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TESTO Commento su Marco 6,1-6

Omelie.org (bambini)  

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (05/07/2009)

Vangelo: Mc 6,1-6 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. 2Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? 3Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. 4Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. 6E si meravigliava della loro incredulità.

Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.

Dopo i tanti miracoli che il Vangelo ci ha raccontato nelle scorse settimane, oggi il racconto dell’evangelista Marco ci presenta una situazione davvero strana: Gesù che torna a Nazareth e lì, praticamente, non può operare miracoli. Come mai? Cerchiamo di scoprirlo rileggendo insieme, passo passo, la pagina del Vangelo di oggi.

“Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.”

Ormai il Rabbi di Nazareth manca da parecchio tempo dal suo paese e sceglie di ritornare, per rivedere la sua famiglia, per respirare l’aria di casa. Sicuramente è un momento che ha atteso e desiderato: finalmente sente il profumo della sua infanzia, riconosce le case, i volti delle persone che lo hanno visto crescere. Tra la gente che incontra ci sono i suoi vecchi compagni di scuola, i vicini di casa, le donne che vanno a fare il bucato alla fontana insieme a Maria, i clienti che si fermano nella bottega di Giuseppe... C’è tutto il piccolo mondo in cui Gesù è cresciuto e chissà come gli fa piacere ritrovarlo!

È davvero una bella sensazione tornare a casa dopo qualche tempo! Penso l’avrete provata anche voi: basta solo pensare al ritorno da un breve viaggio o dalle vacanze estive: ci sembra che tutto abbia un aspetto familiare e insieme diverso, più nitido, più evidente. Ritroviamo i mobili della nostra camera, gli odori delle stanze, il panorama dalla finestra, i suoni giù in strada, i ritmi di prima... è come riguardare la nostra vita di sempre con occhi diversi. E assaporiamo soprattutto il senso di sicurezza che ci nasce dal sentirci finalmente a casa.

Penso che anche Gesù abbia provato queste sensazioni, ritornando a Nazareth insieme ai discepoli. Riprende i gesti di sempre e il sabato va anche nella sinagoga, come ha sempre fatto fin da bambino. Ma stavolta c’è qualcosa di diverso: “Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga.”

Stavolta il Maestro e Signore va nella sinagoga per insegnare. Non è più uno che ascolta semplicemente: ora è lui stesso un Rabbi, un maestro, che prende la parola per spiegare la Scrittura Sacra, per indicare come vivere secondo il cuore di Dio, per annunciare la Bella Notizia.

Questo cambiamento suscita subito molte reazioni tra i suoi compaesani: “E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.“

Secondo quello che ci dice l’evangelista Marco, ci sono due tipi di reazioni tra la gente di Nazareth che ascolta Gesù: stupore e scandalo.

Alcuni si stupiscono, si meravigliano: è lo stupore di chi non comprende perfettamente quello che sta avvenendo, ma ammira, benedice e loda Dio per ciò che accade. Sono quelli che si stupiscono per la sapienza che Gesù dimostra, per la profondità delle sue parole, per la saggezza del suo insegnamento: lo conoscono da sempre e hanno avuto l’impressione, fino ad ora, che fosse un tipo qualsiasi, uno come tanti, senza nulla di speciale. Sanno che non ha frequentato scuole speciali, che non ha fatto studi particolari sulla Scrittura Sacra, perciò sono veramente meravigliati nel vedere l’opera dello Spirito Santo che rende sapiente uno che è cresciuto lì a Nazareth, in mezzo a loro.

Ma c’è un’altra reazione, che riguarda il gruppo più numeroso, formato da chi si scandalizza. È lo stupore incredulo di chi è scettico, di chi dubita, di chi dice: è impossibile! Non può essere che quel Gesù lì, il figlio di Maria e Giuseppe, il ragazzino che ha corso per queste strade, che ha giocato a biglie in questi cortili, che si arrampicava sugli alberi insieme a tutti i suoi coetanei, ora sia diventato un Rabbi, un Maestro.

Non può essere che lui, proprio lui, che conosciamo da sempre, che abbiamo visto con le ginocchia sbucciate, ora possieda tutta questa sapienza!

Non può essere che questo Rabbi che compie miracoli ovunque, sia lo stesso che abbiamo visto bambino, quando gli cadevano i denti da latte e andava in giro con il sorriso a finestrelle!

