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TESTO Commento su Giovanni 12,20-33

Suor Giuseppina Pisano o.p.

V Domenica di Quaresima (Anno B) (29/03/2009)

Vangelo: Gv 12,20-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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20Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. 21Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». 22Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. 23Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. 24In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. 25Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. 26Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. 27Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! 28Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».

29La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». 30Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. 31Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. 32E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». 33Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

«E' giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo... quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me.»; son le parole di Gesù, che parla, ancora una volta, dell'evento centrale della sua vita e della sua missione: la morte per la resurrezione, la passione e la morte per la redenzione di ogni uomo, che si lasci attrarre a Lui, e che si lasci illuminare dalla Sua luce.

Siamo al termine del cammino quaresimale, la prossima domenica, quella detta delle " Palme", che solennizza l'ingresso di Gesù a Gerusalemme, acclamato dalle folle, che recavano, appunto, rami di palma, è anche la domenica che ci introduce nella settimana " Santa", e che ci ricorda, con la lunga, drammatica lettura della Passione, l'Evento determinante per tutta la Storia umana: la morte di Cristo sulla croce; il grande vuoto, il grande silenzio, in attesa della Pasqua di resurrezione.

Questo evento drammatico, che è la morte del Figlio di Dio, condannato dall'uomo su un patibolo infame, è il segno di una nuova, eterna alleanza che Dio stringe con l'intera umanità, un dono di grazia indicibile, come indicibile è il dolore del Figlio.

Di esso, così scriveva Dietrich Bonhoeffer: " Siamo vicini al Venerdì santo e alla Pasqua, ai giorni delle azioni strapotenti, compiute da Dio nella storia; delle azioni, nelle quali, il giudizio e la grazia di Dio divennero visibili a tutto il mondo: giudizio in quelle ore, in cui Gesù Cristo, il Signore, pendette dalla croce. Grazia, in quell'ora, in cui la morte fu inghiottita per la vittoria. Non gli uomini hanno fatto qualcosa, no, soltanto Dio lo ha fatto. Egli ha percorso la via verso gli uomini con infinito amore; ha giudicato ciò che è umano; e ha donato la grazia, al di là del merito.”. (Sermone marzo 1928)

Questa grazia che supera ogni merito umano, è, appunto la nuova alleanza, sancita nel sangue di Cristo, come lo stesso Signore Gesù disse, durante la sua ultima Pasqua, alzando il calice del vino, che sarebbe diventato il suo sangue:"Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti"(Mc 14,24).

Un'alleanza nuova, della quale, già, tanti secoli prima aveva parlato il profeta Geremia, in quel passo che, oggi, la liturgia della Parola ci ricorda:«Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora lo sarò il loro Dio ed essi il mio popolo... tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande; poiché io perdonerò le loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato...»

Un peccato, per il quale Cristo sulla croce, nello spasimo dei dolori, con quel po’ di voce, che ancora gli restava, implorerà:" Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno!" (Lc 23,34); un evento sconvolgente, che farà esclamare al centurione romano:" Veramente, costui era il Figlio di Dio!".(Mc.15,39)

Da questo momento in poi, l'alleanza con Dio è mutata, l'uomo non si rivolgerà più a lui come all'Onnipotente, Signore prode come un guerriero invincibile(Esodo 15,1 2 3); non lo pregherà più con l'atteggiamento del servo che volge gli occhi alle mani del suo padrone,(Sl 122), ma, si rivolgerà a Lui chiamandolo Padre, nel nome del Cristo suo Figlio, il quale, nella notte prima di consegnarsi alla sua passione, disse ai discepoli:"Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa ciò che fa il suo padrone; vi ho chiamati amici, perché tutto quello che ho udito dal Padre mio, l'ho fatto conoscere anche a voi..."(Gv 15,15).

C'è dunque un rapporto nuovo tra l'uomo e Dio, un rapporto di confidenza filiale, un profondo legame di comunione, con quel Padre, che ama, che chiama, che attende, anche, il figlio più lontano: il peccatore, che ritorna a Lui.

La novità di questa alleanza, ultima e definitiva, è, dunque, una novità che viene dal cuore, dall'amore sconfinato del Padre, che dona il Figlio per la redenzione dell'uomo, e dall'amore del Figlio, che, come scrive Paolo:"... spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo, divenendo simile agli uomini;... in forma umana umiliò se stesso, e si fece obbediente fino alla morte, e alla morte di croce...”.(Fil.2,6-8)

E' questa morte, di cui Gesù parla, la sua "Ora", e ne parla con una breve, poetica parabola, quella del chicco di grano:"... se il chicco di grano, caduto in terra non muore, rimane solo; se, invece, muore, produce molto frutto."; così di ogni seme: se non cade nella terra, se non scompare in essa, aprendosi col tempo, a nuova vita, resta sterile, improduttivo, e muore.

