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TESTO La Sede

don Daniele Muraro  

IV Domenica di Pasqua (Anno B) (03/05/2009)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

La funzione del pastore è quella di guidare il gregge, di farlo pascolare e di difenderlo dai pericoli. Sono tre attività collegate. Il pastore porta al pascolo il suo gregge, lo sorveglia perché non si smarrisca e, mentre quello si nutre, tiene lontano i predatori.

Un pastore tutto dedicato al suo compito sa distinguere le pecore che gli appartengono dalle altre e di ciascun soggetto conosce pregi e difetti, sviluppando questi e curando quelli in modo da far prosperare il suo ovile. Esiste la possibilità che un pastore non conosca il suo gregge, ma allora si tratta di un mercenario a cui non importa delle pecore.

Gesù attribuisce a se stesso la qualifica di buon pastore. Si appropria così di una immagine cara all’Antico Testamento, che anche noi conosciamo per esempio nel salmo 22: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla!”. Quello che Davide descrive dell’atteggiamento di Dio nei suoi confronti, Gesù lo propone completamente realizzato a favore tutti gli uomini.

Gesù non solo permette alle sue pecore di trascorrere una vita felice senza mancare di nulla, ma alle sue pecore offre se stesso e per esse è disposto perfino a dare la sua vita.

Con queste aggiunte noi usciamo dall’immagine campestre ed entriamo nel mistero della persona di Gesù e della sua missione.

Non è cosa normale che un custode nell’espletare il suo compito arrivi al punto di rimanere ucciso e non è ragionevole che uno che fa il pastore sia disposto a dare la vita per il gregge a cui provvede.

Speciale in quanto pastore è il Signore e del tutto particolari siamo anche noi sue pecore, esseri ragionevoli e liberi eppure con un grande bisogno di essere guidati e condotti.

La manipolazione dell’opinione pubblica vuoi per scopi commerciali di consumo, vuoi per una mobilitazione politica o addirittura militare ai nostri giorni viene studiata come scienza.

Dunque esiste la necessità di avere una guida, nella sua vicenda personale per ciascun uomo e nella storia globale per l’umanità intera.

Soprattutto nel giorno di Domenica il Signore si dimostra pastore dei suoi fedeli e raduna la sua comunità nella chiesa di riferimento. Così fra i componenti della stesso territorio si possono stabilire nuovi legami di conoscenza e rinsaldare quelli che già esistono. Nel clima della preghiera il Signore stesso aiuta i suoi fedeli a interpretare al meglio le proprie aspirazioni e a comporre i dissidi che inevitabilmente sorgono a motivo della prossimità. Solo Gesù buon Pastore è capace di armonizzare le varie esigenze in modo da far convergere sempre più tutti verso l’unico volere di Dio Padre.

Nella chiesa considerata come edificio la funzione di guida di Gesù buon Pastore è raffigurata nella sede, cioè il luogo dove il sacerdote si siede, ma anche da dove egli presiede la preghiera, la avvia e la conclude.

La sede è rialzata a far vedere a tutti che l'Eterno è disceso nella storia e l'invisibile si è reso visibile. Le rubriche però insistono che per la sede si deve evitare qualsiasi parvenza di trono. Solo Cristo regna nella gloria e infatti in alcune chiese antiche, come a Ravenna è Lui dipinto come Onnipotente sul soffitto a catino sopra il presbiterio a sovrastare lo spazio sacro.

Insieme con l’ambone e con l’altare la sede costituisce il terzo punto fisso della celebrazione. Esiste un percorso che parte dalla sede, passa attraverso l’annuncio della Parola all’ambone e culmina con la presentazione del Sacrificio sull’altare.

Dalla sede il sacerdote invita ciascuno all’esame di coscienza e all’atto penitenziale, si rivolge a Dio a nome della comunità, proclama il credo e raccoglie le intenzioni di preghiera dei fedeli. Dalla sede il sacerdote scioglie l’assemblea benedicendo dopo avere affidato a ogni fedele la missione di portare nell’ambiente profano quello che è stato commemorato nel tempio cristiano.

Chi presiede non sta al di sopra ma davanti, in modo da creare coesione tra tutti. Il sacerdote presidente completa con le sue braccia aperte il semicerchio dell’assemblea.

Egli non esaurisce ogni compito sull’altare. Possono affiancare il sacerdote presidente altri sacerdoti concelebranti, il diacono, gli accoliti, i lettori, i ministri.

Anche i sacerdoti si radunano di tanto in tanto presso il Vescovo, soprattutto quando per le celebrazioni presso la Chiesa cattedrale. È il Vescovo che li ha consacrati e assegna loro i diversi incarichi facendoli partecipi della cura pastorale di cui è il primo responsabile.

Pastorale si chiama il suo bastone di Vescovo e la sede del suo insegnamento e della sua guida autorevole prende il nome di Cattedra per questo motivo.

Dal suo seggio presso la Chiesa Cattedrale il Vescovo parla solennemente e in maniera impegnativa a tutti i suoi fedeli sparsi sul territorio, in primo luogo come abbiamo detto al suo clero.

Anche il cammino specifico di una parrocchia dunque si deve indirizzare secondo il percorso più ampio e comune della pastorale Diocesana e ciascun fedele deve sentirsi interpellato più volte durante l’anno a procedere in sintonia di ideali e di intenti con tutta la Chiesa.

Il luogo della sede in una chiesa serve anche a ricordare questo e a tutti dichiara che Cristo non ha ancora smesso di prendersi cura e di guidare i suoi fedeli verso la pienezza della vita e della felicità nel regno di Dio che egli ha inaugurato con la sua Pasqua di morte e resurrezione.

 

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