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TESTO Risorgeremo

mons. Antonio Riboldi

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (08/11/1998)

Vangelo: Lc 20,27-38 (forma breve: Lc 20,27.34-38) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 20,27-38

In quel tempo, 27si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: 28«Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32Da ultimo morì anche la donna. 33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 34Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Forma breve (Lc 20, 27.34-38):

In quel tempo, disse Gesù ad alcuni8 sadducèi, 27i quali dicono che non c’è risurrezione: 34«I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Credo che tutti abbiamo il cuore 'incollato' a quel fango che ha letteralmente sotterrato gran parte del Nicaragua ed ha messo in ginocchio intere popolazioni che forse si avviavano verso lo sviluppo. Un tremendo "schiaffo" della natura, ha messo a nudo la nostra debolezza e le tante nostre colpe verso di lei. Se ne discute da tanto tempo dei danni che noi 'gente di progresso' rechiamo alla natura. Ma pare che nessuno o pochi siano disposti a fare un uso corretto delle comodità, che sono il nostro progresso: come l'uso smodato della macchina, i frigoriferi, gli spray: o peggio ancora gli incendi dei boschi tante volte per speculazioni edilizie, indebolendo così le difese, desertificando la stessa terra: e potremmo continuare nell'elenco degli attentati alla natura.

E questa a suo tempo mette fuori il conto dei danni. E i danni sono sotto i nostri occhi, dalle frane, cicloni, fino all'ultimo terribile uragano Mitch nell'America Latina.

Non si possono cancellare facilmente dal cuore i fiumi di fango che abbiamo visto scorrere impetuosi, travolgendo uomini e cose. Come dimenticare quegli uomini e donne e bambini, appesi ai rami di alberi, presto inghiottiti dal fango? Avevano tanto il volto del Cristo crocifisso che poi scendeva nella tomba, il fango. Ora rimangono i tanti e tanti fratelli che lottano per la difficile sopravvivenza, che è affidata alla generosità di tutti noi, chiamati ad essere evangelicamente 'buoni samaritani' capaci di aiutarli fino a farli 'riportarli in vita'.

Ne saremo capaci? o preferiremo fare come 'il sacerdote ed il levita' della parabola evangelica, che 'passarono sulla stessa strada dell'uomo abbandonato semivivo dai briganti, ma lo scansarono passando dall'altra parte del sentiero. Eppure il semivivo occupava gran parte del sentiero. Bisognava davvero passare sopra i moribondi e con tranquillità di coscienza, indifferenti se chi abbiamo scansato poi sia morto'. Un morto sulla coscienza che lasciava tranquilli sacerdote e levita.
E quanti 'morti abbiamo sulla coscienza' senza saperlo.

Ora i fratelli del Nicaragua e in genere dell'America latina sono lì sul nostro cammino. Dobbiamo fermarci, avere compassione e prendere cura di loro se non vogliamo essere condannati ala fine della vita, nel giudizio che di noi Dio farà, che noi lo vogliamo, amici miei o non lo vogliamo.

Il Giudizio ci richiama, come ci richiama il Vangelo di oggi al dopo questa vita: ossia al momento della morte.. Ed è saggio pensarci un poco.

E la morte è il grande mistero che sta davanti a ciascuno di noi. Un mistero che non deve spaventare, ma solo suscitare responsabilità. In fondo la vita è un dono ricevuto che ha valore immenso. Un poco come la grande pepita d'oro ricoperta di tante pietre che ne nascondono la bellezza. Bisogna quella pepita metterla alla prova del fuoco – come è la nostra vita quaggiù – per scoprire la bellezza dell'ora, che è il dopo, la resurrezione.

Può darsi che qualcuno dei miei amici di Internet sentendo parlare di resurrezione dica quanto altri risposero a Paolo l'Apostolo, "Ti sentiremo un'altra volta". Come a dire: l'uomo non ha altro senso che quello di essere capitato qui, non si sa come e perché su questa terra; si sforza di passarsela il meglio possibile: e se è fortunato, di incontrare comodità, ricchezza e salute e poi quello che è polvere finisce in polvere. L'uomo insomma 'un qualcosa' che viene misteriosamente dal nulla, si nutre del nulla, vive di nulla e finisce nel nulla.

Ma è 'un suicidio' che pochi accettano: vivere come se non vivessimo. Ed allora tanti ma tanti si pongono la domanda: "che avverrà dopo la morte?"

Per il credente l'uomo non viene dal nulla: viene dal Cielo, dal cuore del Padre ed è destinato a tornare alla casa del Padre per partecipare all vita eterna. Questa che viviamo è quel pulirsi al fuoco della prova, per diventare oro brillante per il Regno dei cieli. E l'uomo rimarrà uomo con il suo corpo, come Gesù, dopo la Sua resurrezione. 'Se Cristo non fosse risorto – quindi se noi con Lui non risorgeremo – afferma Paolo, la nostra fede è vana" Ed io aggiungo: la nostra vita è la più tragica beffa.

Ed allora è vera speranza sapere che: "Come Cristo, in Lui tutti risorgeremo coi corpi di cui ora siamo rivestiti. "Sottolineo: risorgeremo con un corpo, perché l'uomo è tale perché creato con anima e corpo). Ma questo nostro corpo sarà trasfigurato in corpo glorioso, in corpo "spirituale" (S. Paolo Fil.3,21)"

Quando gli abitanti di Corinto chiedono a Paolo: "Come resuscitano i morti? con quale corpo verranno?" Paolo risponde con l'immagine del seme: "Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore: e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma è un semplice chicco di grano.. .Così anche la resurrezione dai morti: si semina corruttibile e si risorge incorruttibile: si semina debole e si risorge pieno di forza; ..E' necessario che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di. Immortalità" (1 Cor. 15,36-53).

E' la grande verità che qualifica tutto il mistero della nostra vita. Altro infatti è interpretare la vita alla luce della resurrezione. Altro al buio del 'nulla'.

 

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