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TESTO Commento su Giovanni 2,13-25

Suor Giuseppina Pisano o.p.

III Domenica di Quaresima (Anno B) (15/03/2009)

Vangelo: Gv 2,13-25 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 17I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.

18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

«Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere»; sono le parole sconvolgenti di Gesù, il primo, velato, annuncio di resurrezione, che egli fa agli inizi del suo ministero.

Il Maestro sale a Gerusalemme coi suoi, per celebrare la Pasqua, quella giudaica, precisa l'Evangelista, ci sarà infatti una Pasqua nuova, quella dei fedeli di Cristo che, per il mistero della sua morte e resurrezione, passeranno da una condizione di vita contaminata dal peccato, ad un'altra, rinnovata nella grazia, che dà la vera vita in Cristo.

Giovanni parla, nel suo Vangelo, di tre celebrazioni della Pasqua, alle quali Gesù prende parte, nei tre anni del suo ministero; e la prima è questa, che vede Gesù salire a Gerusalemme, e sdegnarsi, alla vista del tempio trasformato in luogo di mercato; la seconda, collocata quasi alla metà della narrazione, anticipa, nella prodigiosa moltiplicazione dei pani (6,1-13), il dono grande dell'eucarestia, che il Maestro farà nell'ultima Pasqua, consumata coi suoi, alla vigilia della sua morte, dopo esser salito, ancora una volta, a Gerusalemme, accolto dall'esultanza delle folle (11,55 ss).

Gesù sale dunque a Gerusalemme, come ogni buon israelita, sale al tempio: il cuore sacro della città, il segno della presenza di Dio, il luogo di culto per eccellenza, il segno visibile dei valori più alti; in esso, infatti, erano custodite le tavole della legge, quelle parole, scritte da Dio e consegnate a Mosè, perché il popolo le custodisse e le mettesse in pratica ogni giorno della vita.

Ora, quel tempio, dimora di Dio, era diventato luogo di commercio e di traffico di denaro, per la presenza di gente: "che vendeva buoi, pecore e colombe, e di cambiavalute...", come precisa il testo. La sacralità del luogo, dunque, passava in secondo piano, e l'affluenza dei pellegrini era un'ottima occasione per quegli affari, che niente avevano a che fare col culto.

Gesù, a questa vista si sdegna, e compie un gesto inusuale, per lui, il Maestro mite, l'uomo compassionevole, che perdona i peccati; ma che sferza la falsità, l'ambiguità e l'ipocrisia di chi sfrutta il " sacro" per fini egoistici, economici o politici.

"Fatta allora una sferza di cordicelle, recita il testo, scacciò tutti fuori del tempio", ammonendoli con forza: «Portate via queste cose, e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato».

Se il gesto di Gesù lasciò stupiti i presenti, quelle parole con le quali egli dichiarava il tempio dimora di Dio, suo Padre, dovettero suonare più che una forte provocazione, quasi una bestemmia, agli orecchi dei Giudei; infatti, con quel gesto, a difesa del luogo sacro, egli si dichiarava figlio dell'Altissimo, che in esso dimorava:"la dimora del Padre mio!"

Ed ecco la domanda dei Giudei, una domanda che gli contestava l'autorità di quel gesto, mai compiuto prima da alcuno: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?», una domanda alla quale Gesù dà una risposta, che i presenti riuscirono a comprendere nel

suo vero significato, e che verrà utilizzata, poi, come accusa contro di lui, al momento del processo: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».

Il tempio, di cui Cristo parlava, non era, ovviamente, il tempio in muratura, ma il suo corpo, che sarebbe stato distrutto dalla violenza e dalla malvagità umana; quel corpo che avrebbe conosciuto la morte, ma che, dopo tre giorni, sarebbe risorto, per la potenza di Dio.

Non una sfida, quelle sue parole, ma il desiderio del Figlio, che reclamava un culto puro, senza compromessi con interessi di mercato; un culto, che pur avendo come riferimento visibile il Tempio, si riferiva, però, ad un tempio vivo, ben più prezioso e sacro: tempio del corpo dell'uomo, la creatura fatta ad immagine di Dio; quel corpo che lui, Verbo eterno del Padre, aveva assunto, per riscattare, con la sua morte, tutta l'umanità.

Scriveva Dietrich Bonhoeffer, pochi mesi prima della sua tragica fine: “Dio è impotente e debole nel mondo e, soltanto così, rimane con noi, e ci aiuta. Cristo non ci aiuta in virtù della sua onnipotenza, che ci sovrasta, ma ci aiuta in virtù della sua sofferenza, quindi, in virtù della fraternità e solidarietà fondata sul fatto di essere sceso fino al nostro livello umano ...”.

Ed è con la sua morte e resurrezione, con quel "tempio distrutto e, in tre giorni, resuscitato", che il Figlio di Dio, Gesù, ricostruisce l'immagine dell'uomo, distrutta dal peccato, facendolo rinascere ad una vita nuova, nella grazia della partecipazione alla Sua vita divina.

Non che all'uomo mancasse una guida sicura, per vivere l'alleanza con Dio; egli, infatti, aveva i " Comandamenti"; dei quali Lutero scrisse: "Non c'è specchio migliore, in cui tu possa vedere quello, di cui hai bisogno, e nei quali tu trovi ciò che ti manca, e ciò che devi fare..."

I comandamenti: uno specchio in cui guardarci ancora, per migliorare la nostra immagine, segno della nostra origine divina; uno specchio, che la Chiesa oggi ci riconsegna e ci ricorda, con la loro proclamazione, nella prima lettura della liturgia della Parola.

Ma l'uomo aveva bisogno d'altro, ed ecco che, nella pienezza dei tempi, lo stesso Figlio di Dio, assumendo la natura umana, in Gesù, si offrì all'umanità intera, non solo come specchio, ma come via sicura per la salvezza.

E' Cristo, dunque, lo specchio in cui ritrovare, e ricostruire la nostra immagine di figli, perché è Lui, il Risorto, il vero tempio di Dio, il segno grande della sua Presenza tra gli uomini, e nella loro Storia. Ce lo ripete, oggi, con chiarezza e forza, Paolo, nella seconda lettura di questa domenica, che così recita: “... Fratelli, mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è: più sapiente degli uomini, e ciò che debolezza di Dio è più forte degli uomini" (1Cor 1,22-25 ).

E’ la verità che professiamo e proclamiamo tutti noi, battezzati nel nome di Cristo, noi che, in Lui siamo divenuti pietre vive del nuovo, indistruttibile, tempio di Dio che è l'umanità redenta.

"...non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato..."; è il grido di Gesù che, ancor oggi, risuona, quasi a dire:" Non distruggete il tempio di Dio.." che è l'uomo, nella sua interezza di spirito e corpo; quella corporeità, ancor più sacra, da quando il Figlio di Dio si è incarnato in essa; un grido, questo di Gesù, che deve inquietarci, in un tempo in cui il corpo, non solo è oggetto di brutale violenza, ma è, spesso mercificato, e, stupidamente idolatrato; il corpo umano non è un oggetto, né un idolo; ma è luogo di Dio, perché in esso abita lo Spirito: "Non sapete, ci ricorda Paolo, che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi, e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti, siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate, dunque, Dio nel vostro corpo!" (1Cor 6,19-20).

Così, a metà del cammino quaresimale, quando, già si intravede la luce del mattino di Pasqua, la Chiesa ci ricorda che, inoltrarsi nel mistero di Cristo, significa, anche, vivere la sacralità della propria e dell'altrui persona, tempio di Dio, rinato nello Spirito, e destinato, con Cristo, alla resurrezione, per la vita eterna.

sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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