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TESTO Paolo testimone del Vangelo

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VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (22/02/2009)

Vangelo: Mc 2,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 2,1-12

1Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.

3Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. 4Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. 5Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».

6Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: 7«Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». 8E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? 9Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? 10Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, 11dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». 12Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Per l’ultima volta prima dell’inizio della Quaresima in quest’anno paolino consideriamo san Paolo nella sua persona. Ci soffermeremo sul suo messaggio ancora nelle prossime settimane.

Dopo la conversione sulla via di Damasco, Paolo mise la sua vita al servizio del Vangelo, volle essere un imitatore di Gesù Cristo, ne diventò predicatore e noi godiamo ancora oggi della sua abbondante testimonianza.

Alle varie comunità cristiane che andava visitando, sparse in tutta l’Asia Minore e lungo le coste della Grecia, san Paolo non annunciò il Vangelo da solo. In ogni viaggio apostolico egli prese con sé degli aiutanti. Un paio sono nominati nella seconda lettura di oggi, e cioè Silvano e Timòteo.

Ebbene, dice san Paolo, scrivendo ai cristiani di Corinto, sia lui che i suoi collaboratori al momento di prendere congedo hanno parlato con sincerità e senza inganno. “Fratelli, Dio è testimone che la nostra parola verso di voi non è «sì» e «no».”

Che cosa era successo? Si era verificato un cambiamento di programma riguardo ad una visita ai Corinti che san Paolo aveva promesso di fare e che poi rimandò.

Come veniamo a sapere subito dopo san Paolo modificò il suo progetto di viaggio e rinunciò alla tappa annunciata di Corinto non per leggerezza e neanche per doppiezza d’animo.

Solamente non ritenne opportuno presentarsi con viso di rimprovero. Infatti qualcuno all’interno della comunità di Corinto aveva criticato la sua autorità di Apostolo. Ciò era stato motivo di grande tristezza non solo per Paolo, ma anche per la maggior parte dei credenti. Essi avevano subito isolato il contestatore sicché per quel tale l’umiliazione sofferta già bastava. Paolo esorta i cristiani a lui affezionati che usino benevolenza e confortino questa persona, in modo che quel fratello non sia sopraffatto dallo scoraggiamento e così prevalga la carità.

Partendo da questo episodio san Paolo prende l’occasione per ritornare al tema centrale della sua predicazione, ossia la persona di Gesù Cristo. Tutto quello che san Paolo aveva fatto fino a quel momento era ispirato dal comportamento di Gesù e “il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì». Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono «sì».”

È un messaggio positivo quello che san Paolo porta. Tutte le aspettative migliori dell’uomo e tutte le promesse di Dio all’umanità fatte nel passato si sono realizzate in Gesù nostro salvatore.

La risposta dell’uomo a questa buona notizia di salvezza non può che essere che l’Amen, il sì della fede, l’approvazione convinta e l’adesione del cuore.

La fede è ciò che Dio più apprezza nell’uomo. Attraverso la fede infatti l’uomo per così dire dà il permesso a Dio di manifestarsi come il suo salvatore.

Senza la fede Dio è non autorizzato a entrare in colloquio con noi e neanche a liberarci dal nostro male.

«Figlio, ti sono perdonati i peccati» dice Gesù al paralitico e può parlare così perché ha visto la fede dei suoi accompagnatori che si erano fatti largo attraverso la folla fino a Lui. Pur di raggiungere il Maestro essi non avevano esitato a scoperchiare il tetto della casa in cui si trovava.

È una scena abbastanza strana per noi a sentirla raccontare, che trova la sua spiegazione nella tecnica costruttiva dell’epoca. Le casette dei nostri presepi messe per completare il paesaggio rendono bene l’idea di come dovevano presentarsi le abitazioni comuni in Israele al tempo di Gesù. Erano costruzioni basse, alte poco più di una persona in piedi, che terminavano in una terrazza piana, chiusa da lastre di pietra sovrapposte.

Pietre e eventuali frasche di copertura si potevano spostare in poco tempo. Quella compiuta dai quattro portantini e dai loro aiutanti fu comunque una manovra eccezionale, motivata dalle condizioni del malato, dall’afflusso della folla che ostruiva l’ingresso, e soprattutto dalla straordinaria presenza in quella casa di Gesù.

In risposta a tanta fede anche Gesù parla in maniera straordinaria, dichiarando il perdono dei peccati. Solo Dio poteva fare questo, e Gesù in quanto Figlio di Dio intende dimostrare chi Lui è, qual è il suo potere e come intende usarlo. Egli vuole mettere in piedi la persona del paralitico in tutto il suo essere, anima e corpo.

L’uomo rovesciato è quello che mette al di sopra le esigenze materiali del corpo e abbassa al loro livello le sue doti spirituali, non facendone nessun conto se non quello funzionale e utilitaristico.

L’uomo materiale non sa nulla delle cose di cui parla san Paolo in conclusione della seconda lettura, e cioè né dell’unzione, né del sigillo e né della caparra dello Spirito. Sono realtà spirituali e per farsene un’idea bisogna guardare alla qualità spirituale dell’uomo.

Ma è proprio a questo livello che si decide della dignità della persona e del suo destino. Uno può essere storpio o avere un altro difetto fisico, ma se è perdonato da Dio e in pace con Lui, la sua condizione è infinitamente migliore di chi è sano nel corpo, ma malato nell’anima.

La vera promozione dell’uomo sta nel renderlo migliore spiritualmente. Gesù dona la salute del corpo e il benessere materiale come segno della guarigione e della salute spirituale. San Paolo si è impegnato a rendere migliori le sue comunità richiamando alla grazia di Dio, annunciando la persona di Gesù e dando spazio alla forza dello Spirito santo.

È quello a cui la Chiesa propone anche noi di pensare fra poco nel tempo di Quaresima, che inizia questo mercoledì.

 

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