PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Commento su Giovanni 15,26-27; 16,12-15

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

Pentecoste (Anno B) - Messa del Giorno (31/05/2009)

Vangelo: Gv 15,26-27; 16,12-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 15,26-27; 16,12-15

26Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

Gli Atti raccontano, secondo lo stile sobrio e poetico del loro redattore, Luca, quel giorno eccezionale vissuto dagli Apostoli e da coloro che li stavano ascoltando, a Gerusalemme, cinquanta giorni dopo la Pasqua. L’eccezionalità di quell’evento è data dalla capacità, dono dello Spirito, di sentire parlare, in un contesto fortemente segnato dalle differenze etniche e linguistiche, nella propria lingua, e Luca precisa “la lingua materna”, la lingua cioè che il bimbo impara per prima e che resterà per sempre nel più profondo dell’esperienza di ognuno di noi.

Siamo dunque passati dalla confusione delle lingue di Babele (cf Gn 11,1-9) all’unità nella diversità rappresentata simbolicamente dall’unificazione linguistica. Un dono purtroppo sempre smarrito nella storia, e faticosamente riproposto, di tempo in tempo, dal severo richiamo di maestri e profeti.

A Babele gli abitanti volevano costruire una torre “alta quanto il cielo; il Signore, allora, adirato per il loro peccato d’orgoglio, “confuse” le loro lingue. In base all’esegesi più moderna, il peccato d’orgoglio non sta però nel costruire una torre alta quanto il cielo. L’espressione è chiaramente metaforica. La torre, invero, è parte di una città, e la città è un dato sociologico che, come ci dice la storia, rappresenta il luogo importante nel quale si formano le aggregazioni. L’orgoglio che il Signore non tollera consiste piuttosto nelle pretese egemoniche di quella città, Babilonia, radunata attorno alla torre-tempio, lo ziggurat. Babilonia è stata causa di molte sofferenze. Le moderne Babilonia lo sono ancora. Babilonia, terra d’esilio della gente di Gerusalemme (“Lungo i fiumi di Babilonia, là sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre...” [Sal 137,1-2]); Babilonia, unità artificiosa fondata e aggregata sulla potenza e sulla pretesa di possedere la verità; compiaciuta della propria forza... “Sempre io sarò signora, in perpetuo” (Is 47,7; Babilonia... la “grande prostituta”; cf Ap 17,1-5).

Sì, il passaggio da Babele a Pentecoste è un passo lunghissimo, quasi come se noi, dal punto in cui ci troviamo, volessimo raggiungere l’orizzonte che si sposta sempre più avanti, sempre più avanti... Perché per “fare Pentecoste” dobbiamo eliminare il dominio, ogni dominio, ivi compreso quello sul quale spesso, consciamente o meno, fondiamo addirittura le nostre famiglie. Solo se le nostre famiglie saranno fondate sull’accettazione delle nostre differenze, sulla decisione seria di non dominarci reciprocamente – i coniugi tra loro, i genitori nei confronti dei figli – potremo rivolgere la nostra preghiera a quel Dio che “fondò la terra sulle sue basi... e che distende i cieli come una tenda...” (Sal 103 [104]), attenti a non voler dominare anche Lui, farne l’oggetto del nostro desiderio di dominio. Un cammino difficile, perché il desiderio di parlare con una sola lingua non solo non viene percepito come una terribile tentazione, anche in famiglia, ma viene addirittura teorizzato come una virtù. Si possono parlare lingue diverse ed essere aggregati in un solo cuore, questo mi sembra il messaggio forte delle Pentecoste, il dono dello Spirito da accogliere con umiltà, perché “il frutto dello Spirito...è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge (Gal 5,23). Sapendo che in ognuno di noi è stata deposta un’anima di verità, che dobbiamo reciprocamente rispettare, perché – come ci dice l’apostolo Giovanni (16,13) – “quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità”.

Traccia per la revisione di vita

1) Chiediamoci in quali e quanti modi possiamo reciprocamente dominarci in famiglia.

2) Siamo convinti di essere i depositari della verità, oppure ci sentiamo perennemente in ricerca?

3) Quali sono i doni dello Spirito indicati da Paolo nella lettera ai Galati che facciamo più fatica a far fruttificare?

Commento a cura di Luigi Ghia, Direttore della rivista “Famiglia Domani”.

 

Ricerca avanzata  (53953 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: