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TESTO Signore, da chi andremo?

mons. Antonio Riboldi

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno C) (14/06/1998)

Vangelo: Lc 9,11-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,11-17

11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Si rimane colpiti dal grande desiderio, direi dalla insaziabile fame che l'uomo ha 'dentro se stesso' e non sa, questa fame come saziarla; a quale cibo indirizzarla. Tante volte la indirizza verso il piacere, non importa di quale natura sia ed arriva agli abissi della vergogna che tutti conosciamo: non solo ma più si ciba di piaceri e più rimane insoddisfatto, vuoto, come se assaporasse il sapore della morte.

A volte indirizza la sua fame verso il potere, il prestigio: un potere sempre più grande, che inevitabilmente diventa 'il peccato contro l'amore' perché facilmente cancella la preziosa qualità dell'amore che è il servizio. E tutti conosciamo a livello locale o nazionale o internazionale, i danni di un potere che nutre se stesso e non gli altri.

Il più delle volte è una fame di qualcosa o "qualcuno" senza cui non si può vivere. La fame di essere amati e di amare: la vera fame che soffre l'uomo. Senza contare della fame di giustizia che reclama i propri diritti, come il lavoro, la salute e via dicendo.

Tante folle correvano a Lui vedendo in Lui uno che poteva risolvere qualcuna delle tante necessità umane: come la libertà dal potere romano o dal sopruso dei potenti: uno che poteva ridonare la salute. Insomma 'uno straordinario potente della terra'. Avevano scambiato i 'segni dell'amore', come qualità di potenza destinate solo alla vita terrena.

Un giorno andò incontro alla fame della folla che lo stava ascoltando da tanto tempo, moltiplicando i pani. Di fronte a quel clamoroso miracolo, la gente non ci pensò due volte: lo voleva fare re. E Lui fuggì, come a cancellare totalmente questa impressione o volontà. La Sua missione andava oltre la fame o la sete o la salute. Lui era venuto per dare 'la vita eterna'. E' certamente un gesto lodevole quello di dare da mangiare agli affamati, visitare gli infermi, ossia curare questa vita terrena. Ma era piccolissima cosa di fronte al dono di una vita eterna: era in gioco la possibilità di entrare nella completa felicità del Regno dei cieli e quindi di vivere l'amore di Dio.

Conoscendo molto bene Gesù la nostra necessità e nello stesso tempo la nostra impossibilità, da soli, di vivere una vita vera, ossia divina, alla folla che Lo aveva inseguito per farlo re di questo mondo, senza mezze parole dice: "Io vi dichiaro una cosa: se non mangiate del Corpo del Figlio dell'uomo e non bevete del Suo Sangue, non avete la vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell'ultimo giorno; poiché il mio corpo è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane unito a me e io a Lui...Questo è il pane disceso dal cielo. Non è come la manna che mangiarono i vostri padri nel deserto e morirono: chi mangia questo pane vivrà in eterno"(Gv. 6,53-59).

Queste parole apparentemente chiare, ma che misteriosamente contengono la dolce verità che Dio per venire incontro alla nostra grande fame di felicità non si ferma a 'parole sia pure soavi', e neppure agisce dall'esterno, come facciamo noi quando vogliamo dare segni del nostro amore a qualcuno, ma si comunica donandoci il suo corpo, ossia la sua vita, divenendo in noi non solo una cosa sola, ma cibo di vita.

Dovrebbe costituire la gioia più grande quella di sapersi amati tanto e quindi vedere nella Eucarestia, il dono incredibile della vita, il modo di amarci di Dio, un amore che non è vuota parola, ma pane. Ma come poco capita. Come ai tempi di Gesù. La gente si scandalizzò di fronte a questa rivelazione e proposta, fermandosi alla superficie delle parole: "Come fa a dare il Suo Corpo?" "Adesso esagera! Chi può ascoltare cose simili?" dissero tanti che non avevano esitato un minuto a rincorrerlo dopo la moltiplicazione del pane. "Sembra che l'uomo sia proprio incapace di alzare gli occhi verso il cielo e non sa vedere che le cose di questa povera terra che non garantisce nessuna vita eterna." Da quel momento, racconta il Vangelo, molti discepoli di Gesù si tirarono indietro e non andavano più con Lui. Allora Gesù domandò ai Dodici: "Forse volete andarvene anche voi?" Ma Pietro rispose: Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna".

Credo proprio che tanti di noi che ci chiamiamo Cristiani, pur avendo tutti la grande fame di Dio, un Dio che si dona fino a farsi cibo di vita eterna e quindi di felicità, quando si parla di Eucarestia, o Messa, 'si scandalizzano' come i discepoli di Gesù: "Ora esagera". E ce ne andiamo altrove, non si sa dove, a cercare non si sa cosa o chi, quando le 'mani di Dio' nella Messa continuano a 'spezzare il suo pane, perché viviamo".

 

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