo noi è un pane che nutre fino alla morte; Cristo è il pane per l'eternità, la "medicina di immortalità" (sant'Ignazio d'Antiochia). E non si tratta di immortalità generica, ma di risurrezione della carne, di pienezza di vita in ogni sua dimensione: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno". Davanti alla tomba di Lazzaro Gesù l'aveva promesso: "Chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno" (Gv 11,26).
Questo avviene, perché la vita in senso pieno solo Lui ce l'ha: "Io sono la vita", ripeteva spesso Gesù. La fonte della vita è Dio, creatore di ogni cosa; ora questa vita l'ha data al Figlio: "Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso" (Gv 5,26); e dal Figlio raggiunge ogni altra creatura: "Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui" (Col 1,16-17). Per questo oggi Gesù dichiara: "Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me". Cioè per mezzo di me e in comunione con me, fonte e fine della esistenza di ogni uomo.
E' qui il primo punto da chiarire. Fare la comunione non è un lusso per pie anime sentimentali che sentono più di altre calore per Gesù; ma è questione di vita o di morte, di vita per sempre o di morte per sempre. Non è da noi la vita, è da Dio. E il senso della morte fisica alla fine è questo: farci toccare con mano la nostra insufficienza. La prima lettura oggi rievoca l'esperienza di precarietà provata da Israele nel deserto dove Dio lo educava a sentire di dover dipendere da Lui per la sopravvivenza. "Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore".
In mezzo al benessere di oggi, e all'orgoglio della nostra capacità tecnologica, è facile pensare che ci si possa saziare del nostro consumismo, disprezzando Dio e il suo dono; l'invito è a "Non dimenticare il Signore tuo Dio...", l'unico che ti potrà condurre alla pienezza di vita; e a invocare con umiltà: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano".
2) LA COMUNIONE CON DIO
Ciò che caratterizzerà - nella forma di un possesso pieno - quella vita eterna, è la comunione con Dio, la partecipazione alla sua stessa vita intima nella Trinità. Gesù espresse un giorno così tutto il sogno di Dio sull'uomo: "Che tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola" (Gv 17,21).
Quella comunione oggi ci è anticipata, quel rapporto personale con Dio oggi è reso possibile proprio tramite un singolare rapporto d'intimità con Gesù nell'Eucaristia: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui". Altrove Gesù aveva usato un'altra immagine: "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto" (Gv 15,5). Il cuore del credente diviene allora luogo della dimora di Dio, fonte quindi della sua serenità e della sua forza: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23).
A noi è richiesta la fede, l'accettazione cioè di Gesù come "il pane vivo disceso dal cielo". Accettare Gesù come proveniente da Dio, come l'unico autorizzato tramite per la scoperta e la comunione con Dio, ecco tutta la nostra fortuna (o salvezza): "Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Gv17,3). E quando si chiedeva a Gesù: Che cosa dobbiamo fare per salvarci?, rispondeva: "Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato" (Gv 6,29). "Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna; e il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo" (Gv 6,27.32). "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete" (Gv 6,35).
Ma assieme alla fede c'è qualcosa di più da fare: mangiare! Nel breve brano di oggi è ripetuto ben otto volte. Cristo ha voluto comunicarsi attraverso un segno, un gesto rituale, che esprimesse da parte nostra il bisogno di fame e amicizia che abbiamo di Lui. Ce lo richiama san Paolo oggi: "Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?". Alla fede c'è da aggiungere il sacramento, qualcosa come un legame fisico - pur nella simbologia del rito - che ci mette in contatto con la persona reale di Gesù. Fare la comunione è il modo più pieno per il contatto con Dio - non senza la fede, ma ben di più della fede. E' l'opera di Dio che ci assimila a Sé, più che la nostra buona volontà; è nutrendoci di Lui che ci divinizza!
Cediamo alle invenzioni di Dio per prenderci il cuore, fino un giorno a poter dire come Paolo: "Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Gal 2,20).
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Abbiamo ancora una parola da sottolineare: "Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo". L'Eucaristia ha anche un aspetto sociale decisivo. Scrive oggi san Paolo: "Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane". L'Eucaristia fa la Chiesa, raduna gli uomini in unità tra loro unendoli tutti allo stesso Dio. Si tratta di mangiare - cioè partecipare - al cuore di Uno che "ha dato la vita per i suoi amici", Cristo pane spezzato sulla croce per noi: come non ci si caricherà ogni volta più della sua carità e passione per l'uomo?
E' dall'Eucaristia che sgorga tutta la forza dell'amore gratuito, capace di essere il cemento d'unità del genere umano. Fare la comunione tutte le domeniche, o tutti i giorni, è l'unico antidoto a non far esplodere i nostri egoismi e le nostre violenze, che tanto dividono e amareggiano la vita. "Beati davvero gli invitati alla cena del Signore"!