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TESTO A chi?

Paolo Curtaz  

IV Domenica di Pasqua (Anno B) (03/05/2009)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

A chi sto a cuore?
Chi mi sta a cuore?
Per chi sono prezioso, importante, essenziale?

Nel percorso della vita questa domanda, presto o tardi, diventa l'unica domanda essenziale. Quando sperimentiamo la fragilità dell'essere e i nostri limiti, quando vediamo che i successi tanto agognati non colmano il nostro cuore ma lo spalancano a desideri nuovi e insaziabili, quando la vita si scontra contro un muro, ci poniamo questa domanda semplice e terribile: a chi sto a cuore?

In settimana la mia gente è stata turbata da un episodio di cronaca finito sui quotidiani nazionali: una giovane coppia tedesca ha abbandonato in pizzeria tre bambini, figli della donna, e sono fuggiti. Li hanno cercati a lungo, temendo che si fossero uccisi poi, a metà settimana li hanno trovati che vagavano nei dintorni della città. I figli sono stati rimpatriati, alla madre è stata tolta la patria potestà, al compagno si sono aperte le porte del carcere, per non essere rientrato da una licenza premio in Germania.

I commenti, nei bar, tra vicini, abbondano: genitori snaturati, pazzi, drogati.

Raccapriccio e condanna, all'inizio, poi, vedendo la madre, sentendo la sua storia di miseria, il suo pianto ingenuo e disperato dopo avere appreso la notizia del provvedimento, i sentimenti nei loro confronti sono mutati.

Oggi, mentre scrivo, ho saputo che il compagno è in rianimazione per essersi impiccato in cella.

Erano partiti per andare al mare, poi hanno finito i soldi e non sapevano come fare per rientrare, come due adolescenti immaturi, hanno pensato che qualcuno si sarebbe occupato dei bimbi e che si sarebbero riuniti in Germania.

Ho pianto, quando ho appreso la notizia, ho solo immaginato quanto abisso di solitudine possa portare un venticinquenne a uccidersi.
A Chi sto a cuore?

Nel cuore degli uomini

Sto a cuore a chi mi ha voluto, a chi mi ha generato, certo. Ma, molto spesso, sappiamo che la vita ci fa scontrare con i limiti dei nostri genitori. Diventare adulti e diventare a nostra volta genitori, significa, anche, fare i conti con la fragilità e l'egoismo che alberga all'interno di ogni cuore, di ogni famiglia.

Per molti, per la maggioranza, mi auguro, sto a cuore e mi sta a cuore la persona con cui ho costruito una vita di coppia e una famiglia, anche se il passare degli anni e l'intiepidirsi dei sentimenti suscitano qualche amarezza di troppo e qualche delusione.

Per tutti, sto a cuore al mio datore di lavoro, ai miei vicini, ai miei colleghi, perché ne hanno un interesse, un tornaconto, un ritorno.

E anche noi, se siamo onesti con noi stessi, sappiamo che, quasi sempre, amiamo chi ci ama o coloro da cui speriamo avere un tornaconto.
È naturale che sia così, è istintivo, ovvio.

Amiamo chi ci ama, siamo amati da chi ha un interesse nei miei confronti.
Tutti, eccetto il Dio di Gesù.

Amori gratis

Gesù, oggi, dice di essere l'unico pastore che mi ama, che mi conosce e mi valorizza, senza pensare di averne un vantaggio.

Gli altri padroni sono mercenari, mi amano per avere un tornaconto.

È vero: al mio datore di lavoro sto simpatico se produco, a volte anche i miei amici e i miei parenti mi amano a patto di comportarmi secondo ciò che essi si aspettano.
Invece Dio ci ama gratis, quando lo capiremo?
Non ci ama perché siamo buoni ma, amandoci, ci rende buoni.

Non ci ama neppure per essere adorato, è libero Dio, anche dal protagonismo divino.

Dio non può che amare, scrivevano i Padri della Chiesa, perché è amore puro, donato senza condizioni, gratuitamente, graziosamente, si diceva una volta.

Il suo amore senza condizioni è vero e serio: Gesù sceglie di donare la sua vita, non vi è costretto, lo desidera e lo fa', perché davvero ci ama...

Noi

Anche noi, a sua immagine, siamo chiamati ad amare, a dire ai fratelli che non credono quale è il vero volto di Dio, ad allontanare i mercenari che ci considerano validi solo se produciamo o consumiamo.

Anche noi possiamo convertire il nostro cuore e imparare ad amare gratuitamente.
È un lavoro di purificazione lento e doloroso, ma possibile.

Vivere da pecore (non da pecoroni!) significa prendere sul serio le parole di Gesù, riferirsi a lui nelle scelte quotidiane, amare e amarci come lui ci ha chiesto, vivere da risorti, da salvati.

Non si tratta di salvare il mondo, il mondo è già salvo, si tratta di creare delle zone franche, degli spazi di verità nelle nostre città isteriche in cui ognuno sia sé e faccia essere.

Nel realizzare questo grande sogno, aspettando che il Regno contagi ogni uomo e lo renda felice, aspettando il ritorno glorioso del Maestro, ognuno scopre di essere amato e di avere un progetto (grande) da realizzare. Che sia un premio Nobel o una colf poco importa, ognuno ha un destino da realizzare, una vocazione da vivere. Imparare ad amare gratuitamente perché siamo amati gratuitamente e siamo amati bene.

Gesù il pastore "bello" come scrive Giovanni, ci affascina per la sua libertà interiore e la sua capacità di amare in maniera adulta e libera.

Preti

In questo progetto alcuni fratelli sono chiamati da Dio e dalla comunità a rendere presente il Cristo nel ministero della Parola (spiegare le Scritture) e nella celebrazione dell'Eucarestia e del Perdono.

Imitando il Buon Pastore, con tutti i loro difetti e i loro limiti, diventano i pionieri di questo cammino verso il Regno. Vogliate bene ai vostri preti! Belli o brutti, simpatici o scontrosi, giovani o attempati! Chiedetegli ciò che di più prezioso hanno: Cristo.

Per il resto, aiutateli a camminare nella serenità del Vangelo e, soprattutto, non giudicateli male perché il mistero di una chiamata al sacerdozio è quanto di più coinvolgente e totalizzante accada in una persona e non può mai essere banalizzato dalla nostra superficialità. Perché ogni prete, anche il più incoerente, almeno una volta ha detto di sì totalmente e passionalmente al Progetto di Dio su di lui e per questo è degno di grande rispetto.

La nostra Chiesa ha bisogno di pastori coraggiosi, non pavidi, non arroccati nelle sacrestie, non arrabbiati col mondo, non saccenti e distaccati, ma fratelli col cuore attraversato dalle storie delle persone che incontrano di cui si fanno carico per portarli a Cristo.

Che il Signore non faccia mai mancare pastori secondo il suo cuore!

Libri di Paolo Curtaz

 

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