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TESTO Commento su Giovanni 2,13-25

padre Paul Devreux

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III Domenica di Quaresima (Anno B) (15/03/2009)

Vangelo: Gv 2,13-25 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 2,13-25

13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 17I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.

18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

Gesù ama recarsi al Tempio, come tutti i Giudei e forse anche più degli altri, perché lo considera la casa di suo Padre. Entrandoci trova tanti commerci e rifiuta questa realtà, per cui si arrabbia. In realtà questa gente rendeva diversi servizi indispensabili per il Tempio, perché i pellegrini che arrivavano da lontano avevano bisogno delle cose che vendevano per offrire i loro sacrifici e per cambiare le loro monete che portavano simboli di divinità pagane, con monete considerate pure. Ma alcuni studiosi pensano che se Gesù si arrabbia è perché questi commerci, che inizialmente si trovavano fuori del Tempio, col tempo erano entrati dentro il tempio, dentro il confine considerato sacro. Se vogliamo un paragone è come se a Lourdes il recinto del santuario non riuscisse più a contenere i tanti commerci che ci sono fuori, per cui Gesù li ricaccia fuori, ma poi, da cosa nasce cosa, e la sua riflessione va avanti.

Questa reazione di Gesù la viviamo anche noi quando ci rechiamo nei santuari, proprio perché intuiamo che Dio è gratuità, e ciò che vuole parlare di Lui, deve rispecchiare questa gratuità.

Quando gli viene domandato un segno che dimostri che ha l'autorità per poter pretendere di fare queste cose, Gesù riflette e capisce che anche se può avere anche lui un attaccamento a quell’edificio, ciò che gli dà autorità per fare queste cose è il fatto che ormai il Tempio, il luogo della presenza di Dio in terra, è Lui. Per questo, sentendo l'ostilità che gli ricorda la sua passione, dice: “Distruggete questo Tempio e in tre giorni lo farò risorgere!”.

Il nuovo Tempio ormai sarà il corpo di Gesù, di cui facciamo parte anche noi, che siamo Tempio dello Spirito Santo e membra del suo Corpo. E' importante capire bene questi concetti, perché l'incarnazione di Gesù, che viene a stare con noi, implica una presenza costante nella nostra vita, mentre la tentazione che il Tempio rappresenta, come anche le chiese, è quella di rimettere Dio nel Tempio facendone il suo palazzo, ma anche la sua prigione, dove posso andare a trovarlo, e dove lo lascio, per tornare ad una vita priva della sua presenza. Contro questo culto Gesù insorge, perché vuole stare con noi e condividere le nostre gioie e dolori.

Perciò, ben venga la messa, ma dalla messa è bene uscire non da soli, ma portando il Signore dentro di noi per tutta la settimana.

 

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