A prima vista, è triste la storia del piccolo chicco di grano, che sprofonda nel solco, e, nel buio della terra sembra morire e decomporsi; ma è proprio lì, nel buio, che germoglia una nuova, e più potente vita, perché un solo chicco darà vita a un’intera, rigogliosa, spiga.

Così è della morte del Figlio di Dio, sceso nel buio di una tomba, dalla quale risorgerà, rinnovando l'umanità e tutta la creazione.

La morte: la scorsa domenica, leggendo il passo del colloquio tra Gesù e Nicodemo, abbiamo imparato dal Maestro, che essa è una necessità:" E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così, è necessario che sia innalzato il Figlio di Dio..."(Gv.3,14), e abbiamo capito, che quella necessità era un'urgenza dell'amore infinito di Dio; adesso, nella sua "Ora", quel Figlio sta per andarle incontro, con l'angoscia che l'evento comporta.

La morte, infatti, è la realtà più amara e inquietante per chiunque; anche Cristo, la affronta con sgomento: “ Ora, dice ai discepoli, l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome... ".

L’ “Ora” del Figlio di Dio, è l’ora della passione e della morte, è l' Ora dell'Agnello immolato, perché sia sancito il patto nuovo tra Dio e l'umanità; e, in quest'Ora, come uomo, Gesù trema, suda sangue, e chiedere aiuto ai suoi discepoli, chiede la loro presenza, ha bisogno della loro compagnia.

Tuttavia, il Cristo sa, che, con la sua morte si compirà il Mistero dell’amore infinito e della misericordia che perdona; sa, che in quest'Ora si riapriranno i cieli, sa che essa condurrà gli uomini alla pienezza della vita.

Ed è lui, il Figlio di Dio, quel simbolico chicco di grano, caduto a terra, il chicco che muore, per moltiplicare all'infinito la vita, che dura in eterno; è il chicco di grano, che muore, per render saldo il legame tra Dio e l'uomo, tra il Padre e tutti i suoi figli, adottati nel Figlio; e, quest'Ora, pur angosciosa e tragica, è la sua gloria:“Venne allora una voce dal cielo, recita il testo: «L' ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!»".

E la voce del Padre, che, come sulle acque del Giordano, e sul Tabor, dai cieli, rende testimonianza al Figlio, affinché gli uomini credano in Lui, Lo ascoltino, e ne seguano i passi, fino alla vetta del Calvario, qualunque esso sia, perché, in ogni tempo, e ad ogni latitudine, per ogni uomo, c'è una croce da portare: non una croce, che è soltanto dolorosa e pesante, ma una croce che salva e conduce alla vera vita.

Son le parole stesse del Maestro: “Chi ama la sua vita la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna”.

E' una proposta di sequela che, lo sappiamo bene, non è facile da accettare, e, tanto meno da realizzare, se non, in forza dell’amore, e in vista della prospettiva finale, che è quella di essere accolti dal Padre, ed essere da Lui guardati e amati come figli; è questa la gloria dell’uomo: una gloria che non avrà mai fine.

Abbiamo iniziato il cammino quaresimale con un "segno": la cenere; un segno accompagnato dalle parole:" Ricordati che sei cenere e ritornerai cenere"; parole che ci rammentano l'inevitabile realtà della morte, una realtà che anche Cristo ha affrontato; ma quella cenere e quel ricordo di morte, non sono una tappa definitiva; piuttosto, segnano l'inizio di una vita nuova, incredibilmente nuova:" Occhio non vide, scrive Paolo, né orecchio mai udì, né mai è entrato in cuore d'uomo, ciò che Dio ha preparato per coloro che lo amano"(1Cor 2,9).

A questa novità di vita, ci prepara il mistero della Quaresima, segno della sequela generosa e fedele del Cristo, anche, quando la via diventa faticosa e amara, anche quando il dolore brucia, come bruciò, sulle spalle del Figlio di Dio, la croce; anche noi, dunque, dobbiamo unirci a quel piccolo chicco di grano, che, solo per poco, scompare nel buio della terra, ma che, in realtà, è fecondo di vita, e di vita eterna.

sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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