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TESTO La Consegna

don Romeo Maggioni  

Giovedì Santo - Cena del Signore (05/04/2009)

Vangelo: Mt 26,17-75 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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17Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 18Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». 19I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.

20Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. 21Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». 22Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». 23Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. 24Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». 25Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».

26Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». 27Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, 28perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. 29Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio».

30Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 31Allora Gesù disse loro: «Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti:

Percuoterò il pastore

e saranno disperse le pecore del gregge.

32Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». 33Pietro gli disse: «Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai». 34Gli disse Gesù: «In verità io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». 35Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti i discepoli.

36Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». 37E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. 38E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». 39Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». 40Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? 41Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». 42Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». 43Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. 44Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. 45Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. 46Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

47Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. 48Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». 49Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. 50E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. 51Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. 52Allora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. 53O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? 54Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?». 55In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. 56Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono.

57Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani. 58Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire.

59I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; 60ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, 61che affermarono: «Costui ha dichiarato: “Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni”». 62Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». 63Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». 64«Tu l’hai detto – gli rispose Gesù –; anzi io vi dico:

d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo

seduto alla destra della Potenza

e venire sulle nubi del cielo».

65Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; 66che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!».

67Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaffeggiarono, 68dicendo: «Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?».

69Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». 70Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». 71Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». 72Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco quell’uomo!». 73Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». 74Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subito un gallo cantò. 75E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.

Introduzione al Santo Triduo

I fatti storici.

Il 7 aprile dell’anno 30, appena fuori la porta nord-ovest di Gerusalemme, luogo esemplare di patibolo per condannati politici, viene appeso alla croce e muore un certo Gesù di Nazaret, condannato dal procuratore romano Ponzio Pilato, su istigazione dei capi religiosi dei Giudei perché scossi dalla novità della predicazione di questo Galileo che ostentava davanti a tutti un particolare rapporto col Dio di Israele.

Il 9 aprile successivo, domenica mattina, alcuni suoi amici se lo vedono ritornato in vita in diverse apparizioni; testimoniano anzi in molti – una volta 500 persone assieme – che “egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni” (At 1,3).

Un fatto storico inequivocabile, questo, se cambiò completamente la vita di questi suoi amici e discepoli.


Il senso dell’evento.

Ma quei fatti non sono cronaca marginale (ai quali le fonti pagane fanno appena cenno), bensì il vertice di eventi salvifici operati da Dio fin dall’antico, e concretizzatisi nell’invio del Suo Figlio a sacrificare liberamente la sua vita come obbedienza al Padre a riscatto di una umanità ribelle e peccatrice: “Morì per i nostri peccati secondo le Scritture e fu sepolto” (1Cor 15, 3-4).

E proprio per quest’obbedienza “Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.., e ogni lingua proclami: Gesù Cristo è Signore” (Fil 2,9-11).

Appunto “è risorto il terzo giorno secondo le Scritture” (1Cor 15,4).

Passione, morte, sepoltura e risurrezione sono gli atti supremi che Cristo ha compiuto a nome nostro e in favore di tutti gli uomini; sono quindi il cuore di tutta la nostra fede cristiana, il luogo concreto della nostra salvezza.


Valore permanente di quegli atti.

Quegli atti compiuti dall’uomo Gesù, in realtà erano anche atti del Figlio di Dio, atti quindi che oltre la dimensione storica, avevano una dimensione divina, e quindi di eternità, in qualche nodo permanenti e contemporanei sempre al tempo.

Scrive il papa nell’enciclica Ecclesia de Eucaristia: “Tutto ciò che Cristo è, tutto ciò che ha compiuto e sofferto per tutti gli uomini, partecipa dell’eternità divina e perciò abbraccia tutti i tempi” (n.11).

Perché quegli atti fossero allora contemporanei ad ogni uomo e ognuno vi potesse partecipare, Gesù stesso ha inventato un segno che li richiamasse, li contenesse quasi sintesi di tutta la sua opera salvifica: l’Eucaristia.

