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TESTO Aprire la vita

don Maurizio Prandi

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (22/02/2009)

Vangelo: Mc 2,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.

3Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. 4Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. 5Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».

6Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: 7«Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». 8E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? 9Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? 10Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, 11dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». 12Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Con il brano di Vangelo che abbiamo appena ascoltato si apre una sezione molto importante del vangelo di Marco: quella delle controversie con il mondo giudaico. Non possiamo certamente fare un percorso unitario in quanto mercoledì comincia il tempo di Quaresima e riprenderemo l’ascolto continuo del vangelo di Marco soltanto dopo il tempo di Pasqua. Qualcosa però, possiamo provare ad anticipare, anche perché quello che è il cuore di queste controversie può essere un aiuto per impostare il cammino quaresimale e pasquale.

I cinque conflitti che Gesù apre non sono messi lì a caso da parte dell’evangelistA. Si assiste infatti ad un crescendo di opposizione: dapprima scribi e farisei mormorano in cuor loro, poi si rivolgono anche al gruppo dei discepoli e allo stesso Gesù, infine decidono di uccidere Gesù. La cosa davvero importante per noi è questa: ogni conflitto contiene una rivelazione di Gesù; perdona i peccati, accoglie e guarisce i malati, è lo sposo messianico, è il padrone del sabato. A tutte le mormorazioni, obiezioni e domande degli avversari Gesù risponde sempre parlando di sé, come se tutto si riducesse ad un unico interrogativo: Chi sei? Dietro a episodi diversi, dietro a domande e interrogativi diversi c’è in gioco una posta molto importante: l’identità di Gesù. Non è una novità, spesso ci siamo raccomandati l’importanza della centralità dell’identità di Gesù nella nostra vita interiore, ma oggi è Lui stesso a sottolinearla e non possiamo non cogliere questa occasione. Chi è Gesù allora?

Ecco che ad un primo ascolto, forse troppo superficiale del brano di vangelo che oggi la chiesa ci consegna, Gesù potrebbe apparire come colui che guarisce: un taumaturgo che compie miracoli prodigiosi. E’ un aspetto della persona di Gesù questo che non si può negare, ma non è certamente tutto! Se la cura di Gesù per l’uomo si rivelasse soltanto nella guarigione fisica, questo sarebbe ben poca cosa. Il vangelo oggi ci dice che per Gesù una salute fisica ritrovata, se non fosse accompagnata da una guarigione interiore, non sarebbe un vero miracolo. Nel caso specifico, per questo paralitico risolvere una paralisi esteriore a cosa servirebbe se a rimanere paralizzata restasse l’interiorità? Proprio per questo davvero belle sono le parole che Gesù dice all’uomo: Prendi la tua barella e torna a casa tua. Qui credo che ci sia un duplice invito da parte sua: essendo la casa il simbolo della vita mi pare si possa parafrasare così torna a casa tua, riappropriati della tua vita, vivi, ma sappi che riprendere in mano la propria vita vuol dire portare sempre con sé quella barella che è il segno del proprio limite, della propria finitezza, del non essere capaci di farcela da soli, perché quel giorno sono stati in quattro a portare quella barella e a portare te. Prendi la tua barella, perché nel ricordarti del tuo limite rimarrà per sempre impressa in te la memoria dell’incontro con Colui che ti ha guarito e il luogo del dolore diventerà memoria della salvezza e della misericordia che vengono da Dio.

Torna allora quella bella immagine di chiesa della quale vi parlavo due domeniche fa: la fede che non è solo parole (Signore, Signore...), la fede che non è solo frequentazione del luogo sacro: la fede di una comunità sa farsi carico delle sofferenze del fratello, con la preghiera e con gesti concreti, creativi, impensabili, come aprire il varco in un tetto.

All’identità di Gesù non possiamo non legare anche il volto di Dio che lui ci rivela. Si apre qui allora un altro tema che la liturgia introduce, quello della novità che Gesù porta e che non viene compresa da scribi e farisei. Il tema della novità viene introdotto dalla preghiera Colletta e dalla lettura tratta dal libro del profeta Isaia, il quale raccomanda qualcosa di molto audace al popolo d’Israele: Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Raccomandare questo ad un popolo che fa dello ziqqaron (memoriale) il cuore della propria fede può suonare quanto meno strano. E’ una raccomandazione che però sento non chiede (e nemmeno vuole) cancellare il memoriale, ma è mossa dal desiderio di aprire la vita di un popolo per non chiuderlo nella nostalgia. Il contesto generale nel quale Isaia si muove è quello dell’esilio ed è chiaro che gli israeliti stanno male in esilio, ripensano con nostalgia al passato, a quanto erano fortunati un tempo, a quando sono usciti dall’Egitto e il Signore ha aperto davanti a loro una strada addirittura in mezzo al mare, quando a fatto passare a loro il deserto con tutti i pericoli che c’erano. Quello era il tempo della gioia, era il tempo della salvezza. Adesso c’è solo paura, angoscia e oscurità nel futuro. Ma, sembra dire il profeta, la memoria del passato conserva il suo valore proprio quando apre alla speranza, a strade nuove che si aprono nei nostri deserti, ad acque che irrigano le nostre aridità.

Qui credo si inserisca la novità di Gesù con il volto di Dio che è venuto a rivelare; una certa visione di Dio aveva condotto ad identificare peccato e sofferenza, ma Gesù non ci sta: il Dio che punisce non può essere accettato e creduto. Gesù stesso, rivelando il suo amore per tutti coloro che sono afflitti da varie malattie, non solo rifiuta questa visione della sofferenza, ma manifesta un Dio misericordioso e compassionevole (Comunità della SS Trinità in Dumenza). Un Dio al quale volentieri affidiamo la nostra vita (che sempre ha bisogno di essere toccata) e quella dei nostri fratelli e sorelle che chiedono un conforto, una vicinanza, una presenza e alla nostra fede si affidano, per essere portati, condotti da fragili, semplici ma generose mani.

 

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