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TESTO Commento su Giovanni 20,1-9

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Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno B) (12/04/2009)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di Marco Simeone

Oggi è pasqua!

È la notizia più importante della storia, quella che ha cambiato il corso dell’universo, eppure la voce che la annuncia è poco più di un bisbiglio. Sembra strano ma è proprio così! Unici testimoni della resurrezione sono la tomba, le bende, la pietra e, probabilmente, le guardie del sommo sacerdote.

È vero che poi le donne incontreranno angeli che annunceranno loro la resurrezione, che gli ricorderanno che Gesù aspetta i suoi in Galilea; ma il fatto che ha cambiato la storia è accaduto in una notte. Di quelle notti così importanti narrate nella scrittura: le notti di Abramo che prega di avere un figlio, le notti che passa in attesa di sacrificarlo, le notti del popolo in attesa di salvezza dagli egiziani, la notte in cui si mangia vestiti da viaggiatori, pronti a partire, dopo che lo sterminatore avrà spezzato le forze degli egiziani, una notte come molte, di quelle dove Dio, che è sempre presente, agisce, come quando chiama il giovane Samuele, dove prende in mano la storia dell’uomo e gli ricorda che è Lui l’unico che sa fare la vita, la sa impastare, la sa guarire.

In quella notte c’è il Figlio che ha messo tutto nelle mani del Padre fino a dare la vita, in un estremo atto d’amore per gli uomini e per il Padre suo; c’è il dolore straziante dei discepoli, la fede della madre, l’apparente disgraziata vittoria dei cattivi... e Dio agisce! Un’azione che non è sottomessa a nulla, serena, forte, inarrestabile: la pietra è tolta, sbalzata via al punto che gli angeli vi si sederanno sopra, la tomba è vuota, non è più tomba, non custodisce alcun cadavere; e delle guardie neanche l’ombra!

Le testimoni che parlano di più sono proprio le bende, così Giovanni nel suo Vangelo mettendole al centro della scena, le protagoniste. La vecchia traduzione della Cei non rendeva onore al testo, e in questo passo neanche la nuova traduzione ci aiuta a notare i particolari che catturano l’attenzione di Pietro e che fanno credere Giovanni. Le bende sono adagiate, svuotate, gli manca il contenuto, quello che prima contenevano non c’è più: ma non certo perché qualcuno meticoloso ha trafugato il corpo e poi le ha ripiegate (come il sudario) oppure le ha semplicemente lasciate “là”: ci vorrebbe proprio tanta fede... forse lo spettacolo di vedere bende ancora avvolte ma senza il contenuto dentro questo sì che dà da pensare.

Così le bende parlano ma non gridano, suggeriscono e non impongono, questa funzione oggi per noi la svolge la Chiesa che continua ad additarci Cristo risorto nei sacramenti, nella parola viva che parla al cuore, nella testimonianza di tanti suoi figli... ma le bende siamo anche noi, proprio noi “le bende di Dio”, gente che continua a vivere una vita come gli altri, con le stesse ferite, minacciati da tante forze più grandi di noi, eppure testimoni che Dio ci ha toccato, che in alcuni frangenti della vita la sua resurrezione ci ha attraversati come un lampo, trasformandoci, non lasciandoci più essere ciò che eravamo...

Oggi questo annuncio ti dice che in mezzo a tante sofferenze Cristo ha vinto, una volta per sempre, irrevocabilmente; allora accogli il dono della vita nuova, Lui ha vinto anche dentro di te: ha vinto il tuo peccato, la tua morte, la tua durezza, i tuoi fallimenti, i tuoi limiti...

Lui ha vinto e tu devi decidere: accogliere oppure rinchiuderti nel sepolcro, possibilmente ritirare su la pietra scalzata e cercare di far passare la novità con la speranza che prima o poi tutto torni come prima... tanti lo fanno! Anzi, va quasi di moda quel vago pessimismo realista che dice che tanto non vale la pena, tanto non cambia niente, i politici, l’economia, bla bla bla.

L’angelo ti dice che è risorto, di non star a cercare Colui che è il Vivente tra i morti (Gesù ad un ragazzo addirittura aveva detto di “lasciare che i morti seppellissero i loro morti”, frase dura che svela la morte come chiusura del cuore alla vita vera, i fratelli che ti hanno preceduto e ti accompagnano ti dicono che l’uomo è veramente tale solo se porta in sé il volto di Dio, di quel Dio che sorride portandoti la pace dopo aver sgretolato la morte) e le bende parlano con il loro esserci; adesso sta a te, non devi fare tanto, basta essere una delle “bende di Dio”.
Buona Pasqua!

SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di Stefano e Teresa Cianfarani

“Solo un gruppo di donne sospiravano verso l’alba per andare al sepolcro ad imbalsamare Gesù: omaggio pietoso ad una fede perduta, che la tomba aveva composto per la religione dei ricordi. Nessuna di esse avrebbe portato con gli aromi, sia pur ben celato, l’alleluja. Se si chiedevano chi le avrebbe aiutate a rimuovere la pietra, non era certo con l’intenzione di far strada alla vita, ma per un’ultima devozione di morte. Tutti avevano bisogno di vita e nessuno chiamava il vivente: tutti avevano bisogno che egli vincesse la morte e nessuno osava immaginarlo trionfante. L’alleluja è nato unicamente dall’infinita carità del Signore, che dal sepolcro non guardò se di qua c’erano cuori consapevoli e vigilanti del suo ritorno” (Primo Mazzolari).

