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TESTO Commento su Matteo 28,16-20

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Santissima Trinità (Anno B) (07/06/2009)

Vangelo: Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 28,16-20

16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Terminato il tempo di Pasqua, con questa domenica ricomincia il così detto "tempo ordinario" che avevamo abbandonato domenica 1 marzo per l'inizio della Quaresima.

La liturgia però, sulla scia degli eventi pasquali che abbiamo concluso, ci propone ancora due domeniche, questa e la prossima, centrate sulla figura del Cristo risorto. Quella di oggi si sofferma in modo particolare sulla santissima Trinità.

Nella prima lettura troviamo Mosè che ricorda al suo popolo la grandezza di Dio e le grandi cose che Lui ha fatto per il suo popolo, sono cose che il popolo ha potuto vedere e udire e da queste ha potuto capire che quel Dio è unico e sempre presente nella vita degli uomini, sia in cielo sia in terra. Per questo lo deve corrispondere osservando le sue leggi e i suoi comandi. Questo non deve essere preso come un ricatto, ma è una conseguenza logica, all'amore di Dio non si può che rispondere con un amore totale e fedele. La fede è fondata su una storia precedente e richiede da noi non una risposta teorica, ma un'adesione che metta in gioco tutta la nostra esistenza.

Queste cose ce le ricorda proprio il Salmo 32, il Signore è fedele, ama, crea, veglia, libera e nutre e possiamo dire "l'anima mia attende il Signore... mio aiuto e mio scudo... ".

Questo è il Dio Padre conosciuto dal popolo ebreo, che li ha portati per mano lungo tutta la loro storia, ma san Paolo ci dice, nella sua lettera ai Romani, che qualche cosa di meraviglioso è accaduto: grazie alla venuta di Gesù, figlio di Dio, e con il dono dello Spirito, noi non siamo più schiavi ma, in virtù della morte e resurrezione di Cristo, siamo diventati figli e possiamo rivolgerci a Dio chiamandolo "abbà", padre. Poi aggiunge che, in qualità di figli siamo anche suoi eredi e coeredi di Cristo che diventa nostro fratello.

Nel vangelo di Matteo troviamo una situazione particolare, diversa da tutti gli altri vangeli e da quella raccontata negli Atti, Gesù non ci lascia, ma "io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo". La sua presenza è garanzia di sostegno per la missione che ci lascia "Andate e ammaestrate tutte le nazioni" un invito a rivolgersi a tutti, qualsiasi razza e credo religioso, e poi aggiunge "battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo", citazione della formula trinitaria del battesimo, a indicarci che quest'ultimo rappresenta la prima e radicale rivelazione del mistero trinitario che penetra all'interno dell'uomo per trasformarlo da creatura a figlio di Dio e crea un dialogo, assicurato dalla presenza di Gesù, tra il battezzato e la Trinità, che anima l'intera sua esistenza.

La famiglia è immagine della Trinità, espressione del Padre che crea nell'uomo la propria immagine, del Figlio che dona la propria vita per la salvezza del creato, dello Spirito Santo che rende definitiva l'alleanza con Dio: il tutto proiettato in una prospettiva unitaria volta alla salvezza e alla resurrezione dell'umanità.

Ma possiamo dire di essere questa immagine, possiamo pensare di poter essere credibili rappresentazioni di questa grandezza? E come viviamo il nostro sacramento, cioè come siamo strumenti di un Dio che incontra l'uomo?

Non può accadere che Dio ci metta sulle spalle un peso che non possiamo portare, non possiamo però rinunciare a testimoniare il nostro essere coppia.

L'amore che abbiamo dentro è per l'altro, non può rimanere chiuso dentro il nostro cuore, dobbiamo farlo uscire e condividerlo con il coniuge, perché non è amore fatto di egoismo, ma di altruismo, cioè dono gratuito di uno all'altro che si esprime come comunione di anime e di corpi nella fecondità di genitori e di sposi.

Nello Spirito condividiamo la forza che viene dall'essere consapevoli di un cammino di testimonianza, anche faticosa, ma gioiosa di una vita condivisa.

L'esperienza della Trinità ci consegna una famiglia dove la promessa del giorno del matrimonio diventa realtà da vivere e da conquistare nella concretezza delle nostre giornate, una famiglia che percorre la via della vita e che si impegna a far nascere, con scelte coraggiose e testimonianza di vita, quei germogli speranza che prefigurano la nuova terra.

Anche l'intera umanità deve specchiarsi nel Dio-Trinità. L'umanità è chiamata a diventare famiglia, famiglia di popoli. Gli odi, gli egoismi, le ingiustizie feriscono il sogno di Dio che gli uomini vivano da fratelli. Solo la "civiltà dell'amore" è capace di costruire un'umanità nuova, basata sul rispetto, sulla giustizia e sull'accoglienza. Se Dio non è solitudine ma comunità gioisce quando le sue creature escono dalla solitudine dei loro egoismi per rispondere alla vocazione all'amore iscritta nel loro cuore.

Per la riflessione di coppia e di famiglia.

* Dio è presente tra noi, Gesù è il nostro fratello e ci ha dato il suo spirito, tutto questo lo viviamo nella fiducia, cioè nella fede. Nella vita frammentata delle famiglie ove ciascuno sembra vivere la propria esperienza in modo individuale e lontano (impegni diversi e tempi diversi...), come riusciamo a dimostrare che in ciascuno di noi c’è fiducia e presenza dell’amore che ci costituisce famiglia?

* In un mondo che pur globalizzato, tende a evidenziare e a premiare l’individualismo, la famiglia come si pone? Essa dovrebbe essere il modello, in riferimento alla trinità, di solidarietà e di attenzione agli altri; riusciamo a vivere questo modello oppure ci rifugiamo all’interno delle nostre quattro mura?

 

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