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TESTO ... perchè Egli dà fiducia nelle scelte decisive

don Daniele Muraro  

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II Domenica di Quaresima (Anno B) (08/03/2009)

Vangelo: Mc 9,2-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 9,2-10

2Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. 5Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 6Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». 8E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.

9Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. 10Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Gesù dà fiducia nelle prove decisive: si potrebbe riassumere così il messaggio delle letture di oggi. Anche san Paolo dice: “Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?”.

Le prove della vita sono tante, ci sono quelle in cui ci si ritiene troppo sicuri di sé e si sbaglia per eccesso di entusiasmo e quelle invece in cui non si vede via di uscita e ci si perde d’animo.

La settimana scorsa il Vangelo ci ha mostrato Gesù tentato nel deserto. Le tentazioni consistevano in una sventagliata di possibilità messe sotto i suoi occhi: benessere, successo, potere. Gesù le rifiuta tutte e con il suo comportamento ci insegna che non bisogna cedere al male. Ne avremmo solo delusione e amarezza.

Tuttavia non tutte le prove della vita sono tentazioni nel senso stretto della parola. Possono essere anche occasioni di fare il bene. Il peccato ci distacca da Dio; ma le scelte positive ci avvicinano a Lui.

Il male toglie la stima di sé e della propria dignità, dopo avere sfibrato la volontà. Dopo avere messo alla prova la volontà Dio invece restituisce a suoi fedeli serenità; così l’animo si eleva ad una condizione migliore di quella di prima.

Ne abbiamo un esempio nella prima lettura. Per Dio Abramo è pronto a sacrificare addirittura il suo figlio Isacco. Il racconto del (mancato) sacrificio di Isacco è uno dei più misteriosi di tutto l’Antico Testamento. Sicuramente è una verifica di fede per Abramo. Egli non deve essere attaccato a suo figlio più che a Dio. Lo dirà anche Gesù: “Chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me!”.

Tuttavia Dio non vuole la rovina dell’uomo, ma il suo rinnovamento interiore. Da quel giorno, sceso dal Moria, Abramo guarda a Isacco con occhi diversi. Suo figlio è stato salvato da Dio e predestinato a diventare un grande popolo. Attraverso di lui Abramo sarà conosciuto da tutte le genti.

L’offerta di Abramo rimase solo un proposito. Il sacrificio di Gesù fu completo. “Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi”.

All’ultimo minuto non si è verificato lo scambio fra la persona vittima innocente e un animale quadrupede. Il Figlio di Dio ha patito realmente e non si è sottratto alla condanna che gli uomini gli hanno inferto. La sua sofferenza fu fisica e morale insieme e lo condusse alla morte.

Tuttavia il terzo giorno Gesù risuscitò e apparendo in molti modi a quelli che lo avevano seguito fin dal principio.

Proprio per preparare i suoi Apostoli alla prova decisiva della croce Gesù ne conduce tre su un alto monte e davanti a loro si trasfigura. La sorpresa deve essere stata tanta per Pietro, Giacomo e Giovanni: vedere le vesti di Gesù diventare bianchissime, splendenti, per non parlare poi del volto pieno di luce.

E insieme a Gesù ecco apparire Elia con Mosè, il principale profeta e il massimo condottiero, che conversavano con Lui, una scena unica, indimenticabile, da non lasciarsi sfuggire. E infatti Pietro propone a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». L’evangelista san Marco nota che “non sapeva infatti che cosa dire, perché (lui e gli altri due apostoli) erano spaventati.”

Qualcosa di troppo grande stava per rivelarsi di fronte ai loro occhi: la divinità di Gesù e l’omaggio recato a lui da parte dei due massimi rappresentanti dell’Antico Testamento, Mosè ed Elia, appunto.

Lo spavento di Pietro, Giacomo e Giovanni dunque dipende da un pericolo imminente, ma proviene dalla potenza del mistero che si dispiega. La luce della Trasfigurazione irradia un potenza così forte che loro non si sentono in grado di sopportarla.

Pietro, Giacomo e Giovanni si sarebbero dovuti ricordare di questo evento anche nel buio del Getsemani, l’orto degli Ulivi, durante l’agonia di Gesù e la sua cattura. In quei frangenti Gesù rimane come spogliato della sua divinità e si arrende alla presa degli uomini malvagi.

A Gesù nell’orto degli Ulivi si può bene applicare la frase del salmo “Ho creduto anche quando dicevo: ’Sono troppo infelice’. Agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli.”

Furono questi davvero i sentimenti di Gesù mentre affrontava la sua passione. Per gli Apostoli fu diverso. Nella loro fede essi vacillarono. Anche allora però lo sguardo del Signore fu per Pietro appello al pentimento e promessa di perdono.

Gesù è vita vera in ogni circostanza, in quelle esaltante, come la trasfigurazione sul monte Tabor, e anche nella prove difficili. Sul Tabor gli Apostoli vissero un momento di grazia, ma non poterono cogliere tutto il valore. Nell’orto degli ulivi gli Apostoli si accorsero con amarezza che senza Gesù si trovavano più che perduti. Ancora non sapevano che tutto quello che faceva Gesù era un segno del suo amore per loro e per tutta l’umanità.

Avevano bisogno di una nuova illuminazione. L’avrebbero ricevuta la sera di Pasqua, quando Gesù sarebbe apparso vivo con i segni della passione a testimonianza per loro.

La luce che viene da Gesù trasfigurato è per noi una illuminazione per l’intelligenza che ci fa capire tante cose e uno stimolo per la volontà a non mettere da una parte il Signore e a non dimenticarci di Lui che per noi è morto e per noi è risorto.

 

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