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TESTO Commento su Giovanni 10,11-18

Omelie.org (bambini)  

IV Domenica di Pasqua (Anno B) (03/05/2009)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

Da quattro settimane stiamo vivendo il grande tempo di Pasqua: è come una lunga, solenne celebrazione, cominciata la domenica di Resurrezione, e che ancora non è terminata.

È come una scuola che la Chiesa ci offre attraverso la Parola di Dio, per provare così a entrare un pochino di più nel mistero della Resurrezione, questo capolavoro della fantasia piena di amore che ha il Signore Dio.

Proprio perché si tratta di un evento così straordinario e stupefacente, la nostra mente non riesce a comprendere tutto in una volta, a cogliere ogni particolare: riusciamo a fare nostro un pezzettino per volta, a piccoli passi. Ecco allora l’importanza di queste domeniche di Pasqua, in cui torniamo con l’aiuto della Parola di Dio, a quanto avvenuto immediatamente dopo la Resurrezione di Gesù.

Facciamo un momento il punto di quello che siamo riusciti a comprendere fino ad ora: per prima cosa, nel giorno splendido in cui Gesù Risorto è apparso alle donne e agli apostoli, abbiamo avuto la certezza che la paura è sconfitta per sempre. Nessuna paura, nessun timore, possono vincere di fronte all’amore di Dio! Niente può essere più forte di questo amore, nemmeno la morte!

Nella seconda domenica abbiamo ricevuto lo stesso invito rivolto agli Apostoli: noi che abbiamo sperimentato l’amore di Dio siamo chiamati a portare il perdono a tutti. Perché il perdono è proprio il segno concreto della forza e della potenza dell’amore che sgorga direttamente dal cuore di Dio.

Domenica scorsa abbiamo visto che la nostra fede di cristiani si appoggia sulla testimonianza degli Apostoli: è un mandato, un compito, un incarico importantissimo che Gesù ha affidato loro. Quando abbiamo dei dubbi, visto che noi non eravamo lì e non abbiamo incontrato il Maestro Risorto, possiamo fidarci della testimonianza di chi era presente e, attraverso il tempo, continua a far sentire la sua voce nella verità.

Dunque, gli Apostoli sono stati inviati come essere testimoni. Un gran bell’impegno, peccato che può essere davvero scomodo!

Infatti, essere fedeli all’incarico ricevuto di testimoniare che Gesù è risorto, comincia a rendere la vita degli Apostoli piuttosto complicata.

È quello che ci ha raccontato la prima lettura di oggi, tratta dagli Atti degli Apostoli.

Si tratta di un piccolo libro veramente prezioso, perché ci racconta quello che succede... quando i Vangeli finiscono!

Infatti, i quattro evangelisti hanno raccolto i fatti e gli insegnamenti che si riferiscono direttamente alla figura di Gesù e il loro racconto termina poco dopo la Resurrezione.

Ma gli Atti degli Apostoli vengono incontro al nostro desiderio di conoscere quello che è accaduto dopo e ci presentano la vita della Chiesa ancora neonata, formata da un piccolo gruppo di persone credenti.

Soprattutto, il libro degli Atti ci mostra in che modo gli Apostoli hanno vissuto da testimoni dopo aver ricevuto questo incarico dal Maestro Risorto.

Proprio il brano che abbiamo letto oggi ne è un esempio. Si tratta di una parte del discorso di Pietro, a Gerusalemme, davanti ai capi del popolo, dopo aver trascorso una notte in prigione.

Sì, avete capito bene: proprio una notte in prigione! e sapete perché? Per aver guarito un uomo che non poteva camminare e per aver detto che Gesù è risorto!

A dirlo così sembra una cosa assurda, ma cerchiamo di ricostruire che cosa è successo, tenendo conto di quello che il libro degli Atti ha raccontato qualche pagina prima del brano di oggi.

E' pomeriggio, verso le tre, Pietro e Giovanni stanno andando al Tempio a pregare quando incontrano sulla porta un uomo storpio, con le gambe deformi fin dalla nascita. Non poteva camminare e tutti i giorni passava il suo tempo lì, vicino alla porta del Tempio, per chiedere l'elemosina.

