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TESTO Ogni passaggio ha la sua tempesta

Marco Pedron  

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XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (21/06/2009)

Vangelo: Mc 4,35-41 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 4,35-41

35In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». 36E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. 37Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. 38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». 39Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. 40Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». 41E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Con questo vangelo riprendiamo la lettura del vangelo di Marco che ci accompagnerà fino al prossimo Avvento. Il vangelo di oggi ci racconta un episodio forte e pericoloso della vita dei discepoli: una tempesta.

Una tempesta del mare è angosciante: perché non solo sei in balia, ma non hai punti di riferimento. Una tempesta non la controlli, devi solo cercare di uscirne indenne, ma non decidi tu. E’ lei che conduce: sai che passerà, ma non sai come e non sai quando. E nel mezzo della tempesta ti sembra di affondare.

Ci chiediamo: ma cos’è successo storicamente? La risposta è: non lo sappiamo. Cosa possiamo dire?

1. Chi ha fede in Dio può superare ogni tempesta, anche la più tremenda. Prima di questo vangelo Gesù si è mostrato potente sui demoni (ha comandato a molti demoni e li ha cacciati via): adesso si mostra potente anche sulle forze della natura (le onde e il vento). Questo non vuol dire che Gesù poteva, a suo piacimento, comandare al vento o al mare. Non è che poteva dire: “Vento, fermati!”, e il vento si fermava. Non è che poteva dire: “Mare, calmati!”, e il mare si placava.

Qui si vuol dire che chi crede in Dio, chi ha fede, è capace di dominare anche le forti potenze demoniache. Allora non è più importante quanto grande sia la tempesta ma quanta fede hai tu. Se tu ti fidi, se tu hai fiducia, nessuna tempesta è così forte da farti affondare.

2. Sappiamo che Gesù ha attraversato varie volte il lago di Genezaret, un lago abbastanza grande da essere chiamato dagli ebrei “mare”. Può essere accaduto che durante una di queste attraversate i discepoli e il maestro si siano imbattuti in qualche tempesta.

3. E’ un lago facile alle tempeste. Infatti, il lago di Genezaret è situato in una depressione molto profonda a più di duecento metri di profondità sotto il livello del mare. E’ chiamato Ajn Allah, l’Occhio di Dio, ed è solitamente un lago calmo e tranquillo. Ma può succedere, magari dopo giornate calde e tranquille, che delle correnti discensionali piombino all’improvviso sul lago, sollevando alte onde. E accade tutto con rapidità improvvisa: e come rapidamente inizia, rapidamente anche finisce. E’ un miracolo la fine improvvisa della tempesta per chi è nella barca, un fenomeno naturale per l’osservatore esterno.

4. Sappiamo di altri episodi documentati dove un uomo ha ordinato al vento di tacere. Nel 1915 la predicatrice Aimee Semple McPherson ordinò al vento di cessare perché stava per far crollare il tendone dove lei aveva organizzato il primo incontro con i suoi seguaci (a Mount Forest in Ontario, Canada). E il vento cessò ubbidiente. Fortuna? Sesto senso della donna?

Cosa sia storicamente successo, cosa ci sia dietro a questo brano del vangelo, non lo possiamo dire. Forse veramente c’è stata una tempesta; forse Gesù non era così spaventato come i discepoli; forse il salvataggio è stato attribuito a Gesù.

Questo vangelo racconta di cosa succede ogni volta che c’è da compiere un passaggio nella vita.

“Che cosa desidera, signora/e?”, chiedi. La maggior parte risponde: “Serenità” (la variabile è salute). Ma serenità, per le persone, vuol dire che tutto fili lisci senza cambiamento, senza sussulti. In sostanza è piattume, una vita controllata, senza novità. Ma che vita è? Per questo ogni novità viene rifiutata, demonizzata e fa paura, perché mette in crisi le certezze precedenti.

Guardiamo il vangelo.

“Verso sera”: vuol dire che quel giorno è finito, è stato vissuto e adesso c’è un altro giorno da vivere. Quando un tempo è compiuto bisogna passare a quello successivo. Non si può rimanere attaccati a ciò che ieri c’era, ma che oggi non c’è più.

“Passiamo all’altra riva”: è l’invito di Gesù (della Vita). Tu dici: “Ma no, dai qui si sta bene; perché bisogna passare, cambiare? Ma chi me lo fa fare? Ma perché bisogna rimettersi in gioco? Ma è difficile!”. Passare all’altra riva vuol dire: “C’è un passaggio, un cambio che dev’essere fatto”. Gesù è in questo vangelo Colui che ti invita ad andare verso il nuovo e il cambiamento.

