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TESTO Fede e amore per rilanciare la Missione

padre Romeo Ballan  

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (21/06/2009)

Vangelo: Mc 4,35-41 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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35In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». 36E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. 37Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. 38Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». 39Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. 40Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». 41E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Riflessioni

Una domanda insistente percorre tutti i 16 capitoli del Vangelo di Marco, dall’inizio alla fine: “Chi è Gesù?” Anche nel brano del Vangelo di oggi, Marco pone sulle labbra dei discepoli la domanda: “Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?” (v. 41). I numerosi miracoli di guarigioni e la dottrina nuova, insegnata con autorità da un Maestro così sorprendente (1,27), confluiscono in due momenti salienti, con la professione di fede in Gesù da parte di due testimoni oculari coincidenti. Infatti, a metà del Vangelo di Marco, abbiamo l’affermazione solenne del discepolo Pietro: “Tu sei il Cristo” (8,29); e alla fine, il centurione pagano, ai piedi della croce, dichiara: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio” (15,39). Una affermazione che riceve conferma immediata nell’avvenimento della risurrezione! (16,6).

Il Vangelo di Marco, pur nella sua brevità e concisione, è una risposta completa a quella domanda iniziale sull’identità di Gesù, con un messaggio globale e coinvolgente. “Il catecumeno nel Vangelo di Marco –il cristiano oggi, ognuno di noi– è invitato a comprendere che Dio sta per prendere possesso della sua vita e gli va incontro con una misteriosa iniziativa, che egli è chiamato ad accettare” (Carlo M. Martini). Marco, nella sua tematica evangelizzatrice, dedica poco spazio ai discorsi e alle parabole di Gesù, preferendo dare risalto agli episodi della vita e ai miracoli, che egli sa narrare sempre con vivacità di immagini ed emozioni.

Lo si vede chiaramente anche nel miracolo della burrasca sedata (Vangelo): la tempesta grande, la barca ormai piena d’acqua, il grido disperato dei discepoli, Gesù che dorme tranquillamente, sul cuscino, a poppa... Ma a Gesù basta una parola per far cessare il vento. Finisce la paura dei discepoli, ma resta il “grande timore” (v. 41) per aver visto una manifestazione del Signore. La narrazione, ricca di elementi per la catechesi, culmina con la preghiera accorata dei discepoli al Maestro e con la loro professione di fede in Lui, al quale anche il vento e il mare obbediscono (v. 41). In tal modo, gli riconoscono il potere divino, proprio di Colui che ha fissato un limite al mare (I lettura) e ha infranto l’orgoglio delle sue onde (v. 11).

Nella cultura di molti popoli, il mare (con la sua potenza, i cetacei, draghi marini...) è visto spesso come antagonista della divinità, simbolo di forze negative, nemiche dell’uomo. Al contrario, il Dio della Bibbia è più potente del mare, lo domina. Per questo, la scena evangelica di oggi conteneva sia un messaggio di consolazione per le prime comunità cristiane che cominciavano a sperimentare la persecuzione, come pure un invito ai catecumeni a fidarsi di Cristo e della sua nuova proposta di vita. Egli è sempre Emmanuele, Dio con noi, pure in mezzo alle prove e burrasche di ogni genere. Anche quando dorme -il sonno del corpo o il sonno della morte- Egli condivide con noi le situazioni di pericolo, è entrato e resta nella barca dei discepoli. Non sarà mai sopraffatto: ha sempre la parola ultima di vita. Significativamente, Marco usa qui, per due volte, il verbo greco tipico della risurrezione (egheiro), per indicare che Gesù si è svegliato, destato (v. 38.39).

La narrazione del miracolo della tempesta sedata è anche una pagina di teologia biblica sul mistero del dolore nel mondo, che fa appello alla presenza provvidente e onnipotente di Dio. Di fronte al dolore, le logiche umane fanno tutte difetto. La figura di Giobbe (I lettura) resta emblematica. L’unica àncora è fidarsi di Dio e gridargli, pur in modo crudo ma fiducioso, la nostra disperazione, come il salmista, come i discepoli: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?” (v. 38). Con la certezza che - come e quando lo sa Lui!- Egli ha sempre in riserva per il mare la parola: “Taci, calmati!” L’esperienza del dolore, lo schianto per la morte di innocenti, l’indignazione per le violenze e le ingiustizie, ci spingono ad elevare lo sguardo verso la Croce, verso il Cuore trafitto di Cristo, e a “rilanciare lo spirito missionario”. (*) Infatti, “il nostro grido verso Dio deve essere un grido che penetra il nostro stesso cuore, affinché si svegli in noi la nascosta presenza di Dio, affinché quel suo potere che Egli ha depositato nei nostri cuori non venga coperto e soffocato in noi dal fango dell’egoismo, della paura degli uomini, dell’indifferenza e dell’opportunismo” (Benedetto XVI, nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, 28.5.2006). In sintesi, Paolo (II lettura), con una espressione forte e di non facile traduzione, afferma che “l’amore del Cristo ci possiede” (v. 14): ci spinge, stringe, domina, spezza il cuore, chiama alla conversione e alla missione.


Parola del Papa

(*) “Certamente, una Chiesa in missione relativizza i propri problemi interni e guarda con speranza ed entusiasmo al futuro. Si tratta di rilanciare lo spirito missionario, non per timore del futuro, ma perché la Chiesa è una realtà dinamica e il vero discepolo di Gesù Cristo prova piacere nel trasmettere gratuitamente agli altri la sua divina Parola e nel condividere con loro l'amore che sgorga dal costato trafitto sulla croce”.
Benedetto XVI

Ai Vescovi del Perù in visita ad limina, Roma 18 maggio 2009

Sui passi dei Missionari

- 21/6: S. Luigi Gonzaga (1568-1591), religioso gesuita italiano, morto a Roma, all’età di 23 anni, assistendo gli appestati. È il patrono della gioventù studentesca.

- 22/6: S. Paolino di Nola (353-431), vescovo e poeta latino, nato in Francia, evangelizzò soprattutto la Campania (Italia).

- 22/6: SS. Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, e Tommaso Moro, magistrato: intrepidi difensori della fede cattolica contro le pretese di Enrico VIII, martirizzati a Londra (+1535). Intorno a questa data, si ricordano numerosi altri martiri dell’Inghilterra, assassinati in epoche e luoghi diversi.

- 24/6: Nascita di S. Giovanni Battista, Precursore del Messia: ne annunciò la venuta pubblica e ne preparò il cammino, dandone testimonianza fino al martirio. È modello dei missionari.

- 24/6: B. Maria Guadalupe García Zavala (1878-1963), di Guadalajara (Messico), fondatrice dedita al servizio dei poveri e malati.

- 25/6: Memoria del Servo di Dio Mons. Melchior de Marion Brésillac (1813-1859), francese, che fondò a Lione la Società per le Missioni Africane (SMA).

- 26/6: S. Vigilio (+405), terzo vescovo di Trento (Italia), evangelizzatore della regione con l’aiuto di tre missionari provenienti dalla Cappadocia (attuale Turchia); morì martire nella Val Rendena.

- 26/6: S. Josemaría Escrivà de Balaguer (1902-1975), sacerdote spagnolo, fondatore dell’Opus Dei, per promuovere l’ideale della santificazione nella vita ordinaria e nel lavoro.

- 26/6: Giornata Mondiale di Sostegno alle Vittime della Tortura (ONU, 1987).

 

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