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TESTO Commento Giovanni 3,14-21

don Stefano Varnavà

IV domenica di Quaresima (Anno B) (26/03/2006)

Vangelo: Gv 9,1-38b Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Ci sarebbe da parlare per delle ore su questo episodio del Vangelo, dove un cieco è molto più saggio di tutti coloro che vedono. Lui che è abituato a chiedere la carità, e quindi non a "guardare" ma a "ragionare", è abituato a riflettere e a vedere più con la mente che non con gli occhi. Egli dimostra molta più saggezza di coloro che avevano la possibilità di vedere sia con gli occhi che con la mente, e che malgrado questo non sanno arrendersi neanche all'evidenza.

Il peccato contro lo Spirito Santo è proprio questo: il non accettare le cose evidenti ma "arzigogolare" con i ragionamenti e i propri preconcetti ritenendo di essere nel giusto.

Mi è capitato una volta, quando ero in un'altra Chiesetta, di parlare con un ragazzo che aveva appena finito un corso di geometra: "Per piacere mi puoi calcolare le misure, con una grossa pertica, dell'arco che sta davanti alla Chiesetta, e disegnarmi così la facciata?" Il ragazzo prende le misure, poi disegna la facciata della Chiesetta, ma invece di un arco tondo disegna un arco acuto. Chiedo: "Perché acuto?". Risposta: "Ho preso le misure e mi risulta che l'arco sia acuto". "Ma scusa, io vedo un arco tondo!". "Non so cosa dire: prendendo le misure l'arco risulta acuto!".

Sovente siamo proprio in questa situazione: gente in base ai propri calcoli e a i propri preconcetti, nega addirittura una realtà visibile.

Da questo brano del Vangelo prendiamo solo l'ultima parte (è quella che ci interessa), quando Gesù dice: "Io sono venuto in questo mondo per predicare, così che coloro che non vedono vedano, e quelli che vedono diventino ciechi".

Gesù dà un giudizio radicale, in modo che appaia evidente che certa gente che è convinta di vederci bene, in realtà, se è onesta con se stessa, deve ammettere di non vedere, mentre certa altra, convinta di essere ignorante perché disprezzata dai "dotti" (sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?), ragiona molto meglio e più chiaramente dei "soloni" che riempiono le cattedre.

Continua il Vangelo: "Alcuni dei Farisei che erano con Lui udirono queste parole e Gli dissero: siamo forse ciechi anche noi? E Gesù rispose loro: se foste ciechi non avreste alcun peccato, ma siccome dite: noi ci vediamo (ecco la presunzione) il vostro peccato rimane".

La Quaresima è un periodo in cui ciascuno di noi, proprio in base alle Parole di Gesù, deve meditare se veramente vede o se è cieco. Facciamoci un piccolo esame di coscienza!

Innanzituttto si può e si deve vedere con gli occhi, perché i medesimi ci presentano una forma, un colore, ma... al di là della forma e del colore c'è una sostanza (differenza tra apparenza e sostanza) molto importante.

C'è una realtà che sta sotto all'apparenza, ed è quella che dobbiamo cogliere.

Quando io vedo un bel tramonto, se lo voglio vedere veramente bene, non basta che di esso noti solo i colori, anche se bellissimi, ma è necessario che io veda dietro questo tramonto un Dio che sa mandare il sole ai buoni e ai cattivi, un Dio che sa mandare la pioggia ai buoni e ai cattivi. Un Dio che dipinge un Cielo in ogni momento con colori diversi, e lo dipinge con la materia, tanto da presentarci un quadro sempre diverso Quando la luce del sole si affievolisce o si intensifica il quadro cambia colore: ad ogni istante ogni colore è diverso: a questo punto bisogna lodare il Signore perché nel tramonto abbiamo Lo abbiamo visto.

Colui che vede un bel panorama e non sa dire nulla al Signore perché non sorge nulla dal suo cuore, è una persona che non vede: non vede la verità che sta dietro alle cose.

Dobbiamo ritornare a "vedere" con gli occhi del cuore e della mente.

Dobbiamo saper vedere nel bambino che sta facendo un gioco un'intelligenza che si sviluppa; vedere come Dio spinge tutti i bambini a crescere per portarli verso il "fine ultimo", e per questo lodare il Signore.

Dobbiamo saper vedere nelle cose, nelle persone, ciò che sta sotto: cogliere la realtà di uno sguardo malinconico per vedere a che punto "è" quella persona. Saper cogliere anche un richiamo, un sospiro, di una persona che ha bisogno di una parola, di uno sorriso, di un incoraggiamento.

