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TESTO Un Dio servo degli uomini

don Maurizio Prandi

Domenica delle Palme (Anno B) (05/04/2009)

Vangelo: Mc 14,1-15,47 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Azzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturarlo con un inganno per farlo morire. 2Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».

3Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. 4Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? 5Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.

6Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. 7I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. 8Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. 9In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».

10Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. 11Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.

12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

17Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. 18Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». 19Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». 20Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. 21Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».

22E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

26Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 27Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:

Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse.

28Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». 29Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». 30Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». 31Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

32Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». 33Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. 34Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». 35Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. 36E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». 37Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? 38Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». 39Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. 40Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. 41Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. 42Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

43E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. 44Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». 45Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. 46Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. 47Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. 48Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. 49Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!».

50Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. 51Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. 52Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

53Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. 54Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco.

55I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. 56Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. 57Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: 58«Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». 59Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. 60Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». 61Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». 62Gesù rispose: «Io lo sono!

E vedrete il Figlio dell’uomo

seduto alla destra della Potenza

e venire con le nubi del cielo».

63Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? 64Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte.

65Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

66Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote 67e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». 68Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. 69E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». 70Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». 71Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». 72E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.

1E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. 2Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». 3I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. 4Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». 5Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.

6A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. 7Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. 8La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. 9Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 10Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. 11Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. 12Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». 13Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». 14Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». 15Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

16Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. 17Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. 18Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». 19E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. 20Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

21Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo.

22Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», 23e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. 24Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. 25Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. 26La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». 27Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. 28[..]

29Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, 30salva te stesso scendendo dalla croce!». 31Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! 32Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

33Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. 34Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». 35Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». 36Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». 37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

38Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. 39Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».

40Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, 41le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

42Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, 43Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. 44Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. 45Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. 46Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. 47Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.

Continuiamo il nostro cammino alla ricerca del volto di Dio e scopriamo, se ci lasciamo davvero portare dalla Parola che ci viene consegnata, particolari sempre più belli e sorprendenti; oggi ci viene incontro il volto di un Dio servo degli uomini. Lo descrive così, molto apertamente, la seconda lettura che abbiamo ascoltato, (spogliò se stesso, assumendo la natura di servo) della quale mi piace oggi (data la lunghezza della celebrazione mi piace rispettare la tradizione del silenzio in sostituzione dell’omelia) lasciare nelle vostre mani un commento che possa aiutare ad entrare meglio nel triduo che vivremo nella settimana che oggi si apre.

Mi piace però partire da un versetto che liturgia ha omesso nel testo di Paolo che abbiamo ascoltato e precisamente il versetto 5, che ci fa questo invito: abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù. E’ talmente bello che è davvero un peccato non riportarlo, quasi si avesse paura a dire del sentimento, a dire dei sentimenti di Dio, non semplici emozioni, non semplicemente un sentire, ma quello che la tradizione spirituale della chiesa ha sempre compreso nel mondo degli affetti. Forse l’invito, per noi, per la chiesa, ad ascoltare la verità dei sentimenti (quante persone, e quanti sentimenti nel lungo brano di vangelo ascoltato oggi...), ad ascoltare le ragioni del cuore. Un Dio servo, un Dio che prova dei sentimenti è un Dio che ha fatto della condivisione uno stile di vita; anche la morte di Gesù in croce è condivisione con la morte di chi non è considerato degno: non è la morte eroica di un martire ad esempio, ma la morte dei rifiutati, dei bestemmiatori, dei peccatori. Gesù condivide la morte di quelli che erano considerati i peggiori. Don Angelo Casati scrive una cosa bellissima: Gesù ha condiviso fino ad andare all’inferno: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". L’assenza di Dio! E’ l’inferno l’assenza di Dio.

Mi fermo qua, pregandovi di portare a casa con voi il testo con il commento alla lettera di san Paolo ai Filippesi (segue il testo di una meditazione tenuta da me alla Scuola di Preghiera nel seminario di Chiavari).

Mi piace che S. Paolo ci dica che del mondo di Dio fanno parte i sentimenti, questa parte così importante, questa porzione irrinunciabile della vita di una persona anche Gesù l’ha vissuta, ha avuto dei sentimenti, ha provato delle emozioni, il suo cuore ha battuto per le persone che ha amato. Fermiamoci un attimo qua allora, al fatto che Paolo, per parlare dell’umanità di Gesù parla prima di tutto dei suoi sentimenti, della dimensione affettiva nella vita di Gesù: è vivendo fino in fondo l’umano sentire che Gesù può mostrare il volto di Dio come volto d’Amore. Nel vangelo scopriamo Gesù come colui che vive la casa, cioè l’intimità degli affetti. Gesù cresce come uomo dentro lo spazio dell’intimità degli affetti famigliari. E una volta divenuto uomo adulto, responsabile e libero, va alla ricerca degli altri uomini raggiungendoli sempre nell’intimità della casa.

