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TESTO La giustizia di Giuseppe

don Daniele Muraro  

S. Giuseppe (19/03/2009)

Vangelo: Mt 1,16.18-21.24 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 1,16.18-21.24

16Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.

18Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

24Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa;

Può sembrare strano celebrare la solennità di san Giuseppe oggi, eppure fra sei giorni, e cioè esattamente nove mesi prima del Natale, la Chiesa festeggia l’Annunciazione. Nell’occasione sembra quasi che ci si sia fatto un dovere di far memoria anche di chi ha accompagnato Maria ad accogliere Gesù, ossia proprio di san Giuseppe.

San Luca è l’evangelista che con più dettagli illustra la figura di Maria. Ad un certo punto riporta l’elogio dalla cugina Elisabetta: “Beata te che hai creduto nell’adempimento delle parole del Signore”. L’evangelista san Matteo invece si concentra sulla figura di san Giuseppe: a lui Maria era promessa in matrimonio, ed era un uomo giusto.

La giustizia era una qualità importante per gli ebrei di quel tempo. Esisteva anche una categoria sociale che si era definita da se stessa quella dei giusti. Si tratta dei Sadduccei. Essere riconosciuto giusto davanti a Dio era la massima aspirazione per un ebreo credente.

“Il sentiero del giusto è diritto, il cammino del giusto tu rendi piano” si trova scritto nel profeta Isaia. A dire il vero san Giuseppe dovette superare più di un intoppo lungo la strada della sua vita, ma proprio di fronte alle prove si dimostrò la sua giustizia. E noi oggi possiamo dire che Gesù venne al mondo non solo per la fede di Maria, ma anche per la giustizia di Giuseppe.

Nel racconto del Vangelo di stasera la giustizia di Giuseppe si affina attraverso tre stadi successivi. La possiamo riconoscere in come reagisce davanti alla novità della maternità di Maria, nella sua decisione di congedarla in segreto e infine nella sua pronta adesione alle parole dell’angelo.

Quando Giuseppe si rende conto della gravidanza di Maria non ne parla con nessuno, neanche con l’interessata. Tiene per sé la cosa. Componendo il racconto di Luca con questo di Matteo possiamo ricostruire in questo modo lo sviluppo degli avvenimenti. Giuseppe e Maria sono promessi sposi; Maria si sposta circa duecento chilometri lontano da casa e rimane presso Zaccaria ed Elisabetta per circa tre mesi; dopo la nascita di Giovanni ritorna a Nazaret.

Ormai il suo stato è evidente a tutti. Se nell’andata verso la casa dei parenti il suo passo era stato leggero sospinto dall’entusiasmo per le parole dell’angelo e dalla gratitudine verso Dio, nel viaggio di ritorno Maria è appesantita dalla nuova vita che porta in grembo.

Quello che gli altri potevano vedere, Giuseppe lo poteva capire meglio di tutti coloro, ma faticava a rendersene conto e ad accettarlo. La giustizia che dimostra Giuseppe dapprincipio è quella umana. Giusto di mente, equilibrato di carattere, Giuseppe tace, osserva, sicuramente si incupisce, ma non si scaglia contro la promessa sposa, non la prende a male parole, non l’accusa, non pretende spiegazioni.

Giuseppe aspetta a giudicare, anche perché non può dimenticare il contegno precedente di Maria, la sua semplicità, la sua delicatezza, la sua innocenza, la sua religiosità.

Giuseppe non può ignorare ciò che si impone all’attenzione. Di ciò egli stesso sarà chiamato a dare testimonianza, per rallegrarsi rispondendo alle felicitazioni, come tutti si aspettano, oppure per denegare la paternità, esponendo la sposa al biasimo della pubblica opinione. Non solo, in caso di adulterio la condanna prevista dalla legge di Mosè era la lapidazione.

L’eventualità lo inorridisce: c’è da salvare il proprio onore, ma anche la vita di Maria. Lo spirito della legge è superiore alla cruda norma. Giuseppe non vuole far valere i propri diritti a scapito di una condanna a morte. È questo il secondo genere di giustizia che Giuseppe pratica nei confronti di Maria.

Non gli basta di essere stato giusto nel senso di ragionevole ed assennato, diventa giusto anche nel significato religioso di vero cultore della legge di Mosè. Nei precetti della Scrittura al primo posto non sta il desiderio di vendetta o l’ansia della punizione, ma il timore verso Dio e l’amore del prossimo, in una parola l’inclinazione a subire il torto piuttosto che a procurarlo.

Il dramma si svolge senza testimoni, tutto nel segreto dell’animo di Giuseppe. Egli non si confida con alcuno e come avrebbe potuto farlo, senza compromettere Maria? Giuseppe non interroga nemmeno la sposa: glielo vieta il contrasto fra la sua condizione attuale e la precedente condotta di vita. In questo modo senza saperlo Giuseppe comincia a rassomigliare sempre più a colei con cui poi condurrà una vita insieme, cioè proprio a Maria.

Anche Maria non si giustifica di fronte a Giuseppe. Soffre con lui e per lui, ma non parla lasciando a Dio l’incarico di dare una spiegazione al suo sposo. Anche Maria sapeva quello che rischiava, ma il suo timore più grande in quei frangenti delicati era che Giuseppe abbandonasse la sua giustizia abituale e uscisse dal disegno di Dio sulla sua vita, il disegno che Dio aveva sulla vita di lei e lui, e soprattutto il disegno di Dio sulla vita del nascituro Gesù.

Giuseppe pensava di Maria meglio di quanto potesse pensare umanamente un uomo di una donna nel suo stato, ma ancora non era arrivato al segreto di Dio. Maria da parte rispondendo all’Arcangelo Gabriele si era professata “serva del Signore” e da Lui attendeva un sollievo per l’imbarazzo suo e per l’angoscia di Giuseppe.

Con un certo ritardo, al terzo giorno potremmo dire noi, interveniene un angelo del Signore che in sogno e quindi in maniera attenuata rispetto all’Annunciazione, ma sempre soprannaturale, rassicura Giuseppe, lo informa del progetto di Dio e lo incarica del compito della paternità legale e familiare: “lo chiamerai Gesù” che vuol dire “Dio salva”.

Dio ha veramente salvato Giuseppe attraverso Gesù concepito, restituendogli una giustizia superiore. Perciò Giuseppe prende con sé Maria e si lega a lei con un vincolo superiore a qualunque promessa umana, quello di collaboratore nell’adempimento della più grande promessa divina per l’umanità, la nascita di un Messia Salvatore.

In cambio della sua obbedienza Giuseppe riceverà di ritorno nientemeno che l’obbedienza di Gesù bambino, il Figlio di Dio fatto uomo. Anche questa è giustizia di Dio. Meriterebbe di parlarne ancora.

Per intanto constatiamo che in questo pazzo pazzo mondo, come da se stesso si definisce talora scherzando, talaltra incutendo paura, c’è stato un uomo giusto. E non è cosa da poco potersi raccomandare a lui.

 

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