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TESTO Un popolo di sacerdoti

mons. Roberto Brunelli

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Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno B) (14/06/2009)

Vangelo: Mc 14,12-16.22-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 14,12-16.22-26

12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

22E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

26Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

“Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: Prendete, questo è il mio corpo”. Il vangelo di oggi ci riporta ai fatti evocati il giovedì santo; se domenica scorsa, festa della Trinità, la liturgia invitava a riconsiderare la Pasqua appena celebrata come opera congiunta del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, oggi ai fedeli è richiamata l’attualizzazione della Pasqua, che si compie ogni qual volta, obbedendo al comando di Gesù, si ripete quanto egli ha detto e fatto nell’ultima cena. In altre parole, l’odierna festa del Corpus Domini vuole ricordare che i benefici della redenzione, compiuta da Gesù con la sua morte e risurrezione, giungono a noi principalmente con la celebrazione della Messa.

Un altro aspetto collega poi il vangelo letto domenica scorsa, che parlava del Battesimo, con quello odierno, imperniato sull’Eucaristia: i due sacramenti-cardine, così accostati, sono tra loro strettamente connessi. Il benevolo lettore che segue questa rubrica ricorderà come domenica scorsa si siano richiamati il significato e le conseguenze del Battesimo. Una delle conseguenze principali però è stata omessa: di proposito, per illustrarla meglio in rapporto alla celebrazione di oggi. Per comprenderla, occorre ricordare che istituendo l’Eucaristia Gesù ha lasciato ai suoi fedeli il sacrificio perfetto da offrire a Dio, il sacrificio di cui quelli continui del tempio di Gerusalemme erano soltanto una pallida prefigurazione. Abilitati ad offrire quei sacrifici erano i sacerdoti, e questo era il loro specifico compito, che li distingueva dagli altri componenti del popolo d’Israele. Nel popolo di Dio che è la Chiesa, invece, “abilitati” ad offrire il sacrificio, cioè sacerdoti, sono tutti i suoi membri, resi tali proprio dal Battesimo. Quanti ricevono il primo sacramento sono consacrati a Dio, e come tali possono validamente celebrare l’Eucaristia.

Non a tutti è chiaro questo concetto; non tutti i cristiani sanno della propria dignità di sacerdoti. Comunemente si pensa che a celebrare l’Eucaristia sia il prete o il vescovo: e invece sono tutti i battezzati presenti al rito, uomini e donne, giovani e anziani. Certo, preti e vescovi sono sacerdoti a titolo speciale, per il quale hanno ricevuto un apposito sacramento, l’Ordine sacro, per cui esercitano il sacerdozio detto ministeriale; ma quest’ultimo non vanifica, anzi valorizza l’altro, il sacerdozio battesimale. Si badi a quel che accade durante la celebrazione dell’Eucaristia: quand’anche il ministro ordinato è solo uno, egli parla sempre al plurale: Noi, Signore, ti chiediamo... noi ti offriamo questo sacrificio... noi ti preghiamo di accoglierlo... e così via. Non si tratta certo di un plurale “maiestatis”, come quello che usavano i re; il “noi” si riferisce a chi parla e a tutti i presenti, così come a nome e a beneficio di tutti egli proclama il vangelo, predispone il pane e il vino, li consacra, li offre, li distribuisce.

E’ detto con chiarezza nella Sacra Scrittura: Gesù “ci ama, ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre”; “Hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno di sacerdoti” (Apocalisse 1,6; 5,9-10); “Quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio” (1Pietro 2,5), e si potrebbe continuare. Con un auspicio: che ogni battezzato prenda sempre più coscienza di appartenere a un popolo di sacerdoti, e di conseguenza, tra l’altro, partecipi alla Messa non da spettatore di un rito ma, quale è, da protagonista dell’azione più sublime che in questa vita gli sia dato di compiere.

 

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