Quella sera nel Cenacolo disse: “Questo è il mio corpo che – domani in croce – sarà spezzato per voi”; così il calice, segno del sangue sparso. Il segno attualizza quell’atto.

La morte in croce – entro ora il vestito dei segni liturgici – è resa presente perché ognuno ne possa partecipare il frutto – mangiandone.

Scrive esplicitamente san Paolo: “Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione al sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?” (1Cor10,16).

Prosegue l’enciclica: “Cristo è tornato al Padre soltanto dopo averci lasciato il mezzo per parteciparvi come vi fossimo stati presenti” (n.11).

E’ attraverso il segno liturgico che gli atti storici compiuti da Cristo vengono resi attuali, non rinnovati, ma quelli, pur con modalità esterna diversa. E’ l’efficacia del sacramento.

L’incarnazione avvenuta duemila anni fa in forma fisica, si prolunga oggi in forma misterica nei sacramenti della Chiesa.

Il Triduo Pasquale.

La Pasqua è la sintesi di tutto il mistero di Cristo che salva.

La Chiesa, nelle celebrazioni del Triduo pasquale, lo diluisce in molteplici momenti perché l’animo nostro ne sia coinvolto, per una intelligenza più profonda del mistero, per una accoglienza più riconoscente del dono, per una santificazione più efficace della propria vita, per un coraggio nuovo di continuare il cammino nel tempo verso l’eternità.

In particolare: nel venerdì santo siamo coinvolti nel fatto storico decisivo: la morte di Cristo per nostro amore e riscatto, vertice della rivelazione del Dio nostro che è Amore.

Ma una morte riscattata e riscattante: questo è quanto celebriamo nella Veglia pasquale, dove proclamiamo Cristo risorto per annunciare la nostra risurrezione, garantendocela col Battesimo e gli altri Sacramenti pasquali (Confessione e Comunione).

Il segno che richiama lungo la storia e comunica l’efficacia di tale riscatto è l’Eucaristia, dall’Ultima Cena in poi celebrata in ogni messa per comando di Gesù: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19).

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LA CONSEGNA

Il Santo Triduo pasquale si apre con la celebrazione vespertina detta “in coena Domini”, memoriale dell’ultima Cena nel Cenacolo, ma entro il quadro di tutta la passione del Signore che culminerà, nella celebrazione del Venerdì santo, con la morte sul Golgota e la sepoltura. Si segue quasi cronologicamente gli spostamenti di Gesù nel racconto di Matteo, del quale qui leggiamo la prima parte. Viene rievocata l’istituzione dell’Eucaristia, il tradimento di Giuda, l’agonia al Getsemani, l’arresto di Gesù, l’abbandono dei discepoli, il rinnegamento di Pietro, per chiudersi sul punto più commovente: il pianto di pentimento dell’apostolo che “uscito fuori, pianse amaramente”.

Si intersecano in questa celebrazione come due filoni del drammatico rapporto dell’uomo con Dio: l’amore di Dio che si dona, e il tradimento dell’uomo che rifiuta. Due personaggi dominano la scena di questa sera: da una parte GIUDA; dall’altra GESU’, sempre pronto al perdono e alla misericordia, che proprio nella notte della più nera ingratitudine si consegna ai suoi come sacrificio, cibo, sacerdozio, amico, e ci trasmette il suo comandamento dell’amore.

1) GESU’

Il nucleo centrale della celebrazione è appunto la Messa in “coena Domini”, perché è nella intimità (e forza sacramentale) di questo Eucaristico Banchetto che si deve realizzare la riconciliazione dell’uomo con Dio e con i propri fratelli. Forse mai Messa è più significativa ed efficace di questa. La comunione qui riassume il cammino di ritorno a Dio durato una quaresima e cimenta una comunità di fratelli divenuti famiglia dei figli di Dio attorno ad una tavola sacrificale che prolunga per tutti i secoli l’atto redentivo della croce. La concelebrazione stessa di tutti i sacerdoti della parrocchia vuol sottolineare ulteriormente l’atmosfera di comunione che vi domina. E’ da questa Cena che è venuto il sacerdozio, e assieme ne ringraziamo il Signore. Preparazione e luce al tema della straordinaria generosità di Dio in questo giorno è la lettura di Giona. Il libro è stato scritto per una grande idea: il Signore è pieno di misericordia con tutti, anche con i pagani, basta che appena ci si mostri pentiti.