Detto questo circa il versetto introduttivo, torno all’inno Cristologico vero e proprio: il registro del sentimento nelle lettere di Paolo è sempre accostato all’immagine di Gesù ed in modo particolare, come capiamo dal brano ascoltato è sempre accostato all’immagine che Gesù offre mediante la sua passione; il nostro modo di “sentire” forse è legato ad una certa idea di contraccambio o di reciprocità, ecco che Gesù invece non cerca quello che è suo, ma si spoglia della propria identità con Dio per dedicarsi senza risparmio ad una volontà che è più grande della sua facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Mi piace questo inno Cristologico, mi piace perché vi è scritto dentro tutto il desiderio di Gesù di essere vicino all’uomo in ogni cosa. Se siamo qui, è perché abbiamo conosciuto un Dio che ama, (ricordate il vangelo di domenica scorsa) e che ha amato tanto il mondo da dare il suo figlio unigenito scrive l’evangelista Giovanni, ha tanto amato il mondo da dare se stesso. Che bello! Ritrovarsi qui oggi vuol dire credere in un Dio che ama, che perdona, un Dio che incarnandosi ha posto finalmente termine alla sua lontananza, alla sua inaccessibilità: il figlio dell’Uomo che è disceso da cielo (Gv 3).

Provo allora a rileggere, a proposito di questa discesa, di questo abbassamento, il brano di Filippesi attraverso una traduzione dal greco quasi letterale, traduzione che ci può aiutare in questo nostro percorso circa gli affetti di Gesù:

1. Cristo Gesù: il quale, essendo per natura Dio non considerò un tesoro geloso dice il testo italiano. Cosa vuol dire tesoro geloso? Perché tradurre cosi? Arpagmon scrive il testo greco (dal verbo arpazo che significa rapire) oggetto da rapire, un qualcosa da conquistare con la forza il suo essere uguale a Dio (cioè: non ha usato per il suo tornaconto personale la natura divina, è questo il modo di amare di Dio in Gesù, senza trattenere nulla per sè).

2. ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini: annichilò, svuotò se stesso prendendo natura (c’è morfè in greco, non reso dalla traduzione della CEI che parla semplicemente di “condizione”) di servo: che bello! La natura di Gesù, divina, coincide con l’essere servo! Il Figlio di Dio, facendosi uomo viene a mettersi davanti al Padre in condizione di totale dipendenza. Ancora prima di parlare dell’essere uomo di Gesù S. Paolo sottolinea il suo essere servo, il suo essere schiavo; amare, per Dio significa incarnarsi e il vertice della Incarnazione è il servizio. Ho accennato prima alla lavanda dei piedi: inginocchiandosi davanti ai suoi discepoli e ai poveri che ha incontrato Gesù ha dato concretezza a questa sua “natura”, con quel gesto ha affermato che l’uomo, ogni uomo è il regno di Dio. Ascoltiamo insieme, ancora una volta le parole di Maurice Zundel: Nessuno come Gesù ha avuto passione per l’uomo, nessuno come lui ha posto l’uomo tanto in alto, nessuno più di Gesù ha pagato il prezzo della dignità umana. Cristo introduce una nuova scala di valori e questa trasformazione di valori si inaugura con la lavanda dei piedi e il mondo cristiano non se n’è ancora accorto! Gesù ci dà una lezione di grandezza perché la grandezza ha cambiato aspetto. Essa non consiste nel dominare, ma nel servire. Nelle statue colossali dei faraoni, come quella di Ramses II°, il faraone divinizzato appare come un dominatore. Il popolo non conta nulla. E’ il faraone che fa la storia, perché la sua grandezza consiste nel dominare, nel guardare dall’alto in basso una umanità dalla quale esige che strisci ai suoi piedi. Troppo spesso si è presentato Dio come un faraone, rivestito di broccati e di pietre preziose. Tutto ciò crolla con la lavanda dei piedi. La vera grandezza è la generosità, è il donarsi. Il più grande è il più generoso. Alla scala dei valori basata sul dominio Gesù sostituisce quella della generosità che desidera portare l’uomo alla sua vera grandezza: l’offerta della propria vita.

