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TESTO Chi crede nel Figlio avrà la vita eterna.

Monaci Benedettini Silvestrini  

Giovedì della II settimana di Pasqua (23/04/2009)

Vangelo: Gv 3,31-36 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Oggi il Vangelo ci fa ascoltare una testimonianza di Gesù, il quale si lamenta che molti non l’accettano. “Egli attesta ciò che ha veduto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza”. Chi ne accetta la testimonianza si pone in rapporto diretto con il Padre, in quanto ne riconosce la verità nelle parole dell’Inviato e ne vive anche la comunione. “Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa”, ossia gli ha comunicato l’autorità e il potere. Ciò è vero, ma l’evangelista vuole sottolineare che il Figlio di cui si parla è Gesù storico, il Messia Salvatore che ha subito la morte di croce per la salvezza dell’umanità. E questo Gesù, vero Dio e vero uomo, che rivela la sua profonda esperienza di intima comunione con il Padre e con lo Spirito Santo, afferma il suo diritto a essere ascoltato e creduto. “Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non crede al Figlio non vedrà la vita”. Il Vangelo parla chiaro: per Dio i credenti e i non credenti in Gesù non sono affatto la stessa cosa. Dio pone una profonda differenza tra coloro che accettano e seguono il suo Figlio, che egli ci ha mandato, perché lo accettassimo e lo seguissimo. E’ in lui e per mezzo di lui che ci dona la sua stessa vita. “L’ira di Dio rimane su di lui”, ossia su coloro che pur avendo conosciuto questo Figlio, continuano a vivere e a comportarsi come se non lo avessero conosciuto mai. L’ira di Dio non è per se stessa una minaccia irrimediabile, è il rifiuto di Gesù come salvatore, rischio in parte che possiamo correre tutti. Che cosa faremo allora di fronte a questo richiamo così perentorio? Non dovremmo puntare certo il dito contro l’uno o contro l’altro dicendo: “L’ira di Dio si scatena sul mondo per colpa tua”. Dovremmo credere profondamente a quanto ci viene detto dal Signore. E’ lui che dà la vita e la morte. Tu che credi, cerca di rendere credibile la tua fede, perché altri si accostino alla vita.

 

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