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TESTO Una festa dimenticata

mons. Antonio Riboldi

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (22/03/1998)

Vangelo: Lc 15,1-3.11-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Direi proprio che non ha fatto grande scalpore, tranne che per i mass media ed i pochi interessati alla drammatica vicenda, 'il pubblico riconoscimento della Chiesa delle sue eventuali colpe' in quello che è stato tramandato alla storia come "l'OLOCAUSTO'. Sei milioni di Ebrei immolati nel delirio di onnipotenza del nazismo che nei vari campi di concentramento voleva distruggere o cancellare dalla faccia della terra un intero popolo, quello ebraico che è la nostra memoria religiosa da Abramo a Gesù a oggi. Un olocausto voluto solo perché gli Ebrei erano Ebrei. Ricordo il terrore di un professore ebreo che nel 1944 – ero ancora giovane studente in vacanza alla famosa Sacra di S. Michele (TO) - chiese a noi un nascondiglio perché oramai la sua vita era in pericolo. Cacciato senza un perché dalla sua cattedra, avendo perso ogni possibilità di vivere solo perché era ebreo, chiedeva a noi più che un pezzo di pane, un posto al sicuro. E lo custodimmo con ogni cura, fino a che qualcuno seppe ed iniziò un rastrellamento da parte dei soldati nazisti. Lo nascondemmo così bene che non riuscirono a trovarlo. E l'ira dei soldati si riversò su di noi, al punto da essere portati e schierati ad un muro per la fucilazione, che non avvenne e neppure oggi so perché. Tutto era pronto per l'esecuzione, una terribile agonia durata tre ore, poi alla fine ci lasciarono liberi e il professore fu salvo.

Allora non sapevo che lontano da me, nascosti dal silenzio di una stampa necessariamente pilotata dalle dittature, si consumava un orribile massacro. La fine della guerra mise a nudo quel massacro che scosse la coscienza di tutti in cerca di responsabilità. Per ben tre volte in questi ultimi dieci anni, mi sono recato in pellegrinaggio ad Auschwitz ed ogni volta ho passato in rassegna, come in una liturgia penitenziale, quella "cittadella dell'orrore": gli orribili cameroni dei detenuti, i magazzini dove sono ancora conservati i cappelli che dovevano servire ad una industria, le valigie e, quello che più fa inorridire, le protesi tolte ai condannati a morte. Ho visto le celle dove venivano come sepolti vivi i condannati, tra cui la cella dove morì il beato Massimiliano Kolbe, il muro della fucilazione, dove pare siano stati fucilati decine di migliaia di ebrei ed infine un forno crematorio.

Alla fine di questo lungo e penoso calvario, mi sono sentito talmente scosso 'dentro' da temere sempre di cadere nella trappola di odiare tutti, perdendo il bene immenso della pietà che è il cuore dell'amore di Dio e nostro.

Ho chiesto a questo punto che mi fosse permesso di celebrare la S. Messa con i pellegrini che mi accompagnavano proprio vicino al muro delle fucilazioni, sotto 'lo sguardo' del beato Massimiliano, la cui cella era al nostro fianco. La Chiesa ha avuto il coraggio di riflettere sull'Olocausto, non sottraendosi a sue eventuali colpe. E' vero che la Chiesa, e ne sono testimone, ha dato asilo a suo tempo, a cominciare da Pio XII, a migliaia di Ebrei, ma non si è accontentata e ha voluto guardare fino in fondo a quella tragica pagina della storia, per presentarsi penitente e riconciliata al Grande Giubileo del 2000.

Da qui lo stupendo documento "Noi ricordiamo" di questi giorni e la lettera del S. Padre in cui si dice "Shoah, indicibile iniquità".

E' ritrovare il filo del riconoscimento delle colpe davanti a Dio, fare penitenza e quindi riconciliarsi.

E di shoah il mondo ancora oggi è pieno, basta pensare all'Algeria e ai tanti paesi del mondo dove avvengono indicibili massacri che trovano troppe volte l'indifferenza del mondo.

A me piace sottolineare la bellezza della pietà che viene dal riconoscimento delle proprie responsabilità, come accade nella parabola del figlio prodigo che, dopo avere abbandonato il Padre e la casa per 'vivere la sua vita senza di Lui', conosce l'errore di tale scelta. E rientrando in se stesso disse: "Tornerò da mio Padre". Ed il Padre lo sta aspettando sulla porta di casa non per giudicarlo ma per fare festa, "perché questo figlio era morto ed ora è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".

Una stupenda lezione quaresimale che ciascuno di noi potrebbe e dovrebbe fare propria, perché tutti sbagliamo e siamo responsabili di sofferenze, in famiglia, nella società, ovunque.

Bisogna veramente riscoprire il volto della festa del perdono, della riconciliazione. Ne abbiamo bisogno. Bisogno di sentire le braccia del padre attorno al nostro collo perché 'siamo tornati a vivere' e fare festa.

 

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