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TESTO Commento su Marco 6,30-34

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XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (19/07/2009)

Vangelo: Mc 6,30-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 6,30-34

30Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. 31Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. 32Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.

34Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Il motivo che unifica la liturgia dell'odierna domenica è tratto dal salmo 22 “ Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla”. Il Signore è di certo l'unico pastore del suo popolo; gli altri pastori, gli inviati, stanno presso il suo popolo in sua funzione. A Lui dovranno rendere conto dell'amministrazione del gregge finché egli non manderà un vero pastore dalla discendenza della casa di Davide. Solo Gesù avrà compassione del popolo del Signore, poiché al proprio riposo e a quello dei suoi apostoli antepone la sua missione redentrice e la buona novella di Dio, in cui la nostra anima trova la consolazione e la pace desiderata.

Dai cattivi pastori al buon pastore (Ger 23,1-6).

La prima lettura richiama quali sono i doveri fondamentali dei pastori del popolo che, Dio si è scelto e a cui Dio ha affidato la custodia del suo gregge per farlo prosperare. La scelta non ha dato i risultati dovuti. Il gregge è disperso e sta morendo a causa del disinteresse dei pastori scelti, pertanto Dio stesso s'incaricherà della cura del suo gregge e invierà un discendente della casa di Davide a pascere il suo popolo.

Solo Dio può riunire di nuovo le pecore disperse del suo gregge. Solo Lui può salvarle inviando il Pastore promesso.

Il buon Pastore è tutto per il suo gregge (Sal 22).

Il buon pastore conosce bene il territorio dove portare a pascolare il suo gregge, sa dove sono i pascoli migliori e le acque più tranquille, lo conduce per sentieri che non siano scoscesi perché le pecore non si facciano male, ne vengano aggredite da volpi o altri animali rapaci, ma possano pascolare in tutta tranquillità.

Egli è la nostra pace, colui che di due ha fatto un solo gregge (Ef 2, 13-18).

Gesù, il buon pastore, è la nostra pace, la pace a cui tutti aneliamo e che non è assenza di guerre ma carità verso tutti. Un cuore pieno di pace non germoglia da una conoscenza filosofica, non nasce dalla soddisfazione dei sensi, né da una vendetta compiuta ma dalla preghiera, dal sacrificio, dalla donazione di se stessi agli altri, senza suonare le trombe, dall'essere e non dal fare o peggio dal voler far fare agli altri, mentre noi restiamo a guadare.

Erano come pecore senza pastore (Mc 6,13-18).

“Vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore”. Gesù si commuove ancora oggi vedendo le sue pecore sbandate perché prive di pastori, o con pastori svogliati che accusano le pecore, la società della mancanza di vocazioni, della mancanza di fede. Sono le stesse giustificazioni che al tempo di Gesù portavano i capi della sinagoga allorché vedevano le folle andare verso Giovanni Battista e verso Gesù. Anche oggi le folle accorrono dove sperano di trovare vero pane, vera pace e sorgono: gruppi impegnati, cattolici del dissenso, mostrando apertamente a tutti che lo Spirito soffia dove vuole e che non tutti sono sordi a Dio. Le folle andavano da Gesù perché egli portava loro la liberazione dai formalismi, dai pregiudizi, teologici e non. E' inutile attendere il loro ritorno, pronti a ricevere i rimproveri dei loro pastori, è necessario che i pastori scendano dal loro seggio e vadano a cercarli deponendo le vesti del maestro e indossando l'abito più dimesso del padre che perdona e compatisce.

REVISIONE DI VITA

• Ci comportiamo come pastori dei nostri figli, delle nostre mogli, dei nostri mariti, del nostro prossimo oppure ci sentiamo giudici inflessibili e privi di misericordia?

• Camuffiamo la nostra mancanza di misericordi con la parola giustizia?

• “Anche dall'orgoglio salva il tuo Servo perché su di me non abbia potere; allora sarò irreprensibile, sarò puro dal grande peccato”. Ci lasciamo liberare oppure ci opponiamo dicendo che “un santo orgoglio è necessario” per non essere calpestati?

Commento a cura di Marinella ed Efisio Murgia di Cagliari

 

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