Bisogna saper vedere con gli occhi! Ma bisogna saper vedere anche con lo spirito, con la mente, e... questo è più difficile.

Non è facile poi far vedere alle persone quello che hanno dentro.

Il portatore di un messaggio spirituale o educativo (Sacerdote, professore...) non può mirare al successo, perché deve cercare di aiutare gli altri a vedere chiaro in loro stessi. Ed è sempre uno "smacco" per una persona farle vedere ciò che lei non ha visto di se stessa!

Eppure bisogna aiutare gli altri a vedere quelle cose che essi non vogliono vedere! Ciascuno di noi ha rimosso tante cose, tante realtà della sua vita e... non le vuol più vedere o sapere perché gli procurano dispiacere e fastidio. Invece bisogna fargliele vedere e ricordare...anche se è un compito difficile e senza apparente successo. La gente, in genere, vuole che gli si ricordi solo le cose piacevoli e non le spiacevoli! La gente vuol sapere e ricordare solo le cose che portano al di "fuori" da sè; la gente non vuol vedere in se stessa, tanto più se esistono idee preconcette, cioè concezioni sbagliate.

Prendiamo come esempio i ragazzi del giorno d'oggi che si innamorano: ieri era la festa della donna. San Valentino è la festa degli innamorati...

Io chiederei a uno di questi ragazzi, basandomi su quello che scrive De Mello (un autore gesuita che ha il coraggio di scrivere le cose diversamente da come in genere la pensano i gesuiti): "Facciamoci questa domanda: quando diciamo sono innamorato di questa persona, siamo convinti di aver visto giusto? Perché non si è mai innamorati di qualcuno, si è soltanto innamorati dell'idea che ci siamo fatti di quella persona unitamente a una certa intuizione e a una certa speranza".

Se ci fermiamo un momento e vogliamo veramente guardare in noi stessi, ci accorgiamo che non si è mai innamorati di qualcuno, ma si è innamorati di una nostra idea che ci siamo fatti al riguardo di quella persona, tanto è vero che dopo un po' di tempo, le stesse persone, cosiddette innamorate, non lo sono più. Perché?

"Non sono più innamorato di te" dice lui a lei, ma... è lei che è cambiata? No! E' lui che ha conosciuto di più di lei e ha cambiato la sua idea.

E' lui che non ha più la stessa idea su di lei!, ma... ascoltando e vedendo i romanzi televisivi o letterari, lui viene e dice: "Non sono più innamorato di questa persona", invece dovrebbe dire: "Non ho più la stessa idea su questa persona".

L'unica cosa di cui noi ci fidiamo è il nostro giudizio riguardo alle persone, ma... se questo cambia...

Non sono le persone che cambiano: è il nostro giudizio su di loro che cambia! E allora di che cosa ci lamentiamo? Ci lamentiamo perché ci dispiace di aver "fatto" un giudizio sbagliato (di aver preso una "cantonata"!): ecco il motivo del dolore e dei conseguenti drammi (invece non dovrebbero esistere drammi!).

Dobbiamo stare attenti a certe idee che sono "in noi" e che ci impediscono di "vedere" veramente la realtà, portandoci poi a incolpare la persona o il Signore, mentre la colpa è solo nostra perché "non vediamo!".

Un altro errore che si commette nel "vedere" dentro di noi: ci son certe persone nel cristianesimo, nel cattolicesimo, anche fior di Santi, che hanno detto: "Dimentica te stesso, dedicati agli altri nell'amore. La prova dell'amore è il sacrificio; la misura dell'amore è l'altruismo.... Tante belle frasi che portano a commettere grossi errori.

Non bisogna ascoltare queste frasi così come sono, perché la cosa peggiore che si può fare è quella di dimenticare se stessi quando ci si dedica agli altri per il cosiddetto atteggiamento altruistico. Dicono di essere altruisti, parlano di solidarietà, ma... ingannano solo se stessi.

Provate a fare un paragone: pensate a qualcuno che amate molto, qualcuno a cui siete vicino, qualcuno che vi è prezioso, e provate a dirgli: "Preferisco la felicità a te! Non ho dubbi: se dovessi scegliere, sceglierei la felicità a te!" Costui (o costei) subito si adombrerà: "Questo non mi ama perché preferisce la sua felicità a me!".

Un discorso di questo genere sarebbe bollato subito di egoismo...: "Come può essere così egoista da preferire la sua felicità a me!".

Immaginate che questo sia un discorso tra marito e moglie e ragionate: uno potrebbe dire: "Tu ti ribelli a questa mia frase perché preferisci la tua felicità alla mia. Io invece dovrei preferire la tua felicità alla mia. Anche tu allora, per essere nella legge del cosiddetto amore dovresti preferire la mia felicità alla tua. Ma in questo caso cosa succederebbe: tu ameresti me a costo della mia felicità, io amerei te a costo della tua felicità, e così... saremmo due persone infelici (evviva l'amore!)".