No, proprio non può essere che un falegname, figlio di falegname, venga ad insegnare a noi! Ma chi si crede di essere! Non è ammissibile! Questo è un vero scandalo!

Guardate che questo è molto normale: facciamo sempre fatica a riconoscere lo straordinario che è presente intorno a noi!

Gesù durante tutta la sua infanzia e giovinezza a Nazareth, è stato uno tra i tanti, uno come tutti, senza distinguersi per nulla in particolare. Non si è fatto notare. Chi lo conosceva, gli voleva bene; chi andava nella bottega dove lavorava insieme a Giuseppe, scambiava volentieri qualche parola con lui... Ma certo nessuno aveva riconosciuto in lui il Figlio di Dio!

Perché non ci aspettiamo niente di speciale da chi abbiamo vicino, succede sempre così. Ricordo l’intervista che un giornalista italiano aveva fatto a una signora polacca, compagna di scuola di papa Giovanni Paolo II ai tempi del liceo. Lei raccontava di quando erano ragazzi, delle gite in montagna tutti insieme, degli spettacoli teatrali organizzati tra loro e spiegava: “Nessuno di noi pensava che Karol sarebbe un giorno diventato il Papa! Era un amico, semplicemente questo! Con cui parlare, dividere i panini e a cui fare anche gli scherzi!”

Figuriamoci se la gente di Nazareth avrebbe mai potuto immaginare che il ragazzetto agile che cresceva tra loro, sarebbe un giorno diventato un Rabbi! No, sembrava proprio impossibile!

E Gesù se ne rende conto perfettamente, per cui, davanti alle loro reazioni, commenta: “Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua”.

Il disprezzo è qualcosa di veramente molto triste: chi è disprezzato vuol dire che non è accolto, non è considerato, non è riconosciuto per quello che vale, non è stimato, è rifiutato...

Gesù sta dicendo che, dopo essere stato accolto in tante città, acclamato come Maestro e Profeta da chi non lo conosceva se non di vista, dopo aver ricevuto le lodi e l’applauso delle folle in tanti posti diversi, proprio nella sua città, proprio nella sua terra, viene rifiutato, preso in giro, ignorato.

Questo è triste certamente, e provoca anche una conseguenza che non ci aspetteremmo: “lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.“

Proprio così: senza la fede, Gesù non può compiere i miracoli. Certamente conserva la capacità di compiere i miracoli, ne è sempre capace, ma perché un prodigio avvenga, serve la fede nel cuore di chi è di fronte. Se manca la fede, nessun miracolo ha senso, nessun prodigio ha significato: diventerebbe una specie di gioco di prestigio, un gioco per meravigliare, ma non è per questo che Gesù compie i miracoli! Ogni guarigione, ogni segno grande compiuto dal Maestro e Signore, serve a mostrare l’amore del Padre Buono, serve a far assaggiare la vita eterna in Dio, dove non ci sarà più tristezza né malattia, serve ad accendere il desiderio di vivere secondo il cuore di Dio.

Ma se non c’è la fede, ogni miracolo sarebbe uno spettacolo affascinante e nulla di più.

Ecco perché, dopo aver calmato il vento e le onde durante la tempesta sul lago; dopo aver guarito la donna che gli ha toccato il mantello; dopo aver risuscitato la figlia di Giairo, ora il Rabbi, giunto nella sua Nazareth, non può operare miracoli: manca la fede.

Già domenica scorsa ci siamo fermati a riflettere sulla nostra fede, su come ci saremmo comportati noi al posto dei protagonisti della pagina del Vangelo; abbiamo chiesto allo Spirito Santo il dono di una fede come quella della donna malata o come la fede di Giairo.

Ora restiamo di nuovo in silenzio, un breve istante, ma sufficiente a chiederci se qualche volta non siamo come la gente di Nazareth che si rifiuta di riconoscere la presenza di Dio, lì in mezzo a loro. Chiediamoci se lasciamo il nostro cuore sempre aperto a riconoscere l’azione di Dio nella nostra vita e nella vita di chi ci è accanto. Chiediamoci se siamo capaci di stupirci con la meraviglia buona o se siamo di quelli che si scandalizzano facilmente. Chiediamo allo Spirito Santo di avere occhi e cuore aperto, per vedere e apprezzare tutte le meraviglie che il Signore Dio continua a compiere attorno a noi, ogni giorno, senza chiasso, senza rumore, ma nell’amore e nella verità.

Commento a cura di Daniela De Simeis

 

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