Quanti cuori, quante anime sono chiuse da pietre. I nostri peccati, i nostri pregiudizi, le nostre cattive abitudini, la nostra superficialità, il nostro materialismo sigillano i nostri cuori, ci rendono impermeabili allo Spirito, che pure, dopo e in virtù della Pasqua, Dio padre continua a profondere sull’umanità. Noi ci teniamo ben strette le nostre certezze che ci danno sicurezza. Ci sembra di non avere i mezzi, l’energia per rimuovere la pietra. Eppure basta uno slancio, un abbandono, una speranza, un atto di fiducia, per trovare la pietra “rotolata via”. E quando finalmente apriamo il nostro cuore, “apriamo le porte al Signore”, comincia l’avventura cristiana che è l’avventura del risorto.

“Perché disperare della pietra che grava ancora sul nostro cuore e che siamo incapaci di smuovere? Avremmo tanto voluto che i nostri sforzi andassero ad effetto; ci siamo soprattutto augurati che quella pietra non fosse mai stata là. Ma Gesù ha preferito che ci fosse, come sulla tomba della sua Pasqua, o felice pietra, affinché anche noi un giorno incontrassimo la forza della sua resurrezione ed essa volasse in tanti pezzi, mentre Gesù realizza in noi l’impossibile prendendo sulle sue spalle ciò che sembra irrimediabilmente perduto”(Andrè Louf).
“Entrando nel sepolcro, videro un giovane”.

Il giovane (l’angelo) interpreta per esse gli avvenimenti. Bisogna essere giovani per saper vedere il mistero. I giovani sono sempre pronti all’ascolto e all’azione. Il giovane è entusiasta, è dinamico, è coraggioso, è generoso. Per questo gli angeli non possono che essere giovani. Per questo il vecchio Nicodemo deve rinascere, deve ritrovare la sua giovinezza perduta. Per questo chi vuole essere discepolo di Gesù deve rinascere “dall’alto”. Il Signore è eterna giovinezza.
“Ed ebbero paura”.

Spesso i giovani ci spiazzano. Vedono le cose in maniera diversa. Hanno chiavi di lettura diverse della storia. Facciamo fatica ad accettarli perché non li capiamo. Eppure Gesù è l’eterno giovane.

“Voi cercate il crocefisso, non è qui ... vi precede”. La nostra fede rischia sempre l’immobilismo. Essere pii è ben diverso dall’essere santi! “Come se il Cristo avesse bisogno della nostra piccola pietà! Il passato, le civiltà, le culture, le nostre stesse basiliche, le nostre stesse più care tradizioni, possono essere i luoghi dove l’avevano posto gli uomini di un’epoca. Andate a dire ai discepoli e a Pietro, che Egli vi precede ... Dove? Dappertutto, in Galilea e sul monte, nel Cenacolo e lungo la strada di Emmaus, sul mare e nei deserti, ovunque l’uomo pianta la sua tenda, spezza il suo pane, costruisce le sue città, piangendo e cantando, sospirando e imprecando. Egli vi precede. Ecco la consegna di questa Pasqua. Se alzandoci dalla tavola eucaristica avremo l’animo disposto a seguirlo ovunque, ovunque lo vedremo, come Egli ha detto.” (Primo Mazzolari).

Ci precede e ci aspetta nei crocicchi della nostra vita ordinaria. Vuole che lo scopriamo in ogni situazione. Dal momento della risurrezione Gesù precede ogni uomo in ogni angolo della storia. E’ il Dio con noi per sempre.

“Ed esse fuggirono via ... e non dissero niente a nessuno, perché avevano paura”.

“La prima cosa che deve saltare agli occhi del non cristiano nella fede cristiana è il fatto che essa palesemente osa molto, troppo. E’ troppo bello per essere vero: il mistero dell’essere svelato come amore assoluto, che si abbassa a lavare i piedi, anzi le anime delle sue creature e prende su di sé tutta la bruttura della colpa, tutto l’odio che si scatena contro Dio e tutte le brutali e feroci accuse scagliate contro di lui, tutto lo scherno dell’incredulità che circonda e ricopre la sua apparizione e manifestazione, tutto il disprezzo che conclude nell’inchiodamento sulla croce la sua incomprensibile discesa fra le creature: tutto egli prende su di sé per scolpare dinanzi a se stesso ed al mondo tutto la sua creatura. Questa è davvero troppa bontà: nulla al mondo giustifica simile metafisica.”(H.U. von Balthasar).

E come le donne, anche noi, teniamo per noi la Pasqua. E con essa la nostra fede, la nostra carità e la nostra speranza. Non considerando che rimettendo la pietra al suo posto chiudiamo al Signore una via, la nostra via per santificare il mondo. Crediamo, ma non ci fidiamo fino in fondo, abbiamo paura del mistero. “Ma non c’è niente d’impossibile a Dio. L’uomo confina ovunque col mistero e le nostre conoscenze ci mettono sempre di fronte ad esso. Chi è saggio non segna limiti a Dio. Di là come di qua del mio limite, opera la divina misericordia e dove io mi fermo. Qualcuno continua. Il mistero non è il porto degli spiriti deboli, ma il ragionevole rifugio di chiunque capisce e riconosce il trasbordare dell’Essere dal mio piccolo essere ... Davanti al sepolcro non vedono il Vivente, ma la morte ha già un volto meno chiuso. Cristo è alle porte del Cenacolo.” (Primo Mazzolari).

 

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