Questo è il punto che non si vuol capire, e cioè che Gesù è venuto e ha detto: ciascuno di noi deve cercare la sua soddisfazione.

Ed è un discorso vero: non si può rinunciare alla propria soddisfazione, però... la propria soddisfazione non la si può prendere a danno di un'altra persona. La propria soddisfazione non la si può prendere facendo del male agli altri.

La propria soddisfazione la si deve prendere facendo del bene agli altri non rinunciando a se stessi, perché neanche Gesù Cristo ce lo ha chiesto, anche se ci sono delle frasi che possono trarre in errore.

Bisogna cercare la propria soddisfazione nelle cose buone, nel lavorare per il Signore.

Diceva Bernanos: "Grazia è trovare più piacere a non peccare che a peccare".

La morale di Gesù è una morale positiva e non negativa.

La felicità degli altri a scapito della propria, anche se sotto forma di rinuncia, di mortificazione, non è la soluzione giusta.

Noi parliamo di mortificazione, di rinuncia: stiamo attenti a come facciamo a parlare, perché tutte le volte che si rinuncia a qualcosa, si rimane legati per sempre all'oggetto della rinuncia.

Quando si rinuncia a qualcosa si rimane vincolati a quella cosa per sempre; quando si combatte qualcosa, le si è legati per sempre, e finché la si combatte le si dà potere: un potere pari a quello impiegato per combatterla. Faccio l'esempio della rinuncia semplice del fumo...o di un gelato...

Non è combattendo contro i propri demoni e contro le proprie passioni; non è rinunciando che si diventa migliori, ma lo si diventa non lasciandoci ingannare da essi. Non si deve rinunciare ma non ci si deve lasciar ingannare.

Bisogna cercare di capire il vero valore di "quella cosa", e quando se ne è compreso il valore (sigaretta, gelato...), non ci sarà bisogno di rinunciarvi, perché essa cadrà da sola. Questa è la strada giusta, e non la rinuncia per la rinuncia.

Gesù non ci chiede la rinuncia per la rinuncia, perché quando si è fatta la rinuncia per la rinuncia non si è ancora capito nulla. Invece bisogna cercare di aprire gli occhi (discorso del cieco nato) per capire il vero valore delle cose.

Solo quando si è capito il vero valore delle cose ci si accorge la differenza dell'effimero, di quello che dura un giorno e di quello che invece dura dieci anni; di quello che dura un giorno e di quello che dura per tutta la vita eterna.

Quando si è veramente capito tutto questo non c'è più bisogno di dire: rinuncio, mi mortifico, mi sacrifico..., perché la stessa verità della cosa agisce in maniera tale che la si abbandoni o la si prende.

Capisco che questo non è un discorso facile ma bisogna imparare a farlo.

Dobbiamo svegliarci, dobbiamo cercare di capire e vedere (con intelligenza) l'interiorità delle cose così che la vita non sia solo una somma di sacrifici e di mortificazioni di cui non comprendiamo il senso, ma che diventi invece una serie di cose normali e logiche. quindi non più "peso" o "croce", ma un giogo leggero, cioè il discorso di Gesù: "Imparate da Me. La stessa cosa se tu la fai con Me, avendone capito il valore, la fai serenamente, proprio come la faceva S.Francesco d'Assisi. In caso contrario ti "macererai" e sarai infelice".

Lo stesso S. Francesco ha dovuto affrontare una situazione di questo genere: un frate si era allontanato perché tutte le cose le faceva solo perché bisognava farle, perché bisognava sacrificarsi, perché bisognava rinunciare... Poi S. Francesco gli ha fatto capire il vero concetto sul valore delle cose.

Il Signore ci aiuti ad aprire gli occhi sul valore di ogni cosa.

Ecco la nostra riflessione: in questo momento se non riesco a capire "questa" cosa, prego Gesù perché mi aiuti a vederla, perché se la vedo la posso affrontare; se la vedo posso condurla sulla mia strada senza sentirmi un grosso peso sulle spalle: il giogo diventa leggero!

E' così che si affronta la Quaresima, è così che si affrontano i "cosiddetti" sacrifici, è così che si affrontano le "cosiddette" mortificazioni: con gli occhi aperti!

Visitate il sito www.liturgiagiovane.it ed il relativo blog, sul quale è possibile aggiungere i vostri commenti, osservazioni, suggerimenti, proposte.

 

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