I due apostoli non hanno denaro da dare a quel poveretto, ma Pietro ripensa a Gesù e a tutte le persone che il Maestro ha guarito durante gli anni della sua vita pubblica.

Così prende per la mano l'uomo storpio e gli dice: "Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!"

Lo fa alzare in piedi ed ecco che le caviglie storte e i piedi deformi guariscono all’istante e l'uomo, risanato, può camminare, correre e saltare come mai aveva potuto fare in vita sua!

È un momento di immensa gioia, ma purtroppo questo miracolo non piace ai sadducei e ai sacerdoti del Tempio: non piace soprattutto perché Pietro comincia a parlare alla folla, spiegando come non è stato il suo potere a guarire lo storpio, ma la forza d'amore che viene da Gesù, proprio da quel Gesù che è stato crocifisso e che è risorto!

Parlare in pubblico di Gesù Risorto è una cosa che di certo non può piacere ai capi del popolo, che subito mandano i soldati ad arrestare i due apostoli.

Il mattino dopo li fanno portare davanti a tutto il sinedrio riunito, per il processo.

Allora Pietro comincia a parlare, con il discorso che abbiamo ascoltato nella prima lettura di oggi: "Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato".

Nel nome di Gesù: Pietro si affretta a spiegare che non è lui ad avere il potere o la forza di guarire un uomo malato o di compiere un miracolo. Ma ha invocato il nome di Gesù, perché lo stesso Spirito che operava nel Maestro, può continuare a compiere prodigi per coloro che si affidano al Risorto.

Veramente Pietro si sta comportando da testimone: lui che aveva avuto tanta paura la notte dell'arresto di Gesù, ora parla chiaramente davanti alla folla e davanti al sinedrio riunito.

Forte dello Spirito Santo ricevuto dal Maestro e Signore, non ha timori nel dire la verità, nel ripetere quello che è accaduto e che tanti non vogliono riconoscere: Gesù è risorto!

E' vivo, talmente vivo da poter donare vita a tutti quelli che si rivolgono a Lui.

Pietro lo dice con poche parole decisive: "In nessun altro c’è salvezza."

Questa breve frase di Pietro è stupenda nella sua semplicità e nella sua sincerità.

Non illudetevi, dice Pietro a coloro che lo hanno imprigionato, non pensate che il vostro potere o i vostri studi vi possano dare la salvezza: solo in Gesù possiamo trovare la vita vera, la gioia che non finisce!

Sta parlando anche a noi, Pietro, in questo momento, e ci ripete: "In nessun altro c’è salvezza."

Noi, che possiamo avere dubbi e domande... noi che ci possiamo sentire a volte un po' scoraggiati... noi che magari cerchiamo qualche sicurezza diversa dal Signore, abbiamo bisogno di ascoltare fino in fondo al cuore la voce di questo pescatore che è divenuto Apostolo e che ci sta parlando da testimone del Risorto: "In nessun altro c’è salvezza."

Quando qualcuno ci propone strade diverse dal Vangelo, ricordiamoci della testimonianza di Pietro.

Quando ci sentiamo un po' stanchi, sfiduciati, scoraggiati, ripensiamo alle parole di questo testimone coraggioso, che davanti ai capi del popolo ripete una verità che non può essere nascosta, che non si può tacere: "In nessun altro c’è salvezza."
Allora, con tutto noi stessi, possiamo pregare.
Sì, Signore Gesù!

Davvero crediamo che solo in te c'è la salvezza! Solo in te c'è la vita vera, la felicità che non finisce, l'amore che rende liberi, la pace che niente può distruggere!

Sì, Signore Gesù! crediamo che tu sei risorto, sei sempre con noi e hai cura di ciascuno.

Ci fidiamo della parola di Pietro, di questo tuo discepolo che ha speso la vita per essere un testimone fedele.

Adesso, nel silenzio, ti consegniamo tutto quello che ancora ci pesa nel cuore, tutte le domande a cui ancora non sappiamo rispondere, tutte le paure che ancora si affacciano in noi... con fiducia le affidiamo alle tue mani amorevoli, ripetendo nella mente e nel cuore la nostra professione di fede: "Solo in te c'è salvezza!"

 

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