Il cuore del mistero di questa sera sta nella parola “consegna”. Anzitutto il “consegnarsi” di Gesù. “Questo è il mio corpo che è dato per voi” (Lc 22,19). “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,13). Dice Paolo: “Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20). E dietro alla consegna di Gesù c’è quella del Padre: “Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?” (Rm 8,32). Naturalmente, a questa consegna d’amore, viene a noi l’impegno a seguirne l’esempio - è questo il senso della lavanda dei piedi: “Se io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” (Gv 13,14-15).

Consegna agli uomini ma per obbedienza al Padre. E’ tutto il dramma del Getsemani rievocato dal vangelo: labbandono da parte di Gesù alla volontà del Padre in una drammatica agonia di una scelta che sembra assurda: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42). “Padre nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46). “Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Eb 5,7-9). La sua obbedienza – come la nostra – lo ha liberato da morte con la risurrezione.

2) GIUDA

L’altro tema della sera è incentrato sulla figura di Giuda, il suo e nostro tradimento. “Proprio nella notte del tradimento...”, inizia la seconda lettura di stasera. Di Giuda è detto il bacio traditore e il sacrilego commercio (Inno). Ma dietro a Giuda si snoda una lunga sequela di traditori e nemici. Anzitutto i capi e tutta la gente che condanna Gesù. Questa gente che misconosce i segni di Gesù e sceglie Barabba. E con loro Pilato. Poi gli stessi apostoli che dormono nel Getsemani, che fuggono alla sua cattura, che lo rinnegano in Pietro. E poi l’umanità tutta e ciascuno di noi cui il sacrificio di Cristo è destinato per redenzione. Tutto un mondo di personali o collettivi tradimenti e infedeltà a Dio che questa sera vengono messi a confronto e bruciati dall’amore di Cristo.

Per questo la preghiera del pentimento e del perdono è sulle labbra in ogni momento. Il salmo che chiude la celebrazione è l’espressione di questo ritorno.

E poi quel gioiello di canto dopo il vangelo che riassume bene questo sentimento: “Vengo a sedermi alla tua cena; non ti darò però il bacio di Giuda, ma dirò come il buon ladrone: ricordati di me nel tuo regno!”. Ma è quel pianto di Pietro sul quale si chiude il vangelo che oggi deve dare il tono a tutta la preghiera. Lo sguardo di Cristo, uno sguardo d’amore tradito, non può non commuovere un cuore che sinceramente ha percepito la grandezza del dono di questa sera.

La riposizione dell’Eucaristia in un altare separato è invito all’adorazione silenziosa quale partecipazione personale intima alle sofferenze di Gesù per capire il dono totale di sé in croce e nell’Eucaristia, ospite sempre presente tra noi come cibo e sostegno. Un clima di contemplazione e adorazione deve regnare in questi giorni fino alla Veglia. I santi lo dicono: meditare la passione di Gesù è il modo più immediato per suscitare e far crescere la nostra fede. Facciamolo in questi giorni fermandosi in tanta personale preghiera a questo altare particolare, ornato dei fiori e delle lampade del nostro sentimento di amore e di partecipazione.

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Se un suggerimento pastorale può valere, è quello di trovare il tempo - oltre che di partecipare alle celebrazioni liturgiche con un messalino in mano - per la lettura lenta e orante in modo personale delle quattro passioni che si trovano nei quattro vangeli. Così, la “visita ai sepolcri” avrà un suo sapore e una diversa efficacia.

 

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