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TESTO Il pane di Cristo ci dà la vera vita

padre Antonio Rungi

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XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (16/08/2009)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,51-58

51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Celebriamo oggi la XX domenica del tempo ordinario e il vangelo ritorna sul discorso del pane di vita che Gesù fa di se stesso e che cerca di far capire ai suoi discepoli nella sua giusta portata religiosa, spirituale e soprannaturale. Che il discorso giovanneo sul pane di vita sia centrale in tutto il quarto vangelo lo si comprende alla luce della liturgia della parola di Dio di queste domeniche estive dedicata proprio a questo. L’importanza di tale discorso è data dal fatto che Gesù rivendica giustamente a se stesso la funzione di guidare il popolo di Israele alla salvezza eterna e farlo con la coerenza di chi, cosciente della sua missione, è in mezzo al popolo di Dio come inviato, come atteso messia, come il vero liberatore, come il nutrimento dell’esistenza che non si consuma in un momento o in un tempo limitato. La manna ricevuta quale dono di Dio, per Israele è un aiuto temporaneo, anche se importante e prefigurazione di quanto avverrà. Gesù Cristo sarà il pane vero quello che estingue la vera e profonda fame di felicità e di eternità nel cuore dell’uomo. Accettare questo pane, riconoscerlo e poi alimentarsi di esso significa per il vero credente, ritagliarsi le porte del paradiso fin da questo mondo. Sappiamo infatti nella fede come questo Cristo-Pane si sia fatto cibo per noi e bevanda nel momento in cui Cristo stesso istituiva il sacramento dell’eucaristia nell’ultima cena ed affidava alla chiesa la celebrazione di questo memoriale fin alla sua definitiva venuta sulla terra.

Cogliere i vari significati e passaggi del discorso del pane di vita che oggi nuovamente Gesù ci propone nella celebrazione eucaristica di questa domenica nel cuore dell’estate 2009, è andare alla sorgente della vera ed eterna alimentazione che soddisfa tutte le esigenze interiori dell’uomo. Possiamo ben dire che questo pane che riceviamo è una credenziale per l’eternità, è un investimento certo per il vero futuro è una porta aperta alla vera felicità. Basta sperimentare ogni domenica ed ogni giorno tutto questo con il ricevere la Santissima Eucaristia ben disposti interiormente, purificati dalla condotta malvagia e dalla perversione del nostro cuore e ci rendiamo esattamente conto di quanto Cristo abbia ragione nel parlare dell’utilità di questo pane unico, che non è a buon mercato, né calmierizzato da qualcuno per mantenere sul mercato della storia il prezzo più idoneo; ma è un pane che richiede un’attenta selezione e chi decide di mangiarlo deve fare scelte radicali e coerenti ed avere dentro di sé la certezza di una vita eterna, che va costruita nel tempo.

Giustamente San Paolo Apostolo, nella seconda lettura di oggi, ci richiama ai nostri fondamentali doveri e compiti di essere degni del nome di cristiani che portiamo. Egli scrive agli Efesini, ma si rivolge anche a noi cristiani del XXI secolo, non diversi, anzi peggiori per molti versi, rispetto ai cristiani del tempo di Paolo, tempo della prima evangelizzazione, tempo di forte contrasto al paganesimo imperante, come d’altra parte è ai nostri giorni. Potremmo ricavare da queste regole di comportamento una serie di denunzie e vizi di oggi: essere saggi e non stolti; utilizzare bene il tempo; valutare con saggezza il tempo presente che è cattivo; non essere sconsiderati; non ubriacarsi di vino che fa perdere il controllo di se stesso e si sa quanto questo è vero in famiglia, nella società o alla guida degli autoveicoli; fare della propria vita un canto di lode a Dio, ed altre raccomandazione del genere come un buon padre di famiglia che vuole il bene dei suoi figli. Tutto questo comportamento etico ed equilibrato deve far necessariamente ricorso a quella sapienza del cuore, senza la quale è impossibile pensare, progettare e realizzare il bene. Quella sapienza che ci viene dall’alto e che dobbiamo chiedere giorno per giorno al Signore soprattutto quando i tempi si fanno più duri e difficili come quelli che stiamo vivendo attualmente.

Il testo della prima lettura di oggi, tratto dal libro dei Proverbi parla proprio di questo fondamentale atteggiamento del cuore e della vita di un credente rispetto alla vita che scorre nel tempo. Il forte appello alla conversione, al cambiamento di rotta ad abbandonare l’inesperienza ed aprire la mente ed il cuore all’intelligenza è un atto decisionale che bisogna assumersi davanti a Dio e alla propria coscienza quando sappiamo dove sta il bene e magari lo vorremmo pure fare e perseguire, ma poi ci lasciamo andare e continuiamo per la nostra strada di insipienza, di insensatezza. La Sapienza divina chiede oggi a chi è privo di senno di andare a cibarsi e a bere alle sorgenti della vera felicità che solo Dio può donare al cuore dell’uomo. Sia questa la nostra preghiera di oggi: “O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano, infondi in noi la dolcezza del tuo amore, perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio”. Amen.

 

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