3. Apparso in forma umana: entrando nella dimensione storica temporale, nella struttura propria degli uomini... contrasse un rapporto di affinità, una rassomiglianza ontologica con gli uomini. In Gesù, Dio diventa uomo non solo perché nasce. Certamente già questo basterebbe per dire la novità della fede cristiana: un Dio che si fa bambino, che sceglie di abitare nella debolezza e nella semplicità di un neonato. Ma in Gesù, Dio non si ferma a questo. Gesù vive tutto l’umano, non solo il nascere, ma anche tutte le tappe della vita umana. Gesù vive tutta la fatica e la drammaticità della vicenda umana. Gesù attraversa tutta la povertà e affronta tutti i rischi della vita. Vive il crescere e l’obbedire, affidandosi alla guida sapiente dei suoi genitori. Come qualsiasi uomo si affida all’affetto, all’insegnamento e alle regole che vengono da una padre e da una madre che è che sono essenziali per essere introdotti alla vita. Gesù vive l’esperienza del deserto, quaranta giorni di digiuno che lo porteranno a provare la pesantezza della fame e della sete e il limite e la fragilità del suo corpo. Non solo, ma alla fine di quei giorni di prova attraversa l’esperienza di ogni uomo: l’essere tentato. Quella lotta interiore che ciascuna di noi combatte con tutte quelle forze e resistenze che ti spingono a non essere te stesso. Gesù come dicevo prima vive la casa, cioè l’intimità degli affetti e nella casa spesso vive il banchetto, cioè la gioia dello stare insieme all’altro come segno della più totale condivisione. Gesù vive l’ingiustizia della morte: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”. Conosce la drammaticità di una preghiera gridata. Il grido dell’uomo che invoca e che cerca un perché al suo dolore e al suo dover morire, senza riuscire a trovare il conforto di una risposta.

4. Infine anche da risorto continua a rivelarsi come uomo, come quando in una delle apparizioni viene raccontato nel vangelo che Gesù si avvicinò ai discepoli senza che lo riconoscessero e chiese loro qualcosa da mangiare. Ancora una volta Gesù ha fame e si mostra in tutta la sua corporeità, vivendo dentro e non fuori i limiti del corpo e della persona umana. Perché il limite umano non è qualcosa che ci impedisce, ma è ciò che ci definisce, è ciò che tratteggia i lineamenti del nostro io, è ciò che ci permette di essere unici e irripetibili.

5. umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce: si fece piccolo e obbediente avendo ascoltato la parola fino a morire e a morire su una croce. Mi piace particolarmente questa sottolineatura sulla parola, in quanto l’obbedienza è il frutto dell’ascolto, il primo modo di amare da parte di Gesù.

6. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; per questo Dio lo ha sovraesaltato e gli ha regalato quel nome che lo ha costituito in un ruolo personale che è sopra a quello di ogni altro essere  qui c’è da notare che siamo in un ambito semitico, dove il nome di qualcuno dice l’essenza della sua persona.

7. perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre affinché ogni essere, celeste, terrestre, sotterraneo proclami Gesù Cristo Signore a gloria di Dio Padre... l’inno termina con questa solenne proclamazione di fede universale. E’ possibile riconoscere Gesù Cristo come Signore, come risorto, soltanto passando attraverso la sua umanità.

Davanti all’eucaristia portiamo allora questa consapevolezza: Se Gesù è un Dio che non si vergogna di abitare e vivere l’umano, anche noi siamo chiamati allo stesso itinerario. Chiamati a non vergognarci di quello che siamo. Il nostro umano a volte negato per la paura, ferito perché non abbastanza amato, tenuto nascosto per la vergogna, spesso alterato e truccato perché considerato non all’altezza, ha diritto di venire alla luce, perché la luce è venuta ad abitare in mezzo agli uomini. Il nostro umano ha diritto di essere vissuto fino in fondo per quello che è. Se c’è un modo di credere in Dio è quello e di restare fedeli alla nostra umanità. Se c’è un modo di non far morire Dio in noi è quello di non far morire la nostra umanità (don Paolo Bacigalupo). Come dice splendidamente Etty Hillesum, una ragazza ebrea olandese, che ad Auschwitz, nel luogo dove qualcuno ha tentato di disumanizzare l’umano ha scritto così:

“Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Una cosa però diventa sempre più evidente per me e cioè che Tu non puoi aiutare noi ma che siamo noi a dover aiutare Te e, in questo modo, aiutiamo anche noi stessi. L'unica cosa che possiamo salvare di questi tempi è anche l'unica che veramente conti: è un piccolo pezzo di Te in noi, mio Dio. Sì, mio Dio, sembra che Tu non possa fare molto per modificare le circostanze attuali, ma anche esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, o Dio, più tardi sarai Tu a dichiarare noi responsabili e, quasi ad ogni battito di cuore, cresce la mia certezza: Tu non puoi aiutarci ma tocca a noi aiutare Te, difendendo fino all'ultimo la Tua casa in noi.”

 

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