La vita (le relazioni, la crescita personale, la scoperta della propria strada e missione, l’educazione, il mondo della fede e dell’anima) è un continuo passaggio, un’attraversata dove si lasciano delle rive per arrivare ad altri approdi. E ogni volta si lascia il certo per avventurarsi verso il nuovo e l’incerto.

“Lasciata la folla”: la folla è ciò che fan tutti, il conosciuto, ciò che si sa. Ma Gesù ti invita a lasciare tutto questo per andare verso un’altra riva: tutta da conoscere e tutta da scoprire. Se non si lascia la famiglia non si può diventare adulti. Se non si lascia la folla non si può diventare individui. Se non si lasciano le stampelle non si può essere consapevoli di avere la forza nelle proprie gambe.

“Lo presero con sé, così com’era”: il nuovo non è come vorresti tu; è come è. Noi vorremmo la novità, ma vorremmo già conoscerla, già controllarla, già gestirla, già sapere come sarà, già essere pronti. Ma che nuovo sarebbe? Sarebbe un nuovo già conosciuto: non sarebbe più nuovo. La novità va presa così come viene, come si fa avanti e come si propone.

“Una gran tempesta”: se lasci spazio al nuovo, se cambi, sai cosa avviene? Una gran tempesta. E sicuramente avviene così! Allora ti sembra di affondare e rimpiangi il passato: “Ma perché non stavo dov’ero prima? Ma chi me l’ha fatto fare? Ma perché tutte a me? Perché bisogna soffrire così tanto?”.

“Le onde” sono tutte le paure che ti sommergono: “Ce la farò? Ne uscirò? E sarò in grado?”. Ma è ovvio che ti sembra di non farcela perché è la prima volta che affronti questa cosa, perché non la conosci, perché se sapessi come muoverti non sarebbe una novità e non ci sarebbe quindi la tempesta.

“Il vento”: sono tutti i pensieri negativi. “E ti pareva!, si stava così bene!; ma proprio adesso che c’eravamo sistemati e che i figli erano grandi!; quando sei felice non dura mai!; che ne sarà?; cosa accadrà?; è troppo per me”.

“E Gesù dormiva”: e neanche Dio sembra aiutarti, neanche lui sembra fare qualcosa. Tu preghi ma non succede niente. Tu preghi di più e fai il voto a questo o quel santo, o prometti che “se succede questa allora tu...”, ma invece non succede niente. E te la prendi con lui che sembra non fare proprio niente e che anzi sembra proprio fregarsene di te e della tua vita, come se tu non esistessi. “Perché permette questo cose? Se ci fosse interverrebbe! E se c’è, di un Dio così, che non fa niente, non so che farmene!”.

Lasci le scuole elementari a vai alle medie. Tempesta! “Ma lascio i miei amici! Ma se non mi trovo bene? E i più grandi faranno i più grandi con me? E ce la farò a scuola?, qui andavo così bene! E i professori?”.

Ti sposi: tempesta! “Chi si prenderà cura dei miei genitori? Tante coppie si separano: toccherà anche a noi? E se un giorno scopro di non amarla più? E se un giorno lei non mi ama più? E se perderò il lavoro? E se mi ammalo?”.

Scopri che pensavi di essere felice e che invece te la raccontavi. In realtà avevi messo un tappo sopra per non sentire niente e per attutire tutto: tempesta! Ti dicevi: “Ma cos’è tutta questa psicologia? Non ha senso occuparsi di se stessi, meglio fare qualcosa per gli altri!”. In realtà è perché hai paura di guardarti dentro e di vedere quello che c’è. Preferisci far finta di niente... ma adesso la Vita ti chiama a fare un passaggio: “Ma se ascolto tutti i miei sentimenti, impazzirò? Ne uscirò? Non è meglio far finta di niente? Ma si sta male a sentire il dolore!”.

Sei sposato e senti una certa “simpatia” per la tua collega: tempesta! “Ma non è vero; non è possibile; non si può!; è solo amicizia; oddio e adesso?; e se lo viene a sapere mia moglie?”. E tutti i mostri del mare e i demoni degli abissi si risvegliano e sembrano assalirti. C’è da fare un passaggio: forse hai guardato fuori perché dentro la vitalità si è spenta. Allora bisogna passare ad un’altra riva: non un’altra donna, ma riaccendere il fuoco spento o far emergere nuove esigenze e nuovi bisogni.

