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TESTO Gesù Pastore

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IV Domenica di Pasqua (Anno B) (03/05/2009)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,11-18

11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

Prima di offrire qualche spunto di meditazione, occorre fare una precisazione, che a mio parere, può essere d'aiuto nella lettura di questa pericope. La puntualizzazione riguarda il concetto di recinto... potrebbe sembrare banale o scontato, ma forse è una buona luce che illumina questo discorso di rivelazione proposto dall'evangelista.

Il recinto nella tradizione biblica è lo spazio (sacro?) all'interno del quale, durante il peregrinare del popolo nel deserto, veniva collocata l'arca dell'alleanza. In seguito nella tradizione religiosa ebraica viene usato per designare lo spazio ideale (la Torah) all'interno del quale si vivono i Giudei fedeli e osservanti della legge... a mò di curiosità bisogna anche dire che questo spazio non possiede nessuna apertura (forse segno di un legalismo che rendeva - o rende - schiavo chi vi fa - o faceva - parte).

Gesù si qualifica la "porta" del recinto... questa indicazione dell'evangelista è il segno che Gesù è venuto a infrangere quel clima di legalismo e di rigore a cui si era sottoposti e ad offrire una prospettiva nuova fondata sull'amore... in Gesù ci viene offerta una "lettura d'amore" della torah. È la porta, cioè la capacità di comprendere la propria vita e di avere una visione corretta di Dio.

In base a tutto ciò si può definire il Pastore Bello, Buono, Perfetto, Vero etc. Cioè Colui che incarna l'ideale del pastore così come viene presentato nella tradizione biblica e profetica: uno che dà una corretta immagine di Dio e ragiona secondo il cuore di Dio. Il pastore è Colui che fa passare l'idea di Dio-Amore e che ama in modo incondizionato tutti. Il pastore è sempre Colui che è legato profondamente al suo gregge perché ama... e in virtù di questo amore è capace di donare la propria vita, perché vive per il gregge e il gregge dovrebbe vivere per Lui: il gregge è la sua vita, il motivo della sua esistenza... un pastore senza gregge non è pastore.

A questo punto viene inserita in forma antitetica la figura del mercenario.

Un personaggio che potremmo definire uno stipendiato... lavora per guadagnare e fa tutto senza amore, non ha nessun affetto per le cose a lui affidate e si preoccupa di sè... dovere per dovere. Uno che di fronte al pericolo bada a se stesso e cerca di mettersi in salvo. È l'esatto contrario del pastore. Il mercenario è una persona, diremmo noi, senza spina dorsale, incapace di rischiare.

Domanda: da dove viene la forza al Pastore per un comportamento del genere?

Nei versetti 13.14. troviamo la risposta a questo nostro interrogativo. Infatti in essi è contenuta una dichiarazione semplice e profonda: la relazione di Gesù con il suo Gregge è legata alla relazione che ha con il Padre... cioè la relazione verticale è la misura della relazione orizzontale. È interessante cogliere l'insegnamento che ci viene offerto dall'evangelista: fondamentale per un pastore o anche per un cristiano, se vuole avere tutte le caratteristiche del Pastore o del gregge, è curare il suo rapporto con il Signore. Questo rapporto nella maggior parte dei casi viene penalizzato dai cosiddetti "impegni", trascurato da un orologio che non ci dà tregua, maltrattato da una pastorale che anziché avere come obiettivo la fede, si prefigge mete che non portano a Dio... molte volte il gregge viene distolto dalla retta via.

In questo modo ci si stanca, ma non ci si offre... siamo pastori o gregge un po' illusi. Se si vive l'amore verticale non si ha paura di offrire la propria vita... una vita offerta per gli altri è il segno di una relazione viva con Dio.

Quale comandamento/insegnamento? Dio è amore (1Gv) e non è rimasto chiuso in se stesso... l'insegnamento è proprio questo: per essere felici bisogna donarsi senza riserve ed eccezioni. Una vita vissuta come offerta continua è una vita libera...vita che realizza il progetto della prima coppia umana, che vede nella relazione/donazione reciproca il senso della propria esistenza... perché siamo stati creati PER...

Commento a cura di don Alessio De Stefano

 

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