Ti lamenti sempre: “Mia moglie non mi dedica il giusto tempo; gli altri pensano solo a se stessi; la società fa solo i fatti suoi”: ti senti sempre svantaggiato o di ricevere troppo poco o meno degli altri. C’è un passaggio da fare: non sono gli altri che ti danno troppo poco sei tu che hai una fame maniacale. Da piccolo i tuoi genitori non ti hanno dato a sufficienza o proprio per niente: adesso tu chiedi a tutti di darti, di compensarti, quello che non hai ricevuto. Ma nessuno è più tuo padre o tua madre.

Allora: ogni passaggio nella vita comporta una tempesta. E’ un passaggio di evoluzione, di conoscenza, di vitalità, ma l’attraversata, il cammino comporta un po’ di angoscia e qualche tempesta. Le persone vorrebbero crescere, ma non soffrire ed evitarsi tutta questa instabilità. Ma la vita non è così.

Noi ci immaginiamo la vita come una tranquilla crociera, dove tutto è ok, dove non ci sono pericoli, dove le burrasche proprio non ci toccheranno, dove saremo sempre al sicuro e dove tutto è sotto controllo. Ma la vita non è così. La vita è sì un’attraversata; ma in questa attraversata incontreremo difficoltà, pericoli, bufere e burrasche.

E che facciamo noi? Cerchiamo con tutte le forze di evitarci le tempeste e per questo neppure ci mettiamo in mare, rimaniamo sempre al porto perché altrimenti rischiamo di imbarcarci in qualche maremoto. Siamo delle navi, dei transatlantici, delle portaerei, ma rimaniamo tutta la vita al porto. Ma che vita è? Ci possiamo definire delle navi? E se siamo navi, a cosa serviamo, se non usciamo e prendiamo il largo?

Ma è questo che la maggior parte delle persone fa: proteggersi! Cerca e spera che “tutto fili lascio, che tutto vada bene, che non ci siano problemi”. Il bello è che lo sa che non è vera questa cosa, ma ci crede lo stesso, come se fosse possibile passare indenni nella vita.

E se imparassimo, invece, ad affrontare le tempeste? Se imparassimo che c’è il modo di non affondare e di non affogare: non sarebbe tutto diverso? Anche perché, con tutti gli accorgimenti possibili, pensi veramente di non incappare in qualche tempesta? Sei così illuso? Allora non temeremmo più di andare in mare; allora potremo compiere la nostra missione: navigare, visto che siamo delle barche!

Invece di proteggerti dal mare impara a solcare il mare. Non so cosa mi darà la vita ma so che avrò la capacità di affrontarla quando sarà ora.

Gesù nel vangelo passava e chiamava: “Seguimi!”. E la gente lo seguiva. Noi abbiamo pensato che questo sia la grande chiamata della vita, quella che un giorno sentiremo così sapremo cosa fare. Sì, anche. Ma questa è la chiamata di tutti i giorni: “Seguimi!”. E io devo lasciare la mia riva, la mia certezza, la mia sicurezza, per andare e inoltrarmi nel nuovo, per seguirlo là dove Lui o la Vita (che è la stessa cosa) mi vorranno condurre. E ci vuole proprio fede per andare là dove la vita chiama.

Non so se avete presente il navigatore dell’auto: lui ti conduce; a volte non si capisce proprio dove ti vuole portare. Ma alla fine, a volte per vie strane, ti fa arrivare alla meta. “Seguimi!” è così: smetto di controllare, di pianificare, di voler saper tutto, di decidere io e di gestire. Ti seguo e dove Tu mi porti io vado. Se mi fido, alla fine, scopro che era l’unica cosa da fare.

Cos’è che salva? Cosa fa Gesù?

Gesù rimprovera (sgrida) il vento: il verbo epi-timao (rimproverare) indica un’azione fatta con forza, con decisione. Lo stesso verbo è usato per la scacciata dei demoni (1,25; 3,12; 9,25). Se il vento “parla”, Gesù “parla” più forte.

E poi Gesù dice: “Taci! (siopao=tacere), calmati! (fimoo)”. Lett. fimoo è “mettere la museruola; essere imbavagliato”. E’ chiaro: se tu lasci libere le voci della paura è la fine. Se tu non le imbavagli, se tu non le gestisci, la paura ti soffoca, ti distrugge e ti fa affondare.

E’ mezzanotte e tuo figlio non è ancora tornato. E’ chiaro: sei in pensiero. Se ascolti le voci della paura, allora è la fine: “Ma cosa gli sarà successo? E si sarà fatto tanto male? E’ l’unico figlio che ho!”. Se non interviene il marito o il Gesù in te: “Basta, smettila, falla finita. E’ in ritardo, è fuori, tu dormi che poi lui ritorna”, ti affondi nel tuo terrore.

Oppure tuo figlio, innamorato da due anni, ha deciso di sposarsi: “Ma è troppo presto; e se non è la persona giusta?; e lo amerà quanto lo amo io (no, di più!)”. Se ascolti le voci della paura, affondi. Ad un certo punto ti devi dire: “Basta smettila. E’ grande, non è più il mio bambino ed è in grado di farcela anche senza di me”. E te lo devi imporre, e zittire tutte le altre voci, altrimenti affondi tu e anche lui.

Tuo padre è morto giovane di tumore; tua madre anche e tu hai paura di fare la stessa fine. Se ascolti la voce della paura farai davvero la stessa fine (il cervello realizza il nostro pensiero fisso). Allora ti devi dire: “Smettila! Taci! Loro erano loro e io sono io. Il tumore non è un virus che si prende. Io vivrò perché amo la vita e perché devo realizzare qualcosa di importante per la Vita”. Ma se ascolti la voce della paura: “E chi te lo garantisce? E chi te lo dice? Anche loro pensavano di non morire”, è davvero la fine.

La capacità di pensare, di pianificare, di fare dei progetti, è stato il salto evolutivo che ha permesso all’uomo di distinguersi dagli altri animali. Pensare di mettere da parte cibo, ad esempio, per quando c’è carestia o pianificare sempre di più i metodi di attacco per procacciarsi il cibo, nell’evoluzione ha prodotto la differenza tra gli animali e l’uomo.

Il pensiero inoltre ha anche un’altra funzione: anestetizzare, contenere le emozioni troppo forti. Quando muore una persona cara, ad esempio, il dolore è enorme. Allora ti dai delle ragioni: “Se ne vanno i migliori; rimarrà sempre nel mio cuore; so che è al mio fianco”, ecc. Grazie ai pensieri riesci a contenere il tuo sentimento di dolore.

Il pensiero è un’ottima cosa. Ma se ho imparato che attraverso il pensiero posso controllare ogni emozione, succede una cosa terribile: penso sempre e non vivo più le emozioni. Produco pensieri, riflessioni e argomentazioni, perché temo di vivere la vita, la tristezza, la passione, la gioia, lo stupore, l’amore, la commozione, la vulnerabilità, ecc.

Quante persone pensano alla vita, ma vivere è un’altra cosa; pensano all’amore ma non amano. Pensare al vino non è berlo e pensare alle vacanze non è essere in vacanza. La razionalità, da questo punto di vista, diventa allora una corazza dalla vita: ho paura di vivere, di sentire e mi rifugio nel mondo delle idee. Lì posso vivere perché lì non ci sono grandi emozioni.

C’è una donna che è innamorata di un uomo che ha incontrato solo due volte, che da quattro anni non vede e che le ha detto di no. E’ chiaro che è innamorata di un’idea e non di una persona. L’idea di essere innamorata la protegge dal dolore del rifiuto e dall’instabilità del doversi mettere in gioco un’altra volta.

Ci sono delle persone che pensano sempre: è un modo per non sentire, per ripararsi dalle emozioni. Ci sono delle persone il cui frullatore della testa non si ferma mai. Ma se lascio spazio libero ai miei pensieri, questi si impadroniscono della mia vita. Ad un certo punto devo dire loro: “Smettila! Taci!” e imbavagliarli. Gesù è la Forza in me che mette a tacere tutti quei pensieri distruttivi e negativi che mi rovinano la vita.

Fede è, in questo vangelo, essere padroni dei propri pensieri. Guardate: nel momento esatto in cui Gesù viene svegliato e sgrida il vento, tutto finisce. Ma finché non succede, e Gesù glielo dirà chiaramente: “Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?”, la paura si impossessa dei discepoli.

Se tu pensi: “Non posso vivere senza di lui/lei”, ti attacchi a quella persona, la possiedi, diventi geloso. Ma non è vero; puoi vivere anche senza, anche se all’inizio sarà doloroso perché hai fatto di lei la tua ragione di vita (chiaramente perdendo la tua; se una persona è il nostro assoluto allora abbiamo perso l’Assoluto!).

Se tu pensi: “Devo averlo; ne ho bisogno assolutamente; quando l’avrò sarò felice”, tu stai facendo di una cosa (lavoro, oggetto, situazione, ecc.) la tua felicità. Ma non è vero: puoi vivere anche se non ce l’hai.

Se tu pensi: “Per me tutto è difficile; nessuno mi vuole bene per davvero; a me va tutto storto; non ce la farò mai; sono sempre il solito”, i tuoi pensieri ti porteranno a vivere sempre nella tristezza e nel vittimismo.

Ti stai proteggendo dall’emozione di vivere in prima persona la vita e la deleghi agli altri.

Se tu pensi: “Devo essere perfetto; sono inutile; non valgo niente; sono un buon a nulla”, vivrai tristemente.

C’è una donna che dentro di sé ha lo schema: vivere=soffrire. Quindi deve soffrire perché per lei vuol dire vivere. E’ per questo che tutte capitano a lei; le persone vicine dicono: “Sembra che se le attiri!”. E’ proprio così! Tu hai come comando inconscio vivere=respirare (e lo fai in automatico, senza accorgertene), lei invece ha vivere=soffrire (e cerca proprio questo). Ma è solo uno schema, un pensiero strutturato, perché la vita non è solo sofferenza.

C’è un’altra donna a cui è sempre stato detto da piccola: “Tu andrai all’inferno” (i suoi genitori non riuscivano a gestirla). Così adesso lei non si permette, non si sente degna di ricevere niente perché tanto lei è un demonio, è cattiva, non se lo merita.

Allora per me Gesù è qualcosa di molto concreto e che mi aiuta nella mia vita. Guardo ai miei pensieri, li riconosco e dico a quelli negativi: “Smettila, taci”. Perché so che la mia vita dipende anche dai pensieri che faccio. Non a caso nel vangelo e per i monaci dei primi secoli, i pensieri erano chiamati “demoni”.

Fede è per me opporre ai pensieri di paura, di tristezza, di autocommiserazione, di ripiegamento, la fiducia in Gesù e nella vita. Se Gesù è con me, allora mi dico: “Non so come, ma ce la farò; con me c’è Gesù e se c’è Lui di cosa dovrei avere paura; sono capace di; non sono il migliore del mondo ma sono in grado di affrontare anche questo e non ne sarò sommerso; troverò soluzioni creative e nuove, ecc.”.

Fede è per me, nel mezzo della tempesta, sapere che da qualche parte Lui c’è. Magari dorme, magari non lo sento, ma so che c’è. Per cui lo cerco e lo sveglio perché mi dia tutta quella fiducia di cui ho bisogno per affrontare quella tempesta e quella difficoltà. E quando lo sveglio, quando lo trovo, allora sono salvo.

C’è una barzelletta che fa ridere e pensare. Un frate vede che, alle otto meno un quarto di sera, arriva sempre al convento una signora che si mette con grande fervore a pregare. La cappella chiude alle otto e, quando sono le otto di sera, la signora è sempre ancora lì. I frati devono chiudere e la signora non se ne va se non venti minuti dopo le otto. Questo succede una sera, due sere, tre sere... Allora il frate priore dice al fraticello: “Fa’ in modo che la signora alle otto se ne vada perché dobbiamo chiudere”. Il fraticello, una sera, si avvicina alla signora e con grande discrezione le chiede: “La vedo qui tutte le sere signora. Cosa fa?”. “Sono qui a pregare per avere anch’io un figlio. Vede, una mia amica con il mio stesso problema, è venuta qui tutte le sere e ha detto molte Ave Maria. Sa che a forza di pensare e pregare Maria è rimasta incinta!”. “No, no, signora non è mica stato il pensiero di Maria e neanche l’Ave Maria: è stato un padre nostro... ma lo abbiamo già allontanato!!!”. Non i pensieri ma la vita!

Pensiero della Settimana

Chi comanda la tua vita? Di chi sei schiavo, dipendete?
Chi comanda la tua mente? Chi comanda il tuo cuore?
Libertà è essere re, sovrani, della propria vita.

Schiavitù è obbedire e seguire ad altre voci che non